Economia

Zambia, prove di vita a debito azzerato

Africa, come vincere la povertà, l’esempio di Lusaka

di Angelo Ferrari

Charlie, di buon?ora, lascia la sua casa e raggiunge il mercato di Lusaka: ci vogliono due ore, compra un chilo di farina e ritorna al villaggio. Divide il sacco in tanti sacchetti, li rivende alla gente che non può permettersi un sacco intero e guadagna la sua giornata, raccoglie il necessario per comprare un altro sacco di farina, e intanto paga il suo debito, che non conosce, all?Occidente. I ragazzi dei compound, le zone più povere di Livingstone, sconfinano in Zinbabwe e comprano i pomodori. Poi ritornano e si inventano banchetti dove venderli. E così, questi ragazzi tra i 15 e i 20 anni, spesso orfani dell?Aids e, magari, loro stessi vittime della malattia, sopravvivono e pagano il loro debito all?Occidente. Ma non lo sanno. Gli pare solo di sopravvivere.
Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino, ogni bambina in Zambia ha un debito estero che varia tra i 650 e gli 860 dollari per un totale di 6,7 miliardi. Il reddito pro capite è pari a 360 dollari. La popolazione in uno stato di povertà assoluta, che vive con meno di un dollaro al giorno, è pari all?84%. La mortalità entro il quinto anno di vita è del 20,2%. La vita media è di 40 anni. Sono questi i numeri che definiscono lo Zambia, senza contare che è uno dei paesi africani con la maggiore incidenza di sieropositività. Solo per questo, cancellare il suo debito estero, per riconvertirlo in servizi sociali, non è solo un dovere morale, ma un atto di giustizia nei confronti di 8 milioni e 600mila zambiani. Un paese distrutto dalle malattie, dalla povertà e dai suoi dittatori. Un paese messo in ginocchio dai piani di aggiustamento strutturale della Banca mondiale e del Fondo monetario, che hanno creato nuovo debito e nuovi interessi da pagare. Ma oggi sta iniziando il programma di riconversione del debito.
L?Italia in questo è all?avanguardia. Sono stati già approvati i programmi e la ?promessa? (così si chiama in termini tecnici) di cancellazione del debito è già realtà. Promessa, perché il paese deve saper dimostrare che il piano per la riduzione della povertà, funziona. Ovvero: lo Zambia deve dimostrare di essere un paese virtuoso. Ma come se gli interessi che deve pagare sul debito sono enormi? Nel 1997 ha pagato 73 milioni di dollari, nel 2000 160 milioni e nel 2001 i 450 milioni, con l?intervento del programma di riconversione del debito gli interessi, sono scesi a 169 milioni. L?Italia, che vanta un credito verso lo Zambia di 108 milioni di dollari, circa 216 miliardi di lire, ha deciso di non far più pagare gli interessi e, fra tre anni, se il Paese è riuscito a raggiungere gli obiettivi contenuti nel Piano per la riduzione della povertà, cancellare il debito definitivamente. Un programma arduo.
Nel 2000, proprio per gli interessi pagati, lo Zambia non è riuscito a garantire i servizi sociali: scuola e educazione. Nel 2001, nonostante il programma di cancellazione, deve pagare interessi per 169 milioni di dollari. Cosa farà? L?Italia, dal canto suo, ha deciso di cancellare tutto il debito, senza nessuna contropartita. E la campagna per la remissione del debito della Conferenza episcopale italiana ha individuato lo Zambia, oltre alla Guinea Conakry, come paese dove indirizzare i suoi sforzi e i fondi raccolti durante l?anno giubilare, che sono stati, complessivamente, circa 34 miliardi di lire. Di questi, 20 verranno destinati ai progetti di sviluppo in Zambia. Ma come funziona il meccanismo? La Cei sta individuando un soggetto che ha un credito nei confronti dello Zambia, inesigibile, soldi che sa di aver perso ma sui quali riceve, comunque gli interessi. Un debito per il quale lo Zambia è costretto a pagare interessi per 20 miliardi di lire. La Cei liquida gli interessi al creditore, che cancella il suo debito, e lo Zambia versa in un fondo di contropartita 20 miliardi che vanno in progetti di sviluppo. L?attenzione è stata rivolta ai contadini che, paradossalmente per l?Africa, in Zambia sono i più poveri dei poveri. La campagna è abbandonata, mancano i servizi primari, sanità ed educazione, e non vi è una cultura della coltivazione sviluppata. Per questo sono stati individuati 11 distretti, sui 72 di cui è composto il paese, considerati prioritari per condizioni socio-economiche e ,in quattro di questi, i gruppi locali hanno elaborato un programma di interventi intergrati (verrà avviato fra settembre e ottobre), che ha come obiettivo l?aumento della produttività e quindi del reddito dei contadini per portare, fra tre anni, i distretti a essere autonomi in servizi sociali, sanità ed educazione.
Sono tre dunque gli obiettivi: aumento della produzione, trasformazione, commercializzazione del prodotto. Spesso il commercio dei prodotti è monopolio di pochi, perché pochi possono permettersi mezzi adeguati per il trasporto. Il commerciante compra tutto il raccolto, il contadino vede cifre mai viste, ma spesso rimane senza prodotto per la sua sopravvivenza e quindi e costretto a ricomprare dallo stesso commerciante che, questa volta, rivende al quadruplo. I programmi integrati dei distretti prevedono la creazione di cooperative di contadini per lo stoccaggio dei prodotti e di conseguenza lo sviluppo dei mercati di villaggio.
Nel paese vi sono già esperimenti che vanno in questo senso come il Training centre per giovani contadini di Chikuni, sviluppato dal Celim, dove i ragazzi passano una settimana al mese, apprendono nuove tecniche per sviluppare la produzione che, tornati ai villaggi, mettono in pratica. Il centro dispone anche di un fondo rotativo per prestiti agli studenti, denaro con quale i giovani contadini possono acquistare gli strumenti che gli servono per il loro lavoro. Si tratta di investire nell?imprenditorialità di molti giovani che altrimenti rimarrebbero ai margini.
In Zambia, dunque, si vedono i primi segni di un circolo virtuoso che con la riconversione del debito potrà essere ancor di più sviluppato così da permettere a Charlie di non camminare due ore al giorno per un chilo di farina e ai ragazzi dei compound di produrre e vendere direttamente i loro pomodori.

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