Non profit

Zanotelli: «Pronti allo sciopero della bolletta»

La provocazione del missionario comboniano: «Solo in questo modo possiamo far sentire la nostra voce»

di Luca Zanfei

Con la lettera a Beppe Grillo ha risvegliato gli animi di quella parte di società civile in lotta contro la privatizzazione dell’acqua. Ha parlato di «tradimento di tutti i partiti», soprattutto di quella sinistra che solo un anno fa aveva concesso la moratoria sugli affidamenti ai privati del Sistema idrico integrato: «Così il governo Berlusconi, con l’assenso dell’opposizione, ha decretato che l’Italia è oggi tra i Paesi per i quali l’acqua è una merce». Padre Alex Zanotelli non ha risparmiato nessuno, nemmeno i suoi ragazzi dei movimenti per la difesa dell’“acqua come bene comune”. «Ma dove è finita quella grossa spinta contro la privatizzazione dell’acqua che ha portato alla raccolta di 400 mila firme di appoggio alla legge di iniziativa popolare?», ha scritto. «Perché siamo così immobili? Perché ci è difficile fare causa comune con tutte le lotte locali?».


Padre Zanotelli cosa sta succedendo?

Stiamo mercificando tutto, anche quei beni che per la Costituzione devono essere dei diritti. Con questa legge le multinazionali metteranno le mani sul nostro sistema idrico e come al solito saranno i poveri a rimetterci. Ci sono due visioni inconciliabili: da una parte, l’idea che tutto è profitto; dall’altra, la convinzione che quella per l’acqua è una battaglia democratica.
Tutto, ma in particolar modo il fatto che si costringono i Comuni a snaturare il proprio ruolo per entrare invece in logiche di mercato e di profitto. Dobbiamo impedire questa deriva privatistica in nome della Costituzione, che vede questi beni come dei diritti inalienabili.
 C’è chi dice che allo stato in cui versano gli acquedotti e tutto il sistema idrico, è necessaria una svolta gestionale. Anche dal punto di vista dei finanziamenti… 
Non è vero che il privato garantisce più investimenti e migliore gestione. Finora sono aumentate solo le tariffe e gli operatori non hanno investito un euro in infrastrutture. Gli acquedotti continuano a perdere e intanto le grandi multinazionali stanno entrando in Sicilia, in Calabria; stanno mettendo le mani sui rifiuti a Napoli e non mi pare ci siano dei benefici per i cittadini.
Insomma, il problema ha radici profonde. Sta mettendo in discussione anche la legge Galli?
Sì, quella legge va superata. Per alcuni aspetti si tratta di una norma importante perché razionalizza il sistema, dando il controllo ai Comuni, ma ha avuto la grande colpa di aprire il sistema ai privati e alle società per azioni. Questo ha iniziato un processo insostenibile e deleterio.
Ma anche l’Acquedotto Pugliese non ha avuto molta fortuna, nonostante fosse a capitale interamente pubblico…
Lì il discorso è stato più complesso. L’amministratore Petrella voleva ritornare all’acqua pubblica fuori da ogni logica di mercato, ma gli interessi hanno preso il sopravvento e Vendola non se l’è sentita di appoggiare un simile progetto.
Ma allora, qual è la soluzione?
Il problema è politico. Si deve decidere se l’acqua è un diritto o no. Perché i soldi per migliorare il servizio ci sono, basta limitare gli investimenti in armi. Affidare tutto ai privati non è una soluzione. Adesso il nostro compito è di riprendere la azioni dal basso, per prima cosa ritornando alla commissione Ambiente per discutere la proposta di iniziativa popolare. Ma soprattutto dobbiamo insistere sul boicottaggio. E allora, la prima azione deve essere quella di rifiutarsi di pagare le bollette: solo in questo modo potremo far sentire la nostra voce.

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