Cultura

Zanotelli e Santoro ricordano don Tonino Bello: «Non c’è pace senza giustizia»

Al Salone del Libro di Torino, un dibattito su armi, pace e pacifismo tra padre Alex Zanotelli e il giornalista Michele Santoro, legato ai 30 anni dalla morte di don Tonino Bello. Zanotelli: «Pace e giustizia sono sorelle. Rinunciare alle armi significherebbe rinunciare a qualcosa di più dei nostri mezzi di terrore globale, significherebbe rinunciare al nostro posto privilegiato nel mondo. Per questo è così difficile ma necessario»

di Fabrizio Floris

«E poi non si dica dove sono i pacifisti», aveva scritto don Tonino Bello nel lontano 10 dicembre 1992. È la stessa domanda che ritorna da mesi. Ma forse ci potremmo chiedere dove sono i governi, dove sono i generali, dove sono le chiese, dove sono in cittadini? Perché ogni guerra è contrassegnata da assenze che scoloriscono tutte di fronte ad una sola presenza: quella delle armi. È sempre don Tonino che ricordava con tristezza, nel 1987, «abbiamo visto tornare uno ad uno gli argomenti intrisi di militarismo». Della figura di don Tonino Bello, in occasione dei 30 anni dalla sua morte, e di questi temi hanno parlato in un intenso dibattito il giornalista Michele Santoro e il missionario Alex Zanotelli. L'evento, dal titolo "La pace non può aspettare. Tonino Bello, la non-violenza vuol dire coraggio" si è svolto all'interno del Salone del Libro di Torino.

Secondo Santoro oggi «il popolo della pace è ancora più invisibile che in passato. “Sentinella”, diceva don Tonino riprendendo il bellissimo passo di Isaia, “quanto resta della notte?”. Ma oggi siamo immersi in una notte in cui è difficile vedere la luce. Ho conosciuto don Tonino alla vigilia della prima guerra del Golfo e gli argomenti che venivano portati allora erano sempre gli stessi di oggi: cosa proponete voi pacifisti?». Una domanda però che arrivava quando le armi erano in pugno e quando le case bruciavano, che sembrava una provocazione come un bullo che ti lega le mani o poi ti dice adesso cosa vuoi fare? E poi c’era una narrazione mascherata «la guerra sembrava fatta di fuochi pirotecnici, i morti non si vedevano eppure morivano a migliaia […]. C’era la concezione della guerra preventiva, un’assurdità. Il risultato è quello che vediamo oggi, l’Iraq è in mano alle milizie iraniane», ragiona Santoro.

Ho conosciuto don Tonino alla vigilia della prima guerra del Golfo e gli argomenti che venivano portati allora erano sempre gli stessi di oggi: cosa proponete voi pacifisti?». Una domanda però che arrivava quando le armi erano in pugno e quando le case bruciavano, che sembrava una provocazione come un bullo che ti lega le mani o poi ti dice adesso cosa vuoi fare?

Michele Santoro, giornalista


Alex Zanotelli ricorda con commozione don Tonino, spiegando che «per me don Tonino è un compagno di viaggio e di impegno, sul versante della pace come dell’ambiente. Con lui sono cresciuto quando ho lavorato per un paio d’anni a Lecce. Quando ero a Nigrizia un giorno mi è arrivato un bigliettino con scritto “Sono diventato vescovo di Molfetta, vorrei ricordarti che tu venivi con i tuoi giovani a rubarmi i miei mandarini”».

Per quanto riguarda la guerra, prosegue padre Alex, dobbiamo considerare che essa «non è una tentazione, ma è qualcosa di essenziale a questo sistema: o ne usciamo fuori o saremo sempre in guerra. In un sistema come quello in cui viviamo oggi, il 10% della popolazione consuma il 90% dei beni prodotti, lasciando agli altri le briciole. Ci sono 838 milioni di persone minacciate dalla fame. È assurdo che pochi vivano a scapito dei più. È per difendere questo sistema che servono le armi, per difendere lo stile di vita del 10%. Le armi servono a proteggere chi ha». Zanotelli ha citato l’arcivescovo di Seattle, Raymond Hunthausen, che già nel 1981 aveva spiegato che la propaganda e un particolare stile di vita ci hanno vestito di morte e che le armi nucleari proteggono il privilegio e lo sfruttamento. «Rinunciare alle armi significherebbe dover rinunciare al potere economico sugli altri popoli. Pace e giustizia vanno di pari passo. Le nostre politiche economiche verso gli altri paesi richiedono armi nucleari. Rinunciare alle armi significherebbe rinunciare a qualcosa di più dei nostri mezzi di terrore globale, significherebbe rinunciare al nostro posto privilegiato nel mondo». Nel 2022 sono stati spesi 2 mila 240 miliardi di dollari in armi (in Italia 32 miliardi di euro). Le armi servono a proteggere il nostro stile di vita, lo stile di vita del 10% del mondo.

La guerra oggi non è una tentazione, ma qualcosa di essenziale a questo sistema: o ne usciamo fuori o saremo sempre in guerra. In un sistema come quello in cui viviamo oggi, il 10% della popolazione consuma il 90% dei beni prodotti, lasciando agli altri le briciole. È per difendere questo sistema che servono le armi, per difendere lo stile di vita del 10%. Le armi servono a proteggere chi ha

padre Alex Zanotelli

Il problema – ed è il secondo aspetto affrontato da Zanotelli – è che questo sistema economico-finanziario ha un impatto anche sull’ecosistema. Chi usa più petrolio al mondo è l’esercito americano (e produce il 5% della CO2 globale). «Stiamo facendo guerra alla Terra, che non ci sopporta più. È inutile parlare di pace se non rimettiamo in discussione un sistema che davvero ci porta alla morte», ha detto Zanotelli.

Il terzo punto è l’informazione. Secondo Santoro «per la prima volta, nei telegiornali non abbiamo un punto di vista critico su quello che sta accadendo in Ucraina. Noi vediamo il mondo solo così come i mezzi di comunicazione ce lo fanno vedere. Gli anni di guerra, ad esempio in Afghanistan, non vengono analizzati. Perché lo strapotere militare economico e finanziario non ha vinto? Don Tonino diceva che la pace e la giustizia sono come due sorelle che si tengono per mano. La guerra nasce dalla mancanza di giustizia. Perché Putin ha invaso l’Ucraina? La guerra nasce dalla debolezza di Putin, non dalla sua forza. Il nazionalismo di Putin nasconde le difficoltà della sua economia […]. Possiamo diventare visibili e potenti, obiettare, costruire la pace e costruire un modello economico e sociale che espelle la guerra dal suo orizzonte».

Zanotelli ricorda che don Tonino diceva che «dopo il lampo di Hiroshima non è più possibile difendersi con la guerra. È finita l’epoca della guerra giusta, ogni guerra è diventata iniqua e tutto può partorire fuorché pace e giustizia. Papa Francesco ha detto la stessa cosa. Abbiamo dato un tale potere alla guerra, con le armi chimiche batteriologiche, che oggi non ci può essere una guerra giusta. Eppure quello che papa Francesco sta dicendo non passa nemmeno all’interno comunità cristiane. Anche con Gesù il popolo si aspettava che il Messia facesse la sua lotta armata contro Roma. E lui invece entrò a Gerusalemme su un asino».

Tolstoj nel suo Il regno di Dio è in voi ci ricorda che «la storia dell'umanità è piena di prove che la violenza fisica non contribuisce al rialzamento morale e che le cattive inclinazioni dell'uomo non possono essere corrette che dall'amore; che il male non può sparire che per mezzo del bene; che non si deve fare assegnamento sulla forza del proprio braccio per difendersi dal male; che la vera forza dell'uomo è nella bontà, la pazienza e la carità; che solo i pacifici erediteranno la terra e che coloro i quali di spada avran ferito di spada periranno». È difficile, ma come diceva don Tonino «chi spera, intende cambiare la storia, non subirla; costruire il futuro, non attenderlo soltanto».

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