Cultura

Yunus: la relazione al convegno

Fondamenti teorici e pratici del microcredito nei Paesi in via di sviluppo e in quelli sviluppati

di Redazione

Abbiamo cercato per molti anni di attrarre l’attenzione sul tema del microcredito e mi fa molto piacere che abbiate dedicato tutta la giornata per discutere su questo argomento. Lo trovo molto importante. Quando ho cominciato non avevo idea di cosa fosse il microcredito, allora non esisteva neanche la parola, e mi sono trovato in quella situazione. Penso che se vi foste trovati nella stessa situazione, vi sareste sentiti nello stesso modo, messi in una situazione in cui avreste voluto fare un salto verso l’ignoto perché la situazione conosciuta era veramente terribile. Una situazione di fame: la gente moriva di fame. Io insegnavo economia e nessuna tra tutte le eleganti teorie che ero abituato a insegnare dava da mangiare alla gente che circondava il campus universitario in cui io insegnavo.

La sfida al sistema bancario
Così incominciò tutto, per prima cosa cercai di vincere le difficoltà delle persone che avevano bisogno di somme di denaro molto piccole per mangiare, dando i soldi dalle mie proprie tasche. E la gioia che questo gesto procurava mi faceva pensare che cosa avrei potuto fare per fare la stessa cosa in un modo più generale. Così andai da una banca a negoziare prestiti per la gente del posto, e quelli della banca dissero che nessuna banca poteva prestare denaro ai poveri perché non erano affidabili, non erano degni di fiducia. Io cercavo di persuadere le banche di concedere una chance ai poveri ma loro rifiutavano. Così alla fine dopo lunghe trattative mi offrì personalmente come garante. «Io firmo tutti i vostri documenti, voi date i soldi e mi prendo la piena responsabilità», proposi, sicuro. Ero emozionato quando vidi che la cosa cominciò a funzionare.
La banca però non credeva che potesse funzionare se non nel villaggio in cui cominciai a lavorare nel 1976, sosteneva che altrove sarebbe stato impossibile. Così la sfida diventò quella di dimostrare che funzionava in due villaggi diversi. E funzionò ancora. Ma non erano ancora pronti ad accettare. Così la sfida diventò quella di provare in cinque diversi villaggi. E funzionò anche in cinque altri villaggi. Cominciò un gioco al rilancio con la banca: da 5 a 10 villaggi, da 10 a 12, da 12 a 15 e io cavalcavo il mio entusiasmo per i successi che ottenevo. Ma non cambiavano il loro modo di pensare. Quindi mi domandai perché avrei dovuto cambiare il loro modo di pensare, chi erano loro per poter decidere il destino della gente? Potevo creare io stesso una banca, sarebbe stato forse meno faticoso di convincere ogni volta a concedermi il prestito. Pensai a un’istituto di credito esclusivamente finalizzato per prestare soldi alla gente povera. Impiegai altri due anni per ottenere i permessi dal governo perché non era facile. Ma alla fine, nel 1983 ottenni i permessi e ci convertimmo in una full pleged bank, continuando a espanderci.

I clienti – proprietari
Eravamo confortati ogni giorno dal fatto che la cosa funzionava come aveva funzionato nel primo villaggio. Così abbiamo continuato e oggi siamo una grande banca a livello nazionale. Abbiamo 2,4 milioni di clienti, e il 95% dei clienti sono donne. Abbiamo 1.200 succursali con oltre 12mila dipendenti. I titolari di questa banca sono i poveri, i clienti sono anche i proprietari. Questa gente fa fatica a possedere anche piccole cose e adesso è proprietaria collettivamente di una delle banche più grandi del Paese: la Grameen Bank. Negli anni abbiamo prestato ai poveri più di 3,5 miliardi di dollari americani. E loro ce li hanno restituiti con gli interessi senza problemi. Attualmente in un mese prestiamo mediamente qualcosa come 20-25 milioni dollari americani in moneta del Bangladesh. L’obiettivo è quello di creare auto-impiego per le donne povere e le loro famiglie e generare profitto.

Cambiano le priorità
Se guardate all’esperienza che ho appena descritto, cominciata dall’esperienza empirica di un professore che non riusciva più a sostenere lo sguardo di chi incontrava per strada denutrito e affamato e poi sviluppata nella direzione di aiutare e sostiene l’occupazione o auto-occupazione dei poveri, c’è davvero da non credere.
La gente guarda oggi alla Grameen Bank come a una delle banche commerciali alle quali sono abituati con la differenza che offre piccoli prestiti. Ma la Grameen Bank si fonda su una cornice ideale completamente differente rispetto alle banche normali. Senza cogliere questa differenza perderemmo qual è il punto della questione. Le banche comuni si fondano su un diverso sistema di principi. Uno di questi principi è che più si ha, più si può avere. Di conseguenza si hanno persone che incrementano il loro patrimonio e altre che invece non riescono mai a beneficiare dei servizi della banca.
Il principio fondamentale della Grameen Bank, invece, è che se uno non ha soldi godrà di maggiori attenzioni. Meno uno ha e più avrà possibilità di ottenere un prestito dalla nostra banca. Se uno non ha proprio niente, avrà la più alta priorità.
Cambia proprio il punto di partenza: in uno si parte dal più ricco, nell’altro si parte dal più povero. In una banca comune si ignora come si possa fare un prestito con chi è privo di risorse. Nelle banche convenzionali devi convincere la banca che tu hai abbastanza esperienza, abbastanza idee e informazioni sul mercato per essere un uomo d’affari di successo. A queste condizioni, la banca può prestarti i soldi per curare i tuoi affari o espanderli.

Attenzione al potenziale umano
Il punto di partenza della Grameen Bank è completamente diverso. Colui che chiede il prestito letteralmente ci supplica dicendo «io non so niente, perché dovresti darmeli? Io non so neanche cosa fare con quei soldi». Nella nostra attività abbiamo a che fare con centinaia di casi di donne che ci supplicano di non dar loro i soldi perché non sanno neanche come utilizzarli, perché non hanno mai avuto a che fare con i soldi. Molte dicono: «non abbiamo mai neanche toccato del denaro in vita nostra, quindi non createci ulteriori problemi prestandocene».
Ecco la differenza tra una banca convenzionale e il tipo di banca di cui stiamo parlando. Alle banche normali interessa capire che hai già fatto, vogliono le prove di quel che fai e di quel che hai fatto. Il principio della Grameen Bank è esattamente l’opposto: si cerca di capire il potenziale della persona, non quello che ha già fatto. Cosa potrebbe fare se avesse l’opportunità, anche se non ha l’esperienza. La nostra banca rassicura questa gente e gli dice che hanno la possibilità di fare qualcosa e che devono provare a lanciarsi.

Il fondamento è la fiducia
La gente mi chiede sempre com’è stato possibile realizzare questo tipo di banca, da cosa ho tratto ispirazione. È difficile rispondere a questa domanda, perché tutto è nato passo dopo passo. Ma siccome questa domanda me la fanno sempre, ovunque vada, ho individuato una risposta standard da dare: «ho osservato quello che facevano le altre banche e ho cercato di fare esattamente l’opposto! Così, alla fine, siamo diventati la Grameen Bank». È vero, perché se osservate le banche normali credono che se gli chiedete dei soldi li volete fregare e scappare via con il denaro: infatti, vi portano i loro avvocati, vi portano tutti i tipi di documenti legali, tutti i sigilli, le firme, i fogli blu, i fogli verdi. Nel nostro caso il principio è molto semplice: tutti sono persone oneste, nessuno ha intenzione di scappare con i nostri soldi, così non abbiamo bisogno di nessuno strumento legale, non ne abbiamo mai avuti. Ma i soldi tornano indietro lo stesso, il sistema si basa sulla fiducia. E questo crea sempre conflitto tra le banche normali e noi. I banchieri non riescono a immaginare un sistema bancario basato sulla fiducia.

No alla discriminazione
Sono stato molto critico al Conventional Bank in Bangladesh negli anni 70: non solo le banche rifiutavano i finanziamenti, ma li rifiutavano alle donne e non solo a quelle povere. Semplicemente le banche in Bangladesh non volevano prestare soldi alle donne. Le banche risposero che non era vero e che il problema era che erano le donne a non venire a chiedere prestiti, e che loro invece erano molto aperti e disposti a finanziare le donne. Così dissi: «D’accordo, mostratemi che almeno l’1 per cento di tutti i vostri clienti, dei clienti di tutte le banche del Bangladesh, sono donne e io smetterò di criticarvi». Non poterono dimostrare neanche questo. Anche adesso, a distanza di 25 anni, penso che le banche in Bangladesh non possano dimostrare che l’1 per cento di coloro che ottengono prestiti siano donne. Noi invece insistiamo che almeno la metà dei clienti della Grameen Bank debbano essere donne, per principio. E noi cerchiamo di far fronte a qualsiasi difficoltà affinché questo principio sia rispettato. Le donne stesse ci dicono di non volere i soldi, ci chiedono di affidarli ai loro mariti perché non sanno che cosa sia il denaro e come si debba usare. A queste donne noi rispondiamo che il denaro noi lo vogliamo prestare proprio a loro. Abbiamo impiegato 6 anni per raggiungere l’adempimento di questo nostro principio, che cioè i nostri clienti fossero egualmente ripartiti tra uomini e donne. Eravamo veramente emozionati quando lo abbiamo raggiunto. Osservando i risultati eravamo sorpresi dal fatto che con prestiti fatti attraverso le donne si ottenevamo molti più benefici per le famiglie che non attraverso gli uomini. È capitato così per ciascun caso, senza eccezioni.

Dalle donne più benefici alle famiglie
Tradizionalmente gli uomini si occupano di se stessi nel caso in cui guadagnino soldi, ma nel caso in cui sono le donne a guadagnare denaro le attenzioni sono rivolte in prima istanza verso i bambini e poi alla cura della casa. Non vedrete mai una donna spendere i soldi che guadagna per far piacere a se stessa, diversamente dagli uomini che invece li usano per andare al pub o per altri divertimenti. Non sentirete mai nessun caso di donne che ricevono lo stipendio e poi vanno al pub e si ubriacano. Abbiamo così la nostra politica e abbiamo deciso di dare priorità alle donne tanto da dire «daremo soldi solo alle donne». È da questa decisione che deriva il fatto che oggi il 95% dei nostri clienti sono donne. Dico questo per spiegare che sono diversi i punti di partenza tra il nostro tipo di banca e quello tradizionale. È come nel caso del football, c’è il football americano e il football che si gioca in Europa: hanno lo stesso nome ma sono sport molto diversi. Noi diciamo di essere una banca, come molti altri dicono di essere delle banche, ma i nostri giochi sono molto diversi.
Pensate a che tipo di mondo ingiusto abbiamo creato. Oggi il mondo è popolato da più di 6 miliardi di persone, e potete fare in modo certo la seguente affermazione: la metà della popolazione mondiale non ha accesso a istituti di servizi bancari. Anzi più della metà e non dovete venire fino in Bangladesh per verificare questa affermazione: basta guardare alla stessa Italia.

L’accesso ai servizi bancari
Quante persone non hanno accesso ai servizi bancari? Eppure le maggiori religioni hanno condannato l’usura perché l’usura distrugge la vita della gente. L’usura è uno strumento di sfruttamento. Guardate a quello che hanno fatto gli istituti finanziari e i governi: niente!
Nessuno ha prestato attenzione alle persone che avrebbero avuto bisogno di servizi finanziari. Dicono che non erano degni di fiducia, che non sono soggetti cui far credito, ma è come se dicessero che non sono buoni. Non si può iniziare nulla senza soldi; e quando si definisce una persona non credit-worthy è come firmare la sua condanna a morte.
Badate bene, non sto dicendo che la Grameen Bank è l’ultima parola possibile, sto dicendo che è un tentativo che funziona: ha funzionato in Bangladesh negli ultimi 25 anni e, fuori dal Bangladesh, il suo modello viene esportato da moltissime organizzazioni in ogni parte del mondo. Per questo non potete dire che questa idea non può essere realizzata. Potete dire che può esser fatto meglio: certo che si può far meglio! Eppure ancor oggi il microcredito non riceve la giusta attenzione. È questo che ci ferisce, è questo che ci fa scoraggiare. Per questo sono così contento che abbiate dedicato questa giornata a questo tema e in Italia.
I leader del mondo, si stanno incontrando in queste ore a Monterrey in Messico per parlare di povertà e di finanza come strumento di riscatto. Che tipo di discorso sulla povertà può essere un discorso che non assicuri servizi degli istituti finanziari?

Uscire dalla povertà
Non si può parlare di far uscire la gente dalla povertà senza dargli la possibilità di cambiare la loro stessa povertà. La povertà non può essere cambiata da qualcun altro. E mi ripeterò se dirò che la povertà non è creata dai poveri, non è colpa loro, ma dalle istituzioni e in particolare dalle istituzioni finanziarie. Come puoi uscire dalla povertà se non hai accesso a quei 5, 10, 15 dollari in prestito per cambiare la tua vita? Perché non ci si preoccupa di prestare 5 miliardi di dollari a chi poi fallisce? Perché non ci si preoccupa che molte banche falliscono perché i ricchi non restituisco i soldi a loro prestati? Ma poi si è riluttanti a prestare 5 dollari a un povero. Le nostre statistiche di restituzione dei prestiti sono molto più alte di qualsiasi altro istituto finanziario al mondo.
Su questo mi piacerebbe che vertessero le discussioni di Monterrey. E il mondo ha dichiarato nell’United Nation Millennium Summit del 2000, che il mondo intero deve concentrare la sua attenzione e le sue abilità affinché si riduca della metà la percentuale di poveri entro il 2015, una data così lontana che è praticamente dietro l’angolo. Ma se vogliamo ridurre della metà il numero dei poveri entro il 2015, di quanto lo vogliamo ridurre entro il 2002? E nel 2003, nel 2004? Non è che ci sveglieremo una mattina nel 2015 e ci accorgeremo che i poveri si daranno dimezzati, occorre farlo passo dopo passo. Per questo dobbiamo trovare ogni singolo modo per farlo.

Un problema di volontà, non di discorsi
Questo è il paradosso della questione: continuiamo a fare dei grandi discorsi, ma non ci preoccupiamo di come potranno essere realizzati. Se i governi non danno importanza a questi problemi, è responsabilità dei cittadini prestare attenzione. Non è questione di risorse, non è questione di tecnologia far uscire la gente dalla povertà. È semplicemente un problema di volontà, di attenzione, e può essere fatto. Immaginate quanti anni occorrerebbero per ridurre questo numero a zero. È possibile? Se si può ridurre della metà, si può sempre ridurlo fino ad annullarlo. Perché non possiamo pensare di creare un mondo completamente libero dalla povertà? Dove neanche un singolo essere umano debba passare dall’umiliazione della povertà? È possibile? Quello di cui abbiamo bisogno sono solo pochi semplici passi. Uno di questi passi è sicuramente il microcredito.
La Grameen Bank oggi si è espansa in altre numerose direzioni. Abbiamo una serie di punti chiamati “Le 16 decisioni”, ma probabilmente le conoscete già. La gente vuole cambiare la propria vita in diversi modi: vuole avere l’educazione per i figli, abbandonare i sistemi austeri, poter coltivare più verdura in modo da aumentare la salute e combattere malattie diffuse, e così molte altre esigenze.

Un cammino graduale
Adesso vorrei introdurre invece altri modi con cui si può uscire dalla povertà in modo graduale. Ricerche hanno dimostrato che un terzo dei clienti della Grameen Bank sono già usciti dalla povertà, i rimanenti due terzi lo stanno facendo passo dopo passo. La Grameen Bank ha la convinzione di fondo che ogni essere abbia enormi potenzialità e che molti semplicemente non abbiano la possibilità di esprimere tali potenzialità. Così, se possiamo aiutarli a far venir fuori queste potenzialità, non ci saranno ragioni per soffrire dell’umiliazione di essere un povero. Tutto quello che c’è bisogno è di far esprimere queste potenzialità che sono dentro le persone. I nostri piccoli prestiti sono una scusa, sono uno strumento utile a far sì che le potenzialità si esprimano. Ieri prima di avere quel piccolo prestito pensavi di non valer niente in questo mondo, di non aver nessuna capacità; ma quando vedi che sei capace di restituire quel dollaro che noi ti abbiamo prestato, allora vedi che invece sei qualcuno, che veramente vali qualcosa, puoi fare qualcosa e perseguire un po’ di successo per te stesso e per la tua famiglia. I nostri clienti si stanno muovendo in questa direzione. Stiamo anche introducendo dei programmi di leasing, dei fondi pensione. Depositando piccole somme di denaro in 10, 15 anni si potranno ottenere dei soldi qualora ci si volesse ritirare. È il principio che si fanno molti soldi semplicemente risparmiando piccole somme di denaro.
Un altro esempio è il fatto che la Grameen Bank è entrata nel mercato della telecomunicazione. Siamo convinti che, come il microcredito, anche la tecnologia possa avere un grande impatto positivo sulla vita della gente povera. Così abbiamo creato una società che si chiama Grameen Phone, che è una società di telefonia cellulare. La gente è sorpresa quando dico questo e si chiede che cosa ce ne facciamo di una società di questo tipo, e pensa sia una cosa stravagante. Perché i poveri dovrebbero avere dei telefoni cellulari? Noi vogliamo portare i cellulari nelle zone rurali e vogliamo rendere socie della banca le signore dei telefoni nei villaggi. Loro ricevono un telefono dalla Grameen Bank e poi cominciano a vendere il servizio telefonico all’interno di villaggi in cui nessuno ha mai avuto un telefono. Immaginate che business ne può scaturire. Oggi la Grameen Phone è una realtà che ha compiuto 4 anni e in tutto il Bangladesh abbiamo più di 10mila Telephone ladies che vendono servizi telefonici nei villaggi e conducono un business in crescita. In media guadagnano 15 dollari al mese.

Il business dei telefonini
E chi è questa donna che ha cominciato con la Grameen Bank con un prestito di probabilmente 20 dollari e ora è una donna di affari di successo nel campo delle telecomunicazioni? Non aveva mai visto un telefono in vita sua, potrebbe non aver mai visto neanche l’elettricità in vita sua. Il suo primo telefono l’ha visto entrando nel progetto della Grameen Phone. La gente diceva che eravamo pazzi e che quella donna non avrebbe mai imparato come si usa un telefono, perché non aveva esperienza e non sapeva neanche contare. Prima di incominciare il progetto tornai da questa gente e dissi che questa donna, che pure era analfabeta, se capiva che con l’imparare a contare avrebbe potuto fare soldi, avrebbe imparato a contare molto in fretta. E fortunatamente per noi ci sono solo 10 numeri da imparare in tutto il mondo e non ci voglio più di 10 minuti per impararli. Se ci si mette tanto, ci si mette 10 ore, ma se vuole impararli li impara. Se andate oggi in un villaggio del Bangladesh e incontrate una Telephon lady e parlate con lei di telefoni, vi sembrerà che sia nata con un telefono in mano. Saprà qualsiasi cosa sui telefoni, dentro e fuori, chiamate nazionali, chiamate internazionali, tariffe e orari. Perché quello è il suo business. In questo modo la Grameen Phone è diventata negli anni la più importante compagnia telefonica di tutto il sud dell’Asia: India, Bangladesh, Pakistan, Nepal etc…La Grameen Phone stipula anche contratti per Internet, e quindi le nostre Telephone ladies diventeranno le Internet ladies, vendendo l’allacciamento nei villaggi.

Tecnologia per lo sviluppo
Il ragionamento che sto facendo è questo: se si può portare l’information technology alla gente povera, allora si possono portare anche molte altre cose. Si può incominciare a comprare e vendere cose attraverso Internet, si potranno portare i servizi sanitari e l’educazione. Così la Grameen Bank ha creato la Grameen Communication per portare i servizi Internet nei villaggi, così che i bambini e le famiglie dei villaggi possano connettersi tramite Internet con il resto del mondo e cambiare le proprie vite. Ciò che fa rimanere la gente povera è l’isolamento. È il mondo che si crea intorno ai poveri che fa rimanere la gente povera. Se si può far crollare questo muro, questa gente avrà la stessa forza e la stessa volontà di chiunque altro al mondo di cambiare la propria vita.

Creare la globalizzazione giusta
Ho detto prima che la metà della popolazione mondiale non ha accesso ai servizi finanziari, immaginate che tutta la creatività che sta dentro a questa metà (3 miliardi di persone) non si può esprimere. Chi è dunque privato di questa creatività? Il mondo ne è privato. Se si riuscisse a far tesoro di questa creatività potenziale il mondo sarebbe migliore e più ricco.
Così l’information technology e il microcredito creano una stupenda sinergia, non si può avere l’una senza l’altra. Non si può portare l’information technology ai poveri saltando il passo del microcredito, perché solo il microcredito crea la piattaforma sulla quale si può portare servizi là dove prima non arrivava niente.
Oggi si parla molto di globalizzazione. Che cos’è la globalizzazione nel contesto della gente povera? La globalizzazione è un processo che non si può fermare. Ma se i poveri non sono pronti, saranno spazzati via. Se invece saranno pronti, avendo un barca per cavalcare quest’onda, riusciranno ad arrivare sulla cresta e riusciranno a cambiare la loro vita riuscendo a trarre vantaggi dalla globalizzazione. Il problema rilevante non è capire quello che la globalizzazione è o non è, il problema rilevante è capire qual è la globalizzazione giusta e qual è quella sbagliata. Noi dobbiamo cercare di creare la globalizzazione giusta. La vera sfida quindi è quella dell’information technology e quella di trarre vantaggi dalla globalizzazione.

Un sistema che si autosostiene
Abbiamo fatto il Summit del microcredito nel 1997 e abbiamo fissato l’obiettivo di raggiungere con il microcredito 100 milioni di famiglie povere (preferibilmente attraverso le donne) entro il 2005, e oggi siamo nel 2002. Finora abbiamo raggiunto 25 milioni di famiglie, ce ne mancano quindi 75 milioni. Siamo ancora su questa pista, non ne siamo ancora usciti. Andremo incontro a molte difficoltà ancora, ma senza l’appoggio di quei decision maker dei governi, degli istituti finanziari per portare fondi a questo sistema, non potremmo continuare. La Grameen Bank, ad esempio, non ha bisogni di soldi. La Grameen Bank ha abbastanza soldi per restituire i prestiti ricevuti in passato dalle organizzazioni internazionali. Oggi il 70 per cento dei soldi che diamo attraverso i prestiti vengono dalle immobilizzazioni dei nostri soci. Noi abbiamo intenzione di portare questa percentuale al 100 per cento. Avremo quindi presto il problema di cosa fare con i soldi che avanzeranno. Quindi questo risulta un sistema che si autosostiene. Quello di cui c’è bisogno è cominciare il primo passo, poi con il passare del tempo si riesce a raggiungere il regime di auto sostentamento, senza aver bisogni di aiuti dall’esterno. C’è bisogno di finanziamenti per creare la struttura iniziale del sistema. Sono aiuti esigui se paragonati ai 15 miliardi di dollari stanziati ogni anno per gli aiuti internazionali. Così forse è meglio investire meno soldi per volta, ma investirli nel microcredito. Oggi è questa la sfida.
Il microcredito non butta i soldi, ma li investe dando fiducia alle potenzialità di ogni persona. In questo modo le persone possono cambiare la loro vita. Penso che il diritto al credito dovrebbe essere riconosciuto tra i diritti dell’uomo, perché attraverso questo anche gli altri diritti potranno più facilmente essere garantiti.
Grazie.

Muhammad Yunus
direttore generale Grameen Bank

Nessuno ti regala niente, noi sì

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