Salute

Zachie e Nelson: lotta dura contro l’Aids

E in Europa i gestori di fondi danno un ultimatum alle aziende: siate più etiche, se no niente soldi. Diritto alla salute. La campagna sui farmaci diventa disobbedienza civile.

di Redazione

Definireste Nelson Mandela un disobbediente? No, vien da dire, paragonando l?ex presidente del Sudafrica, uomo simbolo della lotta contro l?apartheid, ai disobbedienti nostrani stile Luca Casarini. Invece la risposta è sì, per disperazione. Occupare stazioni di polizia e bloccare sedute parlamentari è l?ultima carta rimasta agli attivisti sudafricani come Mandela per convincere il loro governo a distribuire i farmaci anti Aids, che potrebbero salvare i 4,7 milioni di sieropositivi del Paese, attraverso il sistema sanitario pubblico.
A capitanare i disobbedienti sudafricani è il sieropositivo più famoso del mondo, Zachie Achmat: l?attivista della Treatment Action Campaign che, pur potendoseli permettere, non prende i farmaci anti Hiv finché tutti i malati africani non potranno farlo. Domenica 23 marzo, alla vigilia delle azioni di disobbedienza in Sudafrica, Mandela ha pregato Zachie di cambiare idea perché, da morto, non potrebbe più portare avanti la sua lotta. Ma si è sentito rispondere di no. “Sei il mio eroe, ma non posso accontentarti”, gli ha detto Zachie. “Prenderò i farmaci solo quando tutti i sudafricani potranno farlo”. A questo è arrivato chi, nel Sud del mondo, vive sulla propria pelle la disperazione di non aver accesso a farmaci che, in Occidente, tengono in vita milioni di persone. E non stiamo parlando solo di Aids. Il 24 marzo, nel silenzio dei media, si è celebrata la Giornata mondiale della tubercolosi, malattia che colpisce un terzo della popolazione mondiale e che viene curata con farmaci poco efficaci, vecchi di 50 anni, cui ha accesso solo il 27% dei malati. Ma le cose non vanno meglio per i 2 milioni di abitanti dei Paesi in via di sviluppo che ogni anno muoiono di malaria. La risposta di governi e aziende farmaceutiche?
I primi, Stati Uniti e Unione europea in testa, non riescono neppure ad accordarsi in seno al Wto su a quante e quali malattie vada applicato l?accordo di Doha che permette l?esportazione di farmaci generici tra Paesi poveri. Le seconde annunciano qualche abbassamento di prezzo ma continuano a destinare il 95% della ricerca a farmaci che potrà permettersi solo il 10% della popolazione mondiale. L?unica buona novità arriva dal mondo della finanza: un gruppo di 11 gestori di fondi europei (tra cui Jupiter, Ethos e Morley Fund manager), che controllano oltre 600 miliardi di dollari, ha scritto alle 20 più grandi multinazionali farmaceutiche chiedendo di adottare un codice di condotta etica che non neghi il diritto alla vita dei poveri. Pena la perdita del 5% degli investimenti che ciascun gestore attualmente destina ai big del farmaco.

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