Mondo
Zuppi: «Se non si sceglie la pace, vince la guerra»
Lunedì 26 uscirà il libro di Sandro Calvani, Antonio Spadaro e Marco Tarquinio “Combattere la guerra” con la prefazione di Matteo Zuppi e un contributo di Mario Delpini. Una riflessione appassionata. Vi proponiamo un brano della prefazione
di Matteo Zuppi
Lunedì 26 uscirà il libro di Sandro Calvani, Antonio Spadaro e Marco Tarquinio “Combattere la guerra” con la prefazione di Matteo Zuppi e un contributo di Mario Delpini. Una riflessione appassionata partendo dalla drammatica attualità delle 169 guerre in corso nel mondo, con una domanda provocatoria sullo sfondo: «Beati i costruttori di guerra?» Come afferma l’arcivescovo Mario Delpini, credere nella pace oggi sembra un azzardo, mentre la direzione verso un conflitto sempre più mondiale pare ineluttabile.
Tra conflitti dimenticati e strategie di politica estera viene fatta luce sulla complessità dell’intreccio che unisce indissolubilmente guerra e pace nell’orizzonte internazionale. Emerge, nelle parole degli autori, l’esigenza di combattere il pensiero diffuso che la guerra sia inevitabile.
Il libro contiene l'appello per la pace lanciato dall'arcivescovo Delpini che ha raccolto oltre 50 mila adesioni di cittadini ambrosiani.
Pagine 96, Prezzo € 12,00, edizione In Dialogo
In anteprima qui, per gentile concessione dell'editore vi porponiamo qualche passaggio della prefazione dell'arcivescovo metropolita di Bologna, Monsignor Matteo Zuppi (in cover)
La generazione che era nata dalle ceneri (milioni di morti, milioni; persone, non numeri) della Seconda guerra mondiale si interrogava sul come fosse stato possibile e su quando l’uomo finalmente avrebbe potuto vivere senza uccidere suo fratello e quindi perdersi. È una domanda attuale, lacerante, che scaturisce da lezioni terribili di dolore.
Dimenticare la sofferenza vuol dire condannarsi a riviverla. Dobbiamo trasformarla in saggezza, cioè in sistemi neutrali, sovranazionali e condivisi indispensabili perché altri non siano condannati a riviverla. Il mistero inquietante del male è sempre generativo e trova nuovo spazio nel cuore dell’uomo. Il male non dorme, anzi approfitta proprio del sonno per seminare la zizzania. Il male continuamente tesse la sua trama di morte, approfittando di gocce, che poi diventano anche quelle un oceano, ma di morte! Se è vero in positivo, cioè che un piccolo gesto di amore non è mai inutile, è anche vero al contrario che mai il male è innocuo. Ce ne accorgiamo quando l’oceano invade la vita di violenza e di guerra. E poi: cambiamo solo quando non possiamo farne a meno, quando siamo costretti dalle emergenze, da situazioni nelle quali, spesso, non possiamo più fare nulla? E dopo secoli di Vangelo che predica l’amore per i nemici e impone di rimettere la spada nel fodero ammonendo che «chi di spada ferisce di spada perisce» – ammonizione sempre valida per tutti e in tutti i tempi – possiamo ancora accettare che i cristiani siano beffati così tanto da non fare nulla per risolvere i conflitti senza il ricorso alle armi?
Perché gli uomini si uccidono tra loro (le guerre sono sempre fratricide)? Nei cristiani non c’è nessuna giustificazione, perché sono costretti a riconoscere nell’altro il proprio prossimo, senza etnia, nazione, ideologia, sesso che distingua. Ecco perché è importante non smettere mai di ragionare sulla pace, non darla mai per conquistata (la pace non è mai per sempre perché il suo nemico la combatte sempre) e costruirla con la testimonianza personale che deve diventare intelligenza dell’amore.
Nell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco parla di «amore politico». Indica alcuni esempi, come non dare soltanto qualche denaro a chi chiede aiuto perché non ha niente, ma di cercargli lavoro. Ecco cosa chiede questo «amore politico» agli artigiani di pace, come tutti i cristiani sono chiamati ad essere! Non è «amore politico» anche una diplomazia che mai taglia ma sempre cuce, che non esclude mai nessuno, non considera mai niente e nessuno come definitivamente perduto nei rapporti tra nazioni, popoli e Stati? Questo è il nocciolo di fondo e questa è la radice fondamentale della pace possibile. E una diplomazia così può compiere davvero i miracoli di fermare le guerre.
Non possiamo accettare di pensare come tutti, e un cristiano non può seminare odio nel mondo digitale che è sempre «poroso» con quello reale; non può seminare odio, conservarlo, costruire muri, gridare contro qualcuno.
«Amore politico» per la pace non deve significare, ad esempio, investire sull’appartenenza comune e costruire in tanti modi, ad iniziare dagli atteggiamenti quotidiani, ponti, cioè conoscenza, incontro, condivisione che annullino i pregiudizi e risolvano i contenziosi? Il cuore dell’uomo, constata il salmista in pericolo, è un abisso: «Si ostinano a fare il male, progettano di nascondere tranelli; dicono: “Chi potrà vederli?”. Tramano delitti, attuano le trame che hanno ordito; l’intimo dell’uomo e il suo cuore: un abisso!» (Sal 64,6-7).
Ecco perché la pace inizia nel cuore, colmando l’abisso con l’amore, non accettando che sia riempito di ignoranza, di inimicizia, di quei tanti ami di divisione che continuano ad essere gettati nel cuore delle persone e che possono crescere, se non scegliamo l’amore. È vero che, per ottenere la pace, non basta fare qualcosa (spesso possiamo fare molto poco) ma sono indispensabili la conversione dei cuori e l’aiuto del Signore!
Le pagine a più voci di questo volume sono così stimolanti, ricche di immediatezza ma anche di profonda e sofferta riflessione. Ci aiutano a scegliere la pace. Se non si sceglie la pace, vince la guerra.
(…)
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