Economia

Zamagni: Basilea 3 minaccia al non profit

«l rischio è una stretta creditizia importante verso l'impresa sociale» ha detto il presidente dall'Agenzia per le Onlus

di Redazione

«Le nuove regole sul credito, note come accordi di ‘Basilea 3′ “sono sacrosante e rappresentano la naturale conseguenza della crisi finanziaria. L’esigenza ineludibile e’ quella di regolare l’attivita’ speculativa nei mercati finanziari. Il problema, come spesso accade, sono i danni collaterali». Cosi’ Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per le Onlus che, intervistato da ‘Avvenire’, si dice preoccupato per il rischio che, senza interventi, le nuove regole di Basilea 3 possano comportare una drastica riduzione dei finanziamebnti alle imprese sociali. E lancia un appello a Bankitalia.

L’errore, secondo Zamagni, e’ «nell’assunto alla base di una certa visione dell’economia, secondo cui ogni forma di attivita’ finanziaria deve servire necessariamente a fini speculativi. Mentre non e’ cosi’: basti pensare a come operano le Banche di credito cooperativo o ricordare che gli enti non profit non si finanziano per alimentare la spirale inflazionistica, quanto per sostenere progetti a favore della societa’ civile».

Alla luce del fatto che il credito al non profit supera i 10 miliardi di euro l’anno, Zamagni lancia dunque un appello: «Spero e auspico – dice – che la Banca d’Italia intervenga con senso di responsabilità e ragionevolezza. Il rischio e’ che si verifichi una stretta creditizia importante verso soggetti che stanno gia’ facendo i conti con una significativa riduzione delle risorse degli enti pubblici, da sempre principale canale di finanziamento. E si tratta – sottolinea – di realta’ sulle cui spalle grava buona parte del nostro sistema di Welfare”. Il presidente dell’Agenzia per le Onlus, padre della legge fiscale sul non profit e tra i maggiori esperti internazionali di economia civile, auspica “la nascita di una Borsa del sociale” che a suo giudizio “puo’ dare un contributo determinante. Il progetto e’ pronto – dice – ora servono quei soggetti che, credendo nell’esperienza, diano vita alla societa’ per l’avvio del mercato. In Gran Bretagna e Stati Uniti esperienze simili stanno gia’ partendo. Ma io credo che, se non tra un anno, entro due o tre, l’Italia ce la fara’. Anche a causa delle nuove condizioni di mercato». 


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