Non profit

Yalla Italia cambia la faccia dell’immigrazione

Editoriale

di Giuseppe Frangi

La terza pagina dell’International Herald Tribune. La prima del più grande quotidiano di San Paolo, La Folha de Sao Paulo. Un articolo in cantiere al New York Times. Una richiesta di servizio da una troupe di Al Jazeera. Tutto questo per raccontare il fenomeno Yalla Italia, quella piccola ma entusiasta avanguardia delle seconde generazioni, che proprio sulle pagine di Vita da quasi due anni sta facendo sentire la sua voce. Che cos’ha di speciale l’esperienza di Yalla Italia? Per dirla in breve, è l’antitesi di tutti gli stereotipi. È una redazione di giovani musulmani, anzi musulmane visto che al 90% sono ragazze. È fatta da persone quasi tutte credenti, ma ognuna ha la libertà di seguire strade sue e la franchezza di rendere pubbliche le proprie scelte. Alcune portano il velo, altre no, ma non fa una gran differenza. Sono molto legate ai loro Paesi d’origine, ma si sentono italiane a pieno titolo. Quanto ai sentimenti, non mettono barriere al cuore: se è amore con un italiano, affrontano passioni e patemi delle coppie miste (ma sono più passioni che patemi).
Yalla Italia è poi carta che canta: nel senso che ogni numero porta la sorpresa di qualche punto di vista inatteso. E sempre una sincerità nello scoprire, affettuosamente, tabù e tic della propria appartenenza. Yalla rende pubblico con molta tranquillità quello che l’informazione affronta abitualmente con una sorta di patetica pruderie. Si parla di amore, se necessario anche di sesso, di fede, di politica, e, perché no, si dà spazio anche agli sfoghi di rabbia per situazioni assurde che ci si trova a vivere (non sono tutte rose e fiori…).
Yalla insomma ha la forza di essere lo specchio di un’immigrazione che nessuno, per pigrizia o per partito preso, guarda mai davvero in faccia.
Ma se tanti osservatori internazionali hanno puntato la loro attenzione sul fenomeno Yalla, la ragione è probabilmente un’altra. Ed è nella scelta di stare insieme non per esprimere una posizione comune, non per essere un soggetto pubblico che esprime prese di posizioni, ma semplicemente per raccontarsi. Ciò che unisce le ragazze di Yalla Italia è la voglia di dire e di confrontarsi, di “tirar fuori” quel che davvero si è. Il desiderio di raccontarsi è il segreto e la novità di Yalla Italia. Infatti questo è un desiderio rivelatore. Rivela innanzitutto una coscienza molto matura di quel che si è e del contesto in cui ci si trova a vivere. Ma rivela pure che questa è una coscienza carica di positività e di progettualità sul futuro. Il racconto diventa infatti un fattore trascinante di integrazione. È la vera antitesi dei teatrini mediatici con cui si tenta di tenere in piedi l’idea che l’immigrazione sia soprattutto un grande problema.
Il racconto invece rovescia l’ottica. E dimostra che l’immigrazione è innanzitutto un’opportunità per chi la vive in prima persona e che trova occasioni per costruirsi biografie degne delle proprie qualità umane. Ma è un’opportunità anche per chi la vive da testimone, da vicino di casa, da “ospitante”: perché la contaminazione porta ricchezza. Restando sulla metafora del racconto, Yalla Italia ha aperto un capitolo nuovo nella vicenda dell’immigrazione italiana.


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