Mondo

Zamagni: “Dopo 800 anni la Magna Charta continua a parlarci”

Ricorrono oggi ottocento anni dalla concessione della "Magna Charta libertatum", un documento di straordinaria attualità per la cultura politica e sociale dell'Europa. Un documento - ci spiega il professor Stefano Zamagni - dal quale ripartire per dare unità all'Europa e libertà alla sua sempre più inquieta società civile. E per capire come la libertà religiosa è fondamento di ogni libertà

di Marco Dotti

Ottocento anni fa, il 15 giugno 1215, il sovrano Giovanni Senzaterra si trovò costretto a cedere alle pressioni dei suoi feudatari. Ne nacque la "Magna Charta libertatum", un documento di straordinaria attualità per la cultura politica, giuridica e sociale dell'Europa. Ne parliamo con il professor Stefano Zamagni.

L'Europa sta attraversando una delle sue crisi più dure, dal punto di vista politico e sociale. A suo avviso dove risiede il punto di più stretta attualità della Magna Charta?
In un punto significativo e poco ricordato del documento concesso nel 1215 da Giovanni Senzaterra: nell'incipit. La Magna Charta inizia affermando la libertà religiose e che la Chiesa d'Inghilterra è libera e non potrà essere sottoposta – come prima accadeva – al controllo del re.

Abbiamo in primo luogo accordato a Dio e confermato con la presente carta, per noi e i nostri eredi in perpetuo, che la Chiesa d'Inghilterra sia libera, abbia integri i suoi diritti e le sue libertà non lese.

Magna Charta libertatum, art. 1

Questo che cosa significa?
Significa che la libertà religiosa à l'auriga di tutte le libertà. Non possiamo continuare a pensare – come qualcuno ancora oggi ritiene – che la libertà religiosa sia un di più, un qualcosa che si aggiunge al resto. Credo sia un passaggio fondamentale da cogliere nella Magna Charta: la libertà religiosa è posta a fondamento di tutte le altre libertà, sia civili che politiche. Questo messaggio è più attuale che mai, perché dove non viene rispettata la libertà religiosa – ne abbiamo una prova nei fatti che stanno sconvolgendo il mondo – le libertà civili e politiche vengono facilmente messe in scacco.
Il dispositivo della Magna Charta ha eserciato quindi un'infulenza di lunga durata…
Indubbiamente con la Magna Charta l'Inghilterra si candidò a esercitare quel ruolo che, alcuni secoli dopo, la renderà un Paese-guida. Non dimentichiamo che, fino alle fine della Prima Guerra mondiale, l'Inghilterra col suo impero era il Paese più avanzato e più importante sul piano globale. Non si può negare che un'influenza su questo percorso origini dalla Magna Charta, con una serie di tappe che porteranno l'Inghilterra – con Thomas Hobbes e la teoria del contratto sociale – all'idea secondo la quale il potere del sovrano non viene dall'alto, ma viene dal basso. È la società civile organizzata che conferisce potere al sovrano, non viceversa. Il potere del sovrano – cosa creduta fino ad allora – non viene da Dio, ma dagli uomini. Se venisse da Dio, il sovrano e il suo potere sarebbero intoccabili e posti al di sopra di ogni cosa. Ecco perchè è importante capire la Magna Charta, perché inizia quel lungo cammino che fa della democrazia inglese un modello esemplare per tanti altri Paesi.
Lei ha fatto cenno al rapporto tra potere e società civile organizzata. Questo, oggi, sembra il nodo critico più duro da sciogliere…
Credo che la Magna Charta ci aiuti a capire le difficoltà che, proprio su questo punto, sta attraversando l'Europa. Il punto è esattamente questo: quando si parla dell'Europa e delle lacune e delle aporie che l'Unione Europea sta dimostrando – in particolare l'assenza di un'unità politica – si tende sempre a evidenziare il comportamento dell'Inghilterra. Si dice "l'Inghilterra non ci vuole stare… non entra nell'euro… fa parte dell'Unione ma crea continuamente conflitti… non perde occasione per criticare". Quando si ragiona così non si tiene conto della matrice storico-culturale inglese, in particolare della Magna Charta, perché bisogna che si dica che in Europa ci sono due correnti di pensiero prevalenti e, poi, ce n'è una terza che non è prevalente ma è a mio avviso importante.
Quali sono?
La prima è quella inglese, che ha sempre visto la società civile prevalere sulla società politica, questo spiega la diffidenza degli inglesi nei confronti del burocraticismo e dello statalismo europei. Il blocco continentale, capeggiato da Germania e Francia, sostiene la tesi opposta, ovvero che sia l'autorità dello Stato a inverare – pensiamo a Hegel – la società civile. Lo Stato fonda la società civile. Oggi che cosa troviamo al centro delle difficoltà del processo di unificazione politica – non tanto economica – europea c'è proprio questo fatto: non si vuole affrontare in maniera dialogica il problema, non si vuole decidere sul modello che vogliamo davvero per l'Europa. Siccome gli inglesi sono in minoranza, rispetto al blocco continentale, non accettano di cedere a una logica da Superstato…
All'origine di questa tensione politica c'è dunque una differenza di visioni…
Esattamente. Ci sono anche altre divergenze, ovviamente, ma il cuore della questione, che nessuno ha il coraggio di affrontare e indicare con chiarezza, è esattamente quello che ho detto e origina dalla Magna Charta. Da una parte c'è chi vuole creare un Superstato europeo. La Germania vuole questo, la cultura tedesca, austriaco-tedesca – pensiamo al positivismo giuridico di un Hans Kelsen – vuole questo: auctoritas non veritas facit legem, l'autorità – il potere – detta la legge. Nella cultura inglese questo non è possibile, perché il re, pur restando re, è sottoposto alla Rule of law. Nella Rule of Law il sovrano è sottoposto alla legge. Nella Rule by law – tipicamente continentale – il sovrano governa attraverso la legge ,ma è al di sopra della legge.
Lei ha fatto cenno all'esistenza di una terza posizione, quale?
Si tratta di una posizione minoritaria dal punto di vista della forza ma che, a mio parere, è la più interessante: è la posizione italiana, quella dell'economia civile. Si tratta di riconoscere che tra società civile e società politica ci deve essere un dialogo permanente che eviti che l'una prevalga sull'altra. Questa posizione potrebbe prevalere in Europa se avessimo una classe politica all'altezza della situazione. Ma i politici queste cose non le sanno o, se le sanno, non sono capaci di portarle avanti.
Ciò detto, lei continua a considerarla la posizione più interessante?
Sì, perché nei piccoli esperimenti, a cui io stesso ho partecipato, ho visto che la posizione intermedia dell'economia civile viene accettata. Certo, resta il fatto che come Paese non siamo una potenza, né militare né economica, ma abbiamo un peso specifico nell'elaborazione di un pensiero che dovremmo però essere capaci di esportare.
Al di là delle celebrazioni di facciata…
Proprio così. Se torniamo alla Magna Charta capiamo che è stata un grande evento, ma non dobbiamo considerarlo un evento passato. Bisogna di far capire come quella radice ha generato frutti che passano attraverso la teoria del contratto sociale arrivano fino a noi. E questi frutti dobbiamo saperli cogliere qui e ora, nella sfida che la situazione odierna ci presenta. Solo così potremo uscirne.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.