Economia
Zamagni: «Ecco il Community-Index, strumento necessario al servizio della comunità»
Per calcolare il valore generato dai soggetti comunitari AICCON lancia un nuovo criterio di misurazione. Lo scopo, spiega l'economista, «è dotare il Terzo settore in senso ampio di un paradigma moderno e non contraddittorio che tracci il loro impatto sui beni relazionali»
di Marco Dotti
Comunità è una parola chiave. Una parola che condensa pratiche, esperienze, persone, beni, relazioni. Ma come misurare il valore e la qualità dei soggetti comunitari?
Per rispondere a questa esigenza, particolarmente sentita e forte nel mondo del Terzo settore, AICCON ha messo a punto un Community Index (C-Index).
Obiettivo, spiegano da AICCON, è «osservare e valutare la rilevanza e la qualità della relazione tra un’organizzazione e la/e sua/e comunità di riferimento attraverso un cruscotto di indicatori». Questi indicatori monitorano la «missione comunitaria delle istituzioni».
Una missione che è tale se diventa «abilitante per la generazione (e la successiva valutazione) di impatto sociale». Il C-Index è introdotto, nel documento presentato oggi nella sua seconda edizione (scaricabile da qui) da un inquadramento teorico del professor Stefano Zamagni. Proprio a Zamagni abbiamo chiesto di raccontarci novità e prospettive di questo indice.
Qual è il presupposto del Community Index?
Il presupposto è che, nel momento in cui sta prendendo sempre più piede l'idea di un modello tripolare basato su Stato-Mercato-Comunità, era ovvio che ci si ponesse il problema di dotare il terzo pilastro (la comunità) di alcuni strumenti di misurazione. Strumenti che esistono oramai da secoli per Stato e mercato.
Se non si accetta il modello tripolare è altrettanto ovvio che questo lavoro e altri che portranno arrivare saranno considerati irrilevanti, ma se si accetta quel modello un lavoro come il C-Index è a dir poco fondamentale.
Abbiamo sempre problemi con la misurazione e con la quantificazione…
Questo è un secondo presupposto concettuale del C-Index: non bisogna mai confondere la misurazione con la quantificazione. Purtoppo, questo errore è veicolato anche da studiosi insigni che non sono stati attenti alle loro parole o, per lo meno, a farsi intendere bene da tutti.
Ci spieghi…
Le misurazione sono di due tipi: qualitative e quantitative. L'equazione "misurazione=quantità" è dunque, epistemologicamente parlando, errata. Chi per primo sollevò questa questione fu, negli anni Trenta del Novecento, il grande scienziato e filosofo della scienza Emil Borel. In un suo libro fondamentale, Borel spiegava che le scienze sociali non devono seguire in tutto e per tutto il modello delle scienze naturali. A
ffermare che nei nostri ambiti, economico e relazionale, ci sono beni non "quantitativizzabili" non significa che siano al tempo stesso non misurabili. Si tratta, semplicemente, di trovare metriche adeguate ed è quello che abbiamo iniziato a fare con il C-Index.
Si tratta dunque di un processo che oggi trova un primo, importante spunto…
AICCON ha deciso di offrire questo spunto per arrivare a soddisfare questa esigenza conoscitiva: misurare la costruzione della comunità.
Perché è importante misurare la costruzione di una comunità (il famoso community building)?
L'economista indiano Rajan ha messo bene in evidenza che nella triade Stato-Mercato-Comunità il pilastro comunitario è importante quanto gli altri due. Se questo è vero, allora è chiaro dobbiamo a chi opera nella comunità un criterio per misurare chi fa meglio e chi fa peggio. Il mondo del Terzo settore in senso ampio non può più eludere questo problema.
Perché usa questa espressione, "Terzo settore in senso ampio"?
Perché intendo includervi anche le società benefit che, giuridicamente, non sono Terzo settore ma devono sottoporsi a questa misurazione. C'è un mondo variegato di soggetti d'impresa che hanno, direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, nel proprio DNA l'idea di costruire comunità.
La comunità va costruita – il community buinding di chi parlava poco fa – così come si è costruito il mercato o come, a metà del Seicento dopo la Pace di Westfalia, si è costruito lo Stato. Un mattone di questa costruzione è rappresentato da criteri di misurazione come il C-Index. Misuriamo per continuare a costruire.
C'è attinenza con lo SROI?
No, perché lo SROI è il tentativo di quantitativizzare il qualitativo. Lo SROI ha fatto credere che fosse possibile ricondurre attributi qualitativi in termini monetari e, così facendo, ha si è costruito ben poco in termini comunitari. Il C-Index non hadunque alcuna attinenza con lo SROI che è il tentativo di "quantitativizzare" il qualitativo: una contraddizione in termini.
In certe associazioni che, ad esempio, portano assistenza a malati o anziani si usa lo SROI per tradurre in termini monetari la soddisfazione che questi malati o anziani ricevono dall'incontro con qualcuno dell'associazione…
Un errore concettuale e pratico tutte le volte che si pretende di tradurre nel metro monetario attributi qualitativi come quelli associati a beni relazionali. I beni relazionali non sopportano questo tipi di misurazione.
Accanto a obiettivi a medio-lungo termini, c'è un obiettivo immediato del C-Index?
Smuovere le acque per non continuare a parlare di comunità solo in termini astratti e, al tempo stesso, non cadere dalla padella alla brace con metodi che con la comunità, i suoi beni, i suoi soggetti hanno poco a che vedere.
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