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Zanotelli: ora l’Africa parla un linguaggio nuovo

Dalla tratta degli schiavi a Obama. Il continente africano durante il Sinodo ha rivendicato la propria dignità

di Redazione

Di Alex Zanotelli

Un vento di fierezza e di dignità è soffiato forte al Sinodo Africano. Un profondo senso della propria dignità e del proprio valore è emerso con chiarezza negli interventi dei padri sinodali africani. E’ questa, per me, una delle grandi novità del Sinodo. E’ un segno chiaro che l’Africa sta ripudiando quella “alienazione antropologica”.O meglio quella “povertà antropologica”, come l’aveva definita il grande teologo gesuita camerunese  E.Mveng, ucciso nel 1995, quel male profondo che porta gli africani al rifiuto di se stessi in quanto appartenenti alla razza nera.

Lo stesso concetto è stato ripreso al Sinodo Africano, dal  vescovo di Chimoio (Mozambico), F. Silota, che ha parlato, invece, di  “alienazione antropologica”: «Mi rendo conto che il crearsi di questo complesso di inferiorità ha prodotto qualcosa di estremamente grave in molti africani che chiamerei, bene o male, una” alienazione antropologica”. Poiché i fatti dimostrano che molti africani non solo negano quei valori che sono tipicamente loro, ma arrivano anche a negare se stessi. Non accettano la propria africanità».

Questi quindici anni che separano il primo Sinodo africano (1994) dal secondo hanno aiutato le chiese d’Africa ad affrontare questo grave problema tramite una riflessione teologica ed una prassi pastorale. Importante è stato in tal senso far incontrare nel 2003 il Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e del Madagascar (Secam) nell’isola di Gorèe (Senegal), il luogo simbolo della tratta degli schiavi. E’stato il teologo beninese, B. Adokounou, presente anche come esperto al Sinodo, a fare una riflessione teologica per i vescovi, dal titolo: “I pesi della storia sulla razza nera e la pastorale della chiesa d’Africa”.

«Noi ci siamo sforzati di analizzare gli effetti psicologici e sociologici di questo immenso disastro umano che è la Tratta  degli schiavi» ha scritto Adokounou in quell’occasione «che ha creato complessi di inferiorità e superiorità ed un sentimento generale di impotenza che i miti africani condensano nella subordinazione della razza nera a quella bianca. Questa funzione nella psicologia popolare porta a farsi sentire inferiori».

Un pensiero ripreso con forza al Sinodo nell’intervento scritto dell’Arcivescovo di Khartoum, il Cardinal Zubeir Wako: «La cosa più importante per noi africani è di non permettere a noi stessi di essere convinti, dominati e guidati da ciò che gli ultimi secoli della nostra storia ci hanno fatto, dalla Tratta degli schiavi all’attuale globalizzazione ultraliberale. Tuttavia dietro a quest’evidente verità, c’è oggi, per ogni africano, un’esigenza radicale: il bisogno di combattere con tutte le forze contro la nostra irrilevanza, la nostra incoerenza, il rifiuto di noi stessi, per costruire una nuova società priva di dittature e di emarginazioni. Come africani ora tutti noi dobbiamo avere il coraggio di credere in noi stessi, accettarci e conquistare un posto di rispetto tra le nazioni del mondo».

E’ un linguaggio nuovo che ha percorso i lavori sinodali e che ho risentito in una splendida serata organizzata dall’Osservatorio, nelle parole dei quattro teologi africani esperti al Sinodo ,ed invitati per quell’occasione: B. Adokunou, B. Bujo, T. Okoure, L. Santedi.

Un linguaggio, il loro, che mi ricordava le parole di quel grande pensatore senegalese, Sheikh Anta Diop: «Se l’Africa non recupererà le proprie radici, non potrà mai avere un futuro».

E questo vale non solo per l’Africa Nera, ma anche per gli africani della Diaspora.

In tanti interventi dei vescovi si è tornato a parlare con fierezza dell’Africa Madre, da cui tutti discendiamo, definita Polmone spirituale per tutta l’umanità.

«L’Africa è la culla del genere umano» ha detto agli inizi del Sinodo Abuna Paulus, capo della chiesa ortodossa etiopica. «E’ innegabile che la civiltà in altre parti del mondo sia il risultato delle fatiche e delle  risorse dell’Africa».

Il messaggio finale del Sinodo lo riprende con forza: «Si dice che la culla del genere umano si trovi in Africa. Il nostro continente ha una lunga storia di grandi imperi e civiltà illustri. La storia futura del continente deve essere ancora scritta».

E’ da questo filone di pensiero che trae ispirazione l’appello dell’arcivescovo di Kinshasa

 L. Monsengwo , che partendo dall’elezione di un nero, Obama, a presidente degli USA ha detto:

«L’elezione di un nero a capo degli USA è stato un “segnale divino” e  un richiamo dello Spirito Santo a una riconciliazione di razze ed etnie per una umanità pacificata». Il vescovo ha poi affermato che l’elezione di Obama è un forte richiamo  perché cessi il «partenariato delle materie prime» e si arrivi  ad  un «partenariato delle materie grigie» nelle relazioni nord- sud.

Dalla Tratta degli schiavi ….a Obama! Se questo è avvenuto, può anche avvenire che l’Africa si alzi in piedi e diventi un interlocutore valido degli altri continenti. E’ questo il sentire dei vescovi africani al Sinodo. E’ quanto hanno espresso nel loro messaggio finale: “Africa,alzati e cammina”.

Per gentile concessione del

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