Più che una storia di sport, il racconto del riscatto di due ragazzi. Dall’Etiopia al Trentino. Dalla sofferenza ai successi. Così Matteo Valsecchi, giovane cineasta valtellinese definisce il suo docufilm “Yema e Neka”, girato e prodotto a partire dal febbraio 2014 e presentato quasi contemporaneamente al Festival di Trento e a quello del Cinema africano, d’Asia e d’America Latina di Milano, dove verrà proiettato venerdì 8 e domenica 10 maggio.
Venticinque minuti in cui si racconta una storia che sembrerebbe scritta da un (bravo) sceneggiatore. Con protagonisti Nekagenet e Yemaneberhan. Sono fratelli e sono nati nel Nord-Est dell’Etiopia. Un paese povero e reduce dalla guerra civile, terminata nel 1991, in cui i due bambini, come gli altri membri della famiglia (oltre ai genitori sono tre maschi e tre femmine) danno una mano fin da piccolissimi. Aiutano a pascolare gli animali in quelle zone dell’altipiano etiopico. Fino a quando mamma e papà muoiono di malattia. Uno dietro l’altro. E dopo un periodo a casa degli zii, l’orfanotrofio ad Addis Abeba, perché neppure la famiglia allargata riesce a sostentarli. Qui arrivano Roberto e Luisa Crippa, una coppia di Milano. Avviano le pratiche di adozione per tre bambini, tra cui Nekagenet e Yemaneberhan, ma quando scoprono che ci sono anche altri fratelli, li adottano tutti e si trasferiscono dalla Lombardia in Trentino, a Montagne, un piccolo comune di 200 abitanti nella valli Giudicarie, a un’ora da Trento.
Un posto in cui la coppia aveva appena comprato casa e in cui, nel silenzio della natura, fanno crescere Nekagenet e Yemaneberhan, insieme ai loro fratelli e ai loro cugini, diventati anche loro dei Crippa, per un totale di nove figli adottati. Tra il 2006 e il 2008 alla famiglia allargata si aggiungono anche Giancarlo, Anna e Bruno, tre cinquantenni con problemi psichici, amici d’infanzia di Roberto. Di questo gruppo variegato il regista racconta la vita quotidiana i rapporti (tra di loro e con il padre adottivo), i sentimenti, le piccole discriminazioni e i dolori, come la partenza di Luisa, la mamma adottiva (che non compare mai nel documentario) che è tornata a Milano nel 2013. E poi c’è l’atletica. Che Nekagenet e Yemaneberhan, per tutti Neka e Yema, provano dopo aver giocato a calcio. E scoprono di essere dotati. E Molto. Si allenano sotto la guida di Massimo Pegoretti. Sia nel cross e la corsa in montagna. Nella categoria juniores Yema, classe 1996 è campione europeo di cross, mentre Neka, classe 1994, ha vinto il titolo mondiale di corsa in montagna nella stessa categoria. Per i successi sportivi c’è sempre tempo, intanto Neka e Yema hanno visto il loro destino (segnato) cambiare.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.