Le ragioni del non-voto
Zamagni: «Con un astensionismo così alto si perde il senso della democrazia»
Le recenti elezioni hanno confermato il protagonismo dell'astensione. Per l'economista Stefano Zamagni, «non solo una protesta». La speranza? «I corpi intermedi. Sono sicuro che se il Terzo settore smettesse di concepirsi come la ruota di scorta del Paese e assumesse coraggio e chiarezza di visione sul futuro, la stragrande maggioranza accoglierebbe la sua proposta»
di Alessio Nisi
Come succede da anni. Com’è successo per le elezioni europee di inizio giugno, com’è accaduto per i ballottaggi per le elezioni amministrative lo scorso fine settimana, il protagonista indiscusso resta l’astensionismo, il non voto, il rifiuto della partecipazione democratica. Nello specifico i ballottaggi hanno visto un forte calo nell’affluenza: ha votato il 47,71% degli aventi diritto rispetto al 62,83% del primo turno. Il segnale è pessimo e le forze politiche si guardano dall’affrontarlo. La scarsa partecipazione è un problema per la salute della democrazia. In che modo e perché? E soprattutto come si ricuce lo strappo nella rappresentanza politica?
A rischio la tenuta del sistema democratico
Stefano Zamagni, tra i molti incarichi, ex presidente dell’agenzia per il Terzo settore e docente di Economia civile all’Università di Bologna, è chiaro: «L’astensionismo ha raggiunto livelli preoccupanti per la tenuta del sistema democratico. Se per democrazia intendiamo potere al popolo e se il 50% del popolo non va a votare viene meno la nozione stessa di democrazia». Al punto che anche «gli eletti non potrebbero, come pure sta avvenendo, arrogarsi il diritto di rappresentare l’intera cittadinanza». Per Zamagni occorre parlare di «valori assoluti» e non di percentuali.
La speranza? I corpi intermedi
La speranza? «Fare leva sui corpi intermedi, sul Terzo settore, perché dal basso si avanzi una critica» a questa situazione e una proposta. «Sono sicuro che se il Terzo settore smettesse di concepirsi come la ruota di scorta del Paese e assumesse coraggio e chiarezza di visione sul futuro, la stragrande maggioranza accoglierebbe la sua proposta». Per Zamagni il Terzo settore ha una funzione «oggettivamente nuova e rivoluzionaria. È l’unica forza sui poter fare leva» per «riattivare il circuito democratico». Vuol dire, spiega il professore, «partecipazione e assunzione di responsabilità».
Astensione non è solo protesta
Sulle cause dell’astensionismo, l’economista punta il dito prima di tutto sullo «scivolamento verso le negative politics a scapito delle positive politics. Oggi le forze politiche dicono che non si farà quello che l’altro partito dice di fare e viceversa». Il risultato? «Il cittadino si rifiuta di andare a votare». L’astensione, chiarisce, «non è solo un voto di protesta, certo anche, ma è l’indicazione che si continua con la negative politics si arriverà il punto che non si supererà la soglia minima di esistenza del principio democratico».
L’imbarazzo dei cittadini
Oltre le negative politics, Zamagni chiama in causa anche «i poteri forti dell’economia e della finanza». Questo «tende ad rendere irrilevante la scelta per uno schieramento o per l’altro. La gente sa che chi guiderà la danza dei processi decisionali sono i grandi gruppi industriali e i super ricchi». L’economista, a proposito di questi ultimi, spiega che «sono divisi in due gruppi. Da una parte i patriotic billionars, dall’altra i woke capitalist».
In apertura foto di Vilius Kukanauskas da Pixabay
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