Non profit
Yalla Egitto
Basta un goal per sentirsi meno immigrati. Martino Pillitteri, coordinatore di Yalla Italia racconta la sua serata in pizzeria con l'amico Nassar
Sto cenando in ristorante egiziano di Milano. Il titolare Nassar, un egiziano naturalizzato italiano che è in Italia da 30 anni, detta ai suoi camerieri egiziani ritmi serrati, esige un servizio impeccabile e non lascia mai nulla al caso. «Quando si lavora», mi ha detto, «non è ammesso fatalismo ( No Inshallah qui), panarabismo ( no politica), nè religione». Ma ieri sera, mentre il suo Egitto giocava a Johannesburg contro la sua Italia, Nassar una piccola eccezione l’ha fatta. E’ bastato un goal di Homos di testa nel primo tempo per far saltare gli schemi che Nassar impone in maniera maniacale, su modello del Milan di Sacchi, ai sui dipendenti.
Dopo il goal dei faraoni, i suoi camerieri hanno incominciato a dimenticarsi di sparecchiare i tavoli, le pietanze rimanevano sul bancone, e qualche pizza è anche bruciata nel forno a legna. Ma ieri sera Nassar ha chiuso un occhio e si è lascito andare a un normale sentimentalismo tipico degli egiziani. Anche chi è naturalizzato italiano e non torna nel paese dove è nato da tanti anni, non scorda le proprie radici e non riesce a non commuoversi ripensando al proprio passato. E per una sera, i suoi camerieri si sono anche dimenticati delle difficoltà che incontrano qui in Italia e hanno fatto della vittoria della loro nazionale buon viso alla cattiva sorte auspicata da certi politici italiani: «Speriamo che ora non ci vietino di festeggiare!» ha detto Ahmed suscitando una risata tra i clienti italiani che gli hanno anche dato una mancia extra.
Già i festeggiamenti. «E’ stato strano veder battuta la mia nazionale di appartenenza dalla mia nazionale di origine» ha detto Akram, un italiano-egiziano di seconda generazione, uno dei pochi maschi che gioca e scrive nella squadra di Yalla Italia, il nostro mensile delle seconde generazioni. «Soprattutto è stato strano veder trasformato il centro di Sento San Giovanni. Sembrava una piazza del Cairo. C’erano tantissimi egiziani con bandiere che cantavano l’inno egiziano e urlavano Tahya,Yalla Masr ( Forza, dai Egitto). Ogni tanto dalle finestre adiacenti sentivo anche qualche italiano che rilanciava con un: tornate a casa vostra. Si tra mezzora salgo sù, la mia casa è dietro l’angolo, è stata la risposta».
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