Non profit

Impresa sociale: quali sfide

Seconda giornata di lavori al Workshop "Impresa sociale anno zero" organizzato da Issan e Iris Network. Obiettivo: far luce sulle prospettive di sviluppo dell'impresa sociale in Italia

di Gianfranco Pooli

Riva del Garda (TN), 22 settembre Seconda giornata di lavori al Workshop Impresa sociale anno zero promosso da ISSAN, Istituto studi sviluppo aziende nonprofit dell?Università di Trento e da Iris Network, l?associazione italiana degli istituti di ricerca sull?impresa sociale in Italia. Obiettivo del tavolo di lavoro è fare luce sulle prospettive di sviluppo dell?impresa sociale in Italia, anche in relazione alle possibili politiche governative a supporto dello sviluppo del settore. Dopo che il dibattito della mattinata si era focalizzato sulle problematiche fiscali dell?impresa sociale grazie agli interventi tra gli altri di Salvo Pettinato (Università di Bologna) e del Sottosegretario del Ministero della Solidarietà Sociale Cristina de Luca, nel pomeriggio sono intervenuti Luca Fazzi (Università di Trento), Umberto Dal Maso Presidente di Focsiv, Johnny Dotti (Presidente Cgm), Paolo Beni (Presidente nazionale Arci), Costanza Fanelli (Presidente Legacoopsociali), Lorenzo Pilon (Com. Enti e Beni Ecclesiastici) e Vilma Mazzocco (Presidente Federsolidarietà-Confcooperative); coordina Riccardo Bonacina, Direttore Società editoriale Vita. Argomento di discussione sono le sfide strategiche relazionate ai cambiamenti in atto nelle realtà del Terzo settore in seguito al dd 155 sull?Impresa sociale.

  • Una questione politica e culturale: che tipo di Welfare adottare per rendere questa legge utile al Terzo settore?
  • Quali possibilità operative nei diversi settori di intervento? Osserva in proposito Fazzi ?Bisogna che a livello regionale, a livello di leggi, venga dato spazio alle iniziative di Impresa sociale; se questo non avviene, in alcuni settori sarà molto difficile che la Impresa Sociale possa entrare. E l?esempio più evidente è il settore della Salute?.
  • Quali politiche di valorizzazione per l?impresa sociale?
  • Come riconoscere e valorizzare le specialità e le storie dei diversi enti che possono diventare IS? ?Ogni forma organizzativa? continua Fazzi ?porta con sé un patrimonio di esperienze, di saperi, tradizioni e culture. Come fare a riconoscere diversità pur uniformandole in un unico contenitore??
Questioni che ruotano tutte attorno alla domanda: quale ruolo per le organizzazioni del Terzo settore nell?accompagnamento dell?applicazione del dd 155? ?Parlare di questa legge?, spiega Bonacina ?significa interrogarsi sul ruolo che il Terzo settore vuole giocare per una modernizzazione del Welfare; da questo punto di vista il dd 155 lascia molti problemi aperti: come si persegue l? interesse generale? Il decreto individua risorse e strategie per sviluppare questo soggetto che chiamiamo Impresa sociale? Ancora, con quali strategie lo stesso Terzo settore gioca questa partita per ampliare il campo d?azione? Il testo del decreto 155, e anche quello della 118, non aiuta a superare quella che è una lacuna culturale presente sia nella cultura politica, sia in quella del Terzo settore. Questo testo che tende a separare l?attività economica dalle attività più valoriali. Per esempio l?associazionismo, che è una pratica di democrazia e cittadinanza attiva, viene marginalizzato da questo testo rispetto alla produzione di beni e servizi, a causa del quel vincolo dato dalla continuità e prevalenza delle attività economiche?. Proprio a questo proposito osserva Beni: ?La complessità del Terzo settore, ovvero le zone di sovrapposizione che non sono zone grigie di ambiguità, ma sono zone fertili di ulteriore ricchezza, vanno valorizzate?. E rilancia, richiamando l?argomentazione di Pettinato nella mattinata: ?Andiamo verso la necessità di un riordino complessivo della materia un abbozzo di testo unico del Terzo settore , perché così com?è la legge non valorizza la complessità e penalizza soprattutto le realtà complesse come le grandi reti dell?associazionismo?. Non solo nel mondo dell?associazionismo: Dal Maso, Presidente di Focsiv, nel suo intervento sottolinea l?esistenza di una parte importante delle ong che guarda con interesse alla dimensione di impresa sociale perché si tratta di strutture che oggi come oggi hanno una dimensione imprenditoriale e organizzativa rilevante; ?Occorre capire che i nostri territori si stanno internazionalizzando; ci sono molte espressioni di cooperazione internazionale di comunità che richiamano le sollecitazioni per una impresa sociale di comunità che sia in grado di rilevare dei bisogni e impegnarsi per uno sviluppo socio-economico dei territori nazionali. Le ong fanno la stessa cosa all?estero: promotori di sviluppo socio-economico incentrate sulla capacità di interagire con i territori locali. La corresponsabilità di un progetto di sviluppo non meramente economico ma socio-economico è una peculiarità della buona progettazione internazionale?. Ed è favorevole per ?Un?azione concertata e corresponsabile nei confronti del governo, né più né meno della richiesta che viene fatta alle cooperative sociali di essere coprogrammatori responsabili con le istituzioni sul territorio? Un Terzo settore che ha il coraggio di voler contaminare il mondo economico facendo programmi di mediazione economico-culturale in accompagnamento alle imprese, assolve a uno dei fondamenti dell?impresa sociale che forse questo decreto non riceve e con cui, nell?ottica del domani, si troverà fare i conti. Purtroppo, osserva Johnny Dotti nella visione di welfare come fatto concreto il bene pubblico è considerato ancora come amministrazione pubblica, secondo una logica municipalizzata. Forse bisogna prevedere una legge in cui sia possibile un percorso che sappia coinvolgere altri soggetti insieme al Terzo settore L?esistenza di questa legge d?altra parte, ribatte Costanza Fanelli, deve per forza portare ad una rivisitazione sull?adeguatezza complessiva del Terzo settore. Il fatto che la legge sia presente non deve passare nell?indifferenza; ci sono però degli elementi, in primis l?autonomia statutaria, intorno cui lavorare ancora per fare dei passi in avanti. ?Sarebbe un errore? prosegue la Presidente di Legacoopsociali ?ragionare sull?impresa sociale come una semplice conseguenza a ciò che già è stato fatto; bisogna sentirne l?elemento di innovazione, di sfida: solo in questo modo si rilancia l?input ad un discorso strategico sul welfare. Per fare questo occorre che si definisca un disegno di Terzo settore ben chiaro da proporre.? Dello stesso avviso Lorenzo Pilon nell?osservare che quella sull?impresa sociale sia una legge positiva, indice di un cambiamento e parte di un processo in atto. E laddova ?il legislatore abbia interpretato male o in parte le prassi operative, c?è la responsabilità da parte degli operatori del Terzo settore di portare precisazioni e sottolineature?. ?La legge sull?IS porta un capovolgimento del modo di essere: fino ad oggi ciascun soggetto era legittimato a conoscere solo se stesso, concentrandosi su politiche che fossero mirate al suo modo di essere. La legge sull?impresa sociale definisce una nuova necessità di uscire dalla propria peculiarità per cogliere in maniere sempre più efficiente le evoluzioni che la società sviluppa e per le quali richiede nuove risposte, affinché queste siano efficienti e, nel caso specifico, imprenditorialmente organizzate?. Conclude la giornata la Presidente di Federsolidarietà-Confcooperative Vilma Mazzocco e riporta alle sfide che competono al Terzo settore, ma non solo: ?Molti ministri sono attenti a fare in modo che il fenomeno dell?imprenditoria sociale in Italia cresca, avanzi e sia sufficientemente regolamentato?. Ci sarà la necessità di lavorare strettamente tra mondo universitario, mondo degli addetti ai lavori e mondo della rappresentanza per produrre normative coerenti. ?L?impresa sociale è uno strumento nuovo che deve favorire forme nuove di mutualismo tra soggetti diversi; non è più tra soggetti simili che si creeranno le alleanze sul futuro dell?impresa sociale?. Con uno sguardo all?Europa: ?Italia e Europa stanno definendo istituzioni politiche, pubbliche, civili nuove; l?euro e la costituzione europea sono solo due esempi. Come si creerà la dorsale strategica delle azioni sociali e di sviluppo economico in Europa se non responsabilizzando tutti a pensarsi all?interno di un disegno più grande, che però parte dal piccolo. Il lavoro deve essere su questi due livelli, micro e macro, perché sono interdipendenti?. Con la rassicurazione espressa in mattinata da parte del Sottosegretario del Ministero della Solidarietà Sociale Cristina De Luca ?Stiamo cercando di lavorare in una circolarità di informazione e compenetrazione perché solo lavorando insieme si ottengono risposte correlate alla realtà di oggi.? ?Il dd sull?impresa sociale?, ammette la De Luca, ?colma un vuoto, che per ora è colmato in maniera imperfetta?. E conclude, in affinità con le conclusioni della Mazzocco: ?Impegni precisi sono definire la figura dell?imprenditore sociale, i criteri di meritevolezza delle impresa sociale, definirne i settori di intervento e confrontarsi con l?Europa. Lavorare per l?ipotesi di costruire di un testo unico di legge per inquadrare il non profit senza incongruenze?. Per saperne di più:
  • Confronta lo speciale Social Job dedicato all?impresa sociale su Vita 50/2005

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