Non profit
Yara, si riparte tra errori e speranze
Liberato il giovane marocchino, Napolitano elogia il sindaco
Una storia importante, quella di Yara Gambirasio. Dopo aver sfiorato la caccia all’immigrato per il fermo di un giovane marocchino, determinato da un’errata traduzione di una sua imprecazione al telefono cellulare, la magistratura ha corretto l’errore, rilasciando l’immigrato, ma nel frattempo la reazione della famiglia, composta e silenziosa, e l’apprezzamento del presidente Napolitano per il comportamento tenuto dal sindaco di Brembate sono buone notizie per la tenuta morale del Paese. I giornali, oggi, raccontano e analizzano. Nella speranza, remota, che la ragazza in realtà sia ancora viva.
- In rassegna stampa anche:
- ECONOMIA
- MIRAFIORI
- HAITI
- USURA
- PROTEZIONE CIVILE
- LIBERTA’ RELIGIOSA
“Yara, l’accusa si sfalda” è il titolo del CORRIERE DELLA SERA in edicola oggi, che anticipa la decisione, presa nella mattinata di oggi, di scarcerare Fikri, il muratore marocchino che era stato fermato domenica in alto mare, mentre stava tornando tranquillamente a Tangeri. Servizi da pagina 5 a pagina 9. Le ultime notizie nell’edizione on line: “Tutto da rifare. Il gip di Bergamo Vincenza Maccora ha disposto la scarcerazione di Mohammed Fikri, il marocchino fermato nei giorni scorsi per la vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra (Bergamo), scomparsa il 26 novembre scorso. A quanto si è appreso, il gip, pur convalidando il fermo eseguito sabato scorso, nel suo provvedimento registra che la situazione indiziaria dell’indagato è cambiata in questi due giorni rispetto al momento in cui l’immigrato era stato fermato a bordo di una nave, a Sanremo, diretta in Marocco. In particolare, è stato riscontrato come fosse sbagliata la traduzione dell’intercettazione telefonica inizialmente intesa come: «Allah mi perdoni, non ho ucciso». In realtà, si trattava di una imprecazione perché l’interlocutore inizialmente non rispondeva al telefono. È stato anche sentito l’uomo a cui era destinata la telefonata il quale ha confermato il racconto del marocchino: gli era debitore di 2 mila euro e per questo Fikri l’aveva cercato”. Ma come è stato possibile un errore del genere? L’inviato Claudio Del Frate spiega il retroscena, a pagina 5: “E la frase di un assassino diventa semplice invocazione. La svolta dall’esperto del gip”. Leggiamo: “Possibile una virata di 180 gradi di questo genere? Possibile, come detto, in una lingua dove una sillaba stravolge il significato di un intero discorso e dove le inflessioni cambiano da regione a regione. Solo che in questo caso la frittata è stata gigantesca e avrebbe provocato un duro scontro verbale tra la titolare dell’inchiesta e i vertici dell’Arma bergamasca. La pressione dell’opinione pubblica e le attese di una famiglia in angoscia possono aver giocato un brutto tiro; mettiamoci anche la tensione per aver lavorato per dieci giorni su un caso senza che sia emerso nulla di concreto. Certo è che gli effetti di quell’errore sono stati devastanti: non solo sul cammino delle indagini, non solo sui protagonisti. Magari anche su tutti quelli che solo poche ore fa si affacciavano davanti alle telecamere in attesa a Brembate sventolando striscioni con la scritta «Fuori i marocchini dall’Italia»”. Ma se il peggio non si è verificato lo si deve anche alla saggezza della gente del posto, del sindaco, della famiglia. Due i commenti eccellenti: il presidente Napolitano: “«Una presa di posizione civile e un comportamento di compostezza», che il presidente della Repubblica «ha molto apprezzato» – scrive Marzio Breda a pagina 9, assieme a Paolo Foschini che invece riferisce le parole a Milano del cardinale Tettamanzi – «Davanti ai gravissimi fatti che stiamo apprendendo dalla cronaca di questi giorni – ha detto Tettamanzi – restiamo profondamente addolorati, anzi sconcertati. Prego per le vittime di queste e di tutte le violenze, per i loro familiari. Prego inoltre perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza»”. E Ilaria Sacchettoni registra fedelmente il comportamento sobrio e schivo del sindaco di Brembate di Sopra, Diego Locatelli, nel pezzo sulle ricerche di Yara, a pagina 8 del CORRIERE: “«Oggi finiremo di prosciugare l’acqua» spiega Diego Locatelli, il sindaco leghista che ha incassato l’apprezzamento del Quirinale senza produrre un comunicato né fare una telefonata alle agenzie: «Sul momento non ci ho pensato – dice al telefono – ho chiamato subito la famiglia di Yara e ho ringraziato ancora una volta i volontari che, tra parentesi, domattina saranno nuovamente al lavoro»”.
“Yara, si ricomincia da zero”: LA REPUBBLICA riferisce il nuovo corso delle indagini partendo dalla cattiva traduzione della intercettazione della telefonata del giovane Fikri (che dovrebbe essere scarcerato). A pagina due, Piero Colaprico (“E dopo la rabbia in paese torna la paura «Il mostro che ha preso Yara è tra noi») scrive un pezzo sulla cittadina e il clima che vi si respira. Un clima di angoscia (mentre prosegue inutilmente la ricerca del corpo) ma anche di sospetto. «Ah stanno rilasciando il marocchino? E allora chi è stato? Se non è stato lui vuol dire che il mostro è ancora qui tra noi» dice un genitore. «Una volta c’erano gli anarchici, a prendersi la colpa di tutto, adesso ci sono gli stranieri…. Se non sanno niente può essere stato chiunque», sottolinea un altro cittadino. Tra le reazioni, particolare rilievo hanno quelle del cardinale Tettamanzi e di Napolitano. Il primo, nel suo Discorso alla Città, ha detto: «Prego perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza… Ogni persona di origine italiana o straniera deve essere giudicata singolarmente, per quella che è, non dimenticando mai che il giudizio più vero e definitivo è quello di Dio». Il capo dello Stato invece ha apprezzato la moderazione del sindaco di Brembate. “L’infamia non ha colore” è il titolo del commento di Adriano Sofri: in questa storia ci sono state cose diverse e «degne di ammirazione». L’atteggiamento della famiglia, quello del sindaco. Ora è il momento della trepidazione per la sorte di Yara e anche della riflessione: occorre pensare «al prezzo che paga un paese indotto a chiedersi di colpo, di fronte a un sequestro, uno stupro, un assassinio, una sciagura stradale, se il sequestratore, il violentatore, l’assassino, il guidatore sciagurato sia italiano o no, e a compiacersi che lo sia o pregare che non lo sia».
IL GIORNALE lancia un dibattito sul suo sito e chiede ai lettori “siamo razzisti o no? Immigrati, risorsa o problema?”. La penna di Cristiano Gatti fa questa riflessione: «I cartelli xenofobi apparsi a Brembate sono sbagliati. L’ecatombe provocata da un altro magrebino a Lamezia non giustifica giustizia sommaria. Però sui crimini degli immigrati non bisogna tacere». Gatti aggiunge: «A quanto pare il vero problema non è più quello di ritrovare Yara, ma di decidere se a Bergamo sono razzisti. E non servono le parole saggissime del sindaco che prende lunghe distanze dagli sfoghi ultrà. Se vogliamo dirla tutta quel sindaco pare fuori registro: nel processone generale starebbe a meraviglia un bel sindaco scamiciato e truculento e pronto a urlare sulla pubblica piazza le minacce più grevi, via dalla nostre case gli odiosi marocchini». Insieme alla storia di Yara, quella di Lamezia Terme. «come coincidenza di fatti molto sinistra. Inevitabile, umano e comprensibile che a tutti quanti sfugga dal fodero qualche cattivo pensiero del tipo “però questi marocchini”. Ma è chiaro che bisogna fermarsi lì. Chiunque sia l’assassino di Yara sarà ugualmente odioso. Non credo che il coinvolgimento di persone italiane porterà uno scontro nella reazione di Brembate. Così come la rabbia di Lamezia non sarebbe più lieve se il conducente della maledetta Mercedes fosse un italiano». Gabriele Villa osserva il sindaco «Diego Locatelli è già entrato nella storia come il sindaco più riservato e taciturno d’Italia. Ha dimostrato di sapere fare il suo lavoro meglio e più seriamente più di tanti suoi colleghi. Ha obbligato i mezzi televisivi a tenersi a debita distanza e ha protetto la famiglia Gambirasio come fossero suoi figli. L’unica entrata a gamba tesa per difendere la sua comunità alla comparsa dei cartelli xenofobi «non siamo razzisti sono sicuro che la comunità saprà reagire con calma e razionalità».
«Il solito sospetto» è questo il titolo del commento in prima pagina, firmato da Luca Fazio, ed è l’unico riferimento de IL MANIFESTO al caso di Brembate. «Un errore clamoroso, il solito. Mohamed Fikri, il ventiduenne arrestato l’altra sera al largo delle coste italiane con un arrembaggio alla nave che lo stava portando in Marocco, probabilmente non c’entra niente con la sparizione di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate scomparsa lo scorso 26 novembre. Il pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, dopo due giorni di interrogatorio, non ha chiesto la custodia cautelare in carcere del marocchino. La magistrata è arrivata alla conclusione che, in questo caso, mancano gli indizi. (…)» e continua, dopo aver sottolineato l’errore di traduzione: «(…) La clamorosa svolta, se verrà confermata, ricorda l’abbaglio preso da altri inquirenti per la strage di Erba – quando il tunisino Azuz Marzuk fu in un primo tempo accusato di aver ucciso moglie e figlio – e mette a tacere alcune voci xenofobe che avevano dettato il tono delle prime cronache da Brembate. (…) Tanto che ieri anche il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, per contrastare quello che ormai è un riflesso condizionato, nel suo discorso alla città ha riservato una preghiera anche “perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza e ogni persona, di origine italiana o straniera, deve essere sempre giudicata singolarmente, per quello che è”». La conclusione: «Il probabile esito doloroso della vicenda ha spinto il garante della privacy a chiedere ai media di “evitare accanimenti informativi”. Mohamed Fikri forse l’ha scampata bella, ma per Yara Gambirasio e la sua famiglia sarà molto più difficile». Sempre a Luca Fazio è affidato un articolo, a piede di pagina 5, per parlare della strage di ciclisti di Lamezia Terme dal titolo «In difesa di quel principio rivoluzionario che pedala su due ruote». Così inizia l’articolo: «Quando gli esseri umani, in condizioni del tutto normali, riescono a dare il peggio di sé? Lo sappiamo tutti, perché (quasi) tutti abbiamo la patente. Quando si sentono sicuri e dunque forti, inscatolati dentro robuste lamiere che possono essere letali non appena superano i trenta chilometri orari. Letali per sé (e ci sta), ma soprattutto per gli altri. (…)» e via a dare i numeri della strage annuale dei morti sulle strade, confrontando statistiche su pedoni e ciclisti la conclusione è: «Significa che bisogna lasciare a casa la bicicletta? Esattamente il contrario. Non sta scritto da nessuna parte che le strade sono proprietà delle automobili, per cui i ciclisti per autotutelarsi farebbero bene a crescere e moltiplicarsi riprendendosi lo spazio in un nuovo regime di bicicrazia, con nuove regole della circolazione tutte da riscrivere, a partire dal limite di velocità fissato a 30 km orari e dalla trasformazione in corsia preferenziale di almeno il 30% del trasporto pubblico locale, come sta accadendo nelle principali città europee. (…) Oggi è nella logica delle cose che siano proprio i pedoni e i ciclisti le categorie più esposte ai rischi dell’impazzimento di una mobilità (o immobilità) ormai insostenibile. Le strade, le città, sono diventate il paradigma di un pensiero unico neoliberista applicato al codice della la strada dove a pagare, a rimetterci, a subire comportamenti aggressivi, sono sempre gli stessi. I soggetti più deboli. E stare dalla parte dei più deboli è sempre stata una questione di civiltà, un principio rivoluzionario di per sé, che si tratti di salvare il mondo o molto più semplicemente di vincere l’ottuso ostruzionismo nei confronti della bicicletta».
IL SOLE 24 ORE dedica alla questione Yara la pagina 18, con un pezzo di cronaca che mette in evidenza le parole del Cardinale Tettamanzi (“Da Tettamanzi stop al razzismo”, nel sommario: “Il marocchino verso la scarcerazione, tradotta male l’intercettazione”) e un commento affidato a Karima Moual: “Quei piccoli centri dove l’integrazione arretra”: «”Sono stati loro. Via i marocchini dall’Italia. Padroni a casa nostra. Occhio per occhio dente per dente. Ne abbiamo abbastanza di questa gente qui”. Ieri era il romeno, l’albanese, lo zingaro o il cinese, la cronaca di oggi vuole che tocchi al marocchino. Poche frasi – tenute a bada, questa volta, da un sindaco leghista che ha gettato acqua e non benzina sul fuoco dell’odio – che bastano però per capire il sentimento della nostra Italia e non solo in provincia. C’è tutta la paura e la chiusura verso un diverso che, anche se sono passati più di 40 anni dalla sua emigrazione, ancora risulta difficile sentire vicino di casa. (…) Brembate di sopra è uno di quei tanti paesini-famiglia, dove ci si conosce tutti e dove non si crede che in casa la malvagità possa arrivare. Brembate è anche uno dei tanti paesini di provincia nel nord Italia che sempre più immigrati (come risulta anche dall’ultimo dossier Caritas) scelgono volentieri per potersi stabilire con un lavoro e la propria famiglia. È più accessibile economicamente. Ma c’è un prezzo da pagare. E la famiglia straniera nella famiglia-paesino difficilmente riesce a inserirsi pienamente. Non è sempre colpa degli “italiani”: molte volte ci s’impigrisce e si preferisce formare il gruppo piuttosto che integrarsi. Accentuando le distanze e le differenze. Ed ecco nascere i bar per soli marocchini, le vie e i negozi per soli cinesi, i quartieri e i palazzi per soli stranieri, nel disinteresse comune. Un circolo vizioso che è avviato ormai da anni, e che produce una comunità di disintegrati vittime e alle volte anche artefici della propria condizione.(…) Il paese di provincia ci segnala, e non è la prima volta, come sia fragile e possa frantumarsi il concetto d’integrazione. E lo dimostra la schizofrenia xenofoba che i fatti di cronaca che coinvolgono stranieri buttano addosso a questo diverso, prendendo di mira intere comunità. (…) E il delinquente di origine marocchina, albanese o rumena, diventa “un rumeno, un marocchino, ha ucciso”. Travolgendo tutta la sua comunità senza distinzione alcuna. E quando il paese è piccolo la gente mormora, e se ti attaccano un’etichetta è difficile poi staccarla».
“Yara, indagini al palo” titola AVVENIRE in prima pagina. I servizi interni sono a pagina 8 e 9. Il servizio di apertura si intitola “La dignità di Brembate. Il razzismo non abita qui” e sottolinea come nel piccolo paese della Bergamasca vivono oltre 300 nordafricani. Neppure ieri tra la gente c’erano atteggiamenti di chiusura: «Sono tutti occupati in lavori che i nostri ragazzi non vogliono più fare», dicono gli abitanti. Dopo la comparsa di alcuni cartelli contro la presenza degli extracomunitari, autorità e Lega prendono le distanze e si dissociano. Nessuno show mediatico nel paese che partecipa in silenzio al dramma della famiglia di Yara. Il segretario provinciale del Carroccio Christian Invernizzi frena i tentativi di soffiare sul fuoco dell’intolleranza e dice. «No a chi va solo in cerca di pubblicità. Non è questo il modo di affrontare la situazione». Mentre i vertici istituzionali, dal Quirinale al Viminale, serrano i ranghi contro le tentazioni xenofobe, il cardinale Tettamanzi lancia un monito per dire no all’equivalneza tra immigrazione e delinquenza. E in una intervista, Souad Sbai, una dei leader storici della comunità marocchina in Italia, oggi parlamentare del Pdl, ribadisce. “La violenza? Non ha razza né nazionalità”. A pagina 13 si parla della tragedia di Lamezia Terme dove prevalgono “incredulità silenzio, dolore, ma anche rispetto”. Il rappresentante del Centro islamico locale ha chiarito che in città vivono oltre mille marocchini (sono novemila in tutta la Calabria), quasi tutti impegnati nel commercio e ben integrati: «Stiamo tutti male e crediamo che l’investitore debba pagare, ma vogliamo anche prevenire un offuscamento dell’immagine dell’intera comunità».
“Yara magrebino fermato per una traduzione errata”. LA STAMPA si occupa della scomparsa della tredicenne di Brembate in una doppia pagina interna, per raccontare la svolta nel corso delle indagine e il probabile rilascio di Mohammed F., il cittadino di origini marocchine indagato per via di una sua frase al telefono tradotta in modo sbagliato. A piede di pagina LA STAMPA mette il discorso pronunciato ieri dal cardinale di Milano in occasione della festività di Sant’Ambrogio: “Il cardinal Tettamanzi ai milanesi: Immigrato non significa delinquente”. «Ogni persona, di origine italiana o straniera, deve essere sempre giudicata singolarmente, per quella che è» ha detto il cardinale in un passaggio con riferimento agli episodi di questi giorni. Per gli immigrati Tettamanzi propone un «cantiere sociale» per diminuire «le inaccettabili forme di esclusione sociale». In un altro passaggio – inserito nel ricordo dell’anniversario dell’editto di Milano del 2013 – invita a «una riflessione matura sulla libertà religiosa» che porti «la possibilità di disporre, nel rispetto delle leggi, di luoghi di culto per le religioni più praticate». LA STAMPA registra anche i commenti all’uscita: quello del vicesindaco De Corato: «Spalancare le porte della città a tutti… è un’utopia oltre che una violazione della legge», a quello più benevolo di Letizia Moratti: «L’arcivescovo ha fatto riferimento a diritti e doveri: penso questo sia sempre il quadro in cui collocare le sue parole.
E inoltre sui giornali di oggi:
ECONOMIA
LA REPUBBLICA – “Eurobond e superfondo salva-Stati no della Merkel, Eurogruppo diviso”. La proposta di Tremonti e Junker (convertire parte dei debiti in titoli europei) non ha il sostegno della Germania che teme che i paesi indebitati abbassino la guardia. La conferma da Michael Sturmer: l’ex consigliere di Kohl intervistato dice: «l’euro può salvarsi. È anche la speranza dei tedeschi. Ma offrire sempre più garanzie rischia di avere come effetto finale un incoraggiamento agli stati deboli a contrarre semrpe più debiti».
MIRAFIORI
IL MANIFESTO – Il titolo e la foto di apertura sono dedicate all’interruzione delle trattative su Mirafiori. «Condizioni operaie» è i titolo che va a sfondare sull’immagine di operai della Fiom i corteo «(…) Gli operai delle Carrozzerie non aspettano il fatidico 14 per la “crisi di governo”, e scioperano per due ore manifestando in corteo. Vogliono decidere sul proprio futuro, su diritti, turni, salute e salario. Cisl e Uil bloccano il diritto di fare assemblee per essere informati» riassume il sommario che rinvia alle due pagine interne (la 2 e la 3). Sempre in prima inizia il commento di Francesco Paternò «I desideri di Mirafiori» dove si legge: «A Mirafiori c’è chi torna a desiderare, per dirla con le parole del Censis di De Rita. Non sogni: ma salari adeguati, rispetto dei diritti e del contratto. Vista dalla fabbrica simbolo della Fiat, l’Italia è molto meno “appiattita” di quello che è. (…)A Mirafiori come a Pomigliano, la Fiat desidera altro: trattare solo con chi ci sta e investire solo dove nessuno alzerà la mano nemmeno per andare in bagno (per altro difficile, con il dimezzamento delle pause). Insomma, fuori dalle fabbriche la Fiom, dentro un sindacato sconfitto che accetti sottrazioni pesanti in busta paga e nei diritti, come accade negli impianti della Chrysler. (…)» E prosegue con l’analisi delle perdite di mercato Fiat non solo in Italia, ma anche in Europa e conclude: «Se a Mirafiori la Fiat si alza bruscamente dal tavolo dicendo che «non ci sono le condizioni» per trattare, il baratto non può essere la condizione. A meno che Marchionne pensi che gli operai degli stabilimenti italiani siano come i bambini che De Rita vede nel nostro paese. Quelli “obbligati a godere di giocattoli mai chiesti”».
HAITI
ITALIA OGGI – “Il colera ad Haiti portati dai soccorritori”. Titola così il pezzo di Ettore Bianchi a pagina 13. Taglio basso. Peccato che si sapesse da tempo. La novità è che ora c’è un rapporto confidenziale del medico francese Renaud Piarroux, che il quotidiano Le Monde ha potuto visionare: «Il documento afferma che il batterio fatale proviene dal campo dei militari del Nepal appartenenti alla missione della Nazioni Unite per la stabilizzazione di Haiti».
USURA
AVVENIRE – A pagina 14 parla della nuova iniziativa di Confesercenti contro l’usura lanciata ieri al Senato. Il coordinamento tra le associazioni si chiama “Rete per la legalità” e ha come testimonial alcuni imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare il racket e continuano a vivere e lavorare nelle terre di origine. Di alcuni vengono raccontate le storie.
PROTEZIONE CIVILE
ITALIA OGGI – Pagina 41: “Terremoto, prevenzione addio”, sottotitolo, “Il 78% dei ragazzi non sa dove sono le aree di emergenza”. Sarebbero queste le rivelazioni choc di Cittadinanza attiva e Protezione civile dopo il dramma de L’Aquila. Un’indagine presentata per la VIII edizione della Giornata nazionale della sicurezza scolastica. Oltre 4.400 gli studenti coinvolti nella ricerca insieme a quasi 2.500 genitori in 18 regioni diverse e 77 province. Conclusioni: il 78% dei ragazzi non sa dove sono le aree di emergenza.
LIBERTÀ RELIGIOSA
AVVENIRE – Dedica il titolo di apertura di oggi “Cina, le mani sui vescovi” al caso del presule sequestrato da cento poliziotti e portato a Pechino tra le proteste dei fedeli. Pugno di ferro del regime alla vigilia dell’Assemblea dei cattolici nella capitale che dovrebbe eleggere i due organismi non riconosciuti dalla Santa Sede. In Iraq invece continua lo stillicidio delle persecuzioni contro i cristiani: a Bagdad massacrata una coppia di anziani che stava per fuggire al Nord.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.