Non profit
Wwf: Pesci e pescatori, due specie a rischio
Il Wwf presentando il dossier pesca lancia l'allarme sull'impatto ambientale dei fondi comunitari sulla pesca in Italia
di Redazione
Pesci e pescatori, due specie a rischio se un terzo dei fondi europei non seguono regole di sostenibilità. E’ questo il grido d’allarme lanciato dal Wwf che, per la Campagna pesca ha trovato anche un testimonial d’eccezione: Enzo Maiorca.
E’ allarme pesca nei mari italiani. Un terzo dei finanziamenti europei utilizzati fino ad oggi per ammodernare o costruire nuove barche vanno dirottati verso metodi di pesca e strumenti piu sostenibili, altrimenti tra dieci anni le nostre reti saranno drammaticamente vuote con gravi ripercussioni per l’industria ittica, al sesto posto in Europa, e per l’ambiente: questo l’allarme del Wwf in occasione del lancio a Roma della Campagna Europea “Pesci e pescatori: due specie a rischio”.
Il 2002 e un anno cruciale: entro dicembre l’Europa dovrà rivedere la sua Politica Comunitaria sulla Pesca e riformare l’intero settore. “L’Italia e uno dei cinque paesi contrari a questa riforma, insieme a Francia, Spagna, Portogallo e Irlanda – ha dichiarato Fulco Pratesi, presidente Wwf Italia – per questo abbiamo chiesto al ministro Giovanni Alemanno di appoggiare una riforma sostenibile e responsabile di questo settore che da sempre ha costituito un valido contributo all’economia e all’occupazione”.
La stessa richiesta indirizzata al ministro potranno inviarla tutti gli italiani grazie alla Campagna Pesca presente sul sito www.wwf.it: è importante far sentire adesso la propria voce anche come consumatori che rischiano di non vedere piu nel proprio piatto pesci una volta comuni come merluzzi, triglie, acciughe, sardine, razze. Il Wwf sta promuovendo questa azione in tutta Europa nei confronti dei 15 ministri competenti.
Nel corso della conferenza stampa e stato presentato anche il primo
Dossier sulla Pesca in Italia con unanalisi dell’impatto ambientale dei sussidi comunitari (350 milioni di Euro in 6 anni). Il documento indica le “voci di spesa” che il Governo deve eliminare, fino a oggi finanziate attraverso sussidi perversi, e le regole da seguire per aiutare concretamente questo settore. Per salvare pesci e pescatori il Wwf ha anche proposto un Decalogo per la Pesca, che sarà sottoposto all’attenzione del governo e delle associazioni di categoria: tra le misure suggerite la creazione di distretti di pesca in tutte le regioni italiane, l’istituzione di zone di protezione e di ripopolamento, l’installazione obbligatoria delle “Blue Box” (rilevatori di posizione satellitari) su tutti i pescherecci al di sopra sei dodici metri, la creazione di marchi di qualità e la valutazione di sostenibilità complessiva e dettagliata della spesa pubblica del settore.
Come Ambasciatore della campagna Pesca del Wwf, Enzo Maiorca ha testimoniato, attraverso il racconto delle sue immersioni, il drammatico impoverimento dei nostri mari sostenendo la necessità di cambiare radicalmente l’impostazione degli aiuti alla pesca e fare in modo che questa attivita sia realmente sostenibile per l’ambiente.
La crisi profonda del settore della pesca ha, infatti, investito tutti i paesi europei dove, nonostante 1,1 miliardi di euro erogati in 10 anni di sussidi, si sono persi oltre 60mila posti di lavoro. Questa politica ha fallito impoverendo il mare e mettendo a rischio anche i 53mila pescatori italiani.
Come segnale di crisi c’e anche il fatto che oltre la meta dei consumi interni di pesce (ogni italiano mangia 22 chili di prodotto all’anno) dipende dal prodotto importato. Il rapporto del Wwf dimostra che dal 1994 al ’99 sono stati spesi circa 100 milioni di euro per aumentare, anziche diminuire, lo sforzo di pesca della nostra flotta e la stessa tendenza si e mantenuta nelle successive ripartizioni dei contributi comunitari effettuate dal governo. La tutela dei posti di lavoro è stata usata spesso come scusa per non affrontare il problema della sovracapacità dell’intera flotta europea e ogni anno la capacità di pesca delle moderne imbarcazioni cresce del 7% . A bordo vengono installate tecnologie sofisticatissime nate per le applicazioni militari come sistemi di navigazione satellitari, mappature col sonar, ecoscandagli con cartografie a colori per identificare i banchi di pesce.
Lo sforzo supera ormai la capacita produttiva del mare ed e già allarme per molte specie: ad esempio, merluzzo, acciughe, sardine si stanno riducendo ai limiti del collasso e rischiamo, nei prossimi 10 anni, di non vederle piu sui nostri piatti. Anche la taglia del pescato si e ridotta drammaticamente e aumentano i numeri dello spreco: nel Tirreno settentrionale vengono scartati e buttati in mare il 34% dei naselli e il 39% dei merluzzetti.
“Dopo aver “raschiato il fondo” dei nostri mari una parte della flotta italiana utilizza i sussidi anche per “esportare” la pesca nelle zone del Mediterraneo ancora vitali: con la cancellazione delle barche dai registri di pesca di un paese e il rientro in quelli di altri o con la costituzione delle cosidette societa miste di impresa (uno dei tanti capitoli di spesa classificati dal Wwf come negativi) che consentono joint venture in paesi come Tunisia, Malta, Croazia ed Algeria – dichiara Paolo Guglielmi,
Responsabile Unità Mari e Coste del Wwf Mediterraneo – La lotta all’ultimo pesce potra terminare solo con una profonda trasformazione del settore, reindirizzando i “finanziamenti perversi”, per esempio, verso la pesca artigianale (80% della flotta italiana) dove c’è maggiore densita di posti di lavoro nonostante la bassissima concentrazione di capitali. Analizzando i Sussidi europei abbiamo scoperto che per adeguare la capacita di cattura alle risorse esistenti gli amministratori rischiano di penalizzare proprio la piccola pesca: i metodi usati sono stati messi assurdamente sullo stesso livello di impatto del piccolo strascico costiero, una scelta gravissima che il Wwf chiede di verificare proprio con le associazioni di categoria”.
Questo il decalogo dei provvedimenti che il Wwf sottoporrà all’attenzione de governo e delle associazioni di categoria:
1. Costituire un piano governativo che incentivi proprio la piccola pesca o altri settori a minore impatto. Ridurre, cioè, i grandi pescherecci a strascico, cianciolo, volante, etc. e favorire pratiche più artigianali, tradizionali e selettive come quelle con attrezzi da pesca passivi;
2. Introdurre regole in merito all’erogazione dei Fondi strutturali che obblighino il proponente a dimostrare l’effettivo impatto ambientale delle attività beneficiarie del finanziamento, attraverso tabelle di linee guida;
3. Diffondere le informazioni a tutti i livelli sulla disponibilità delle risorse finanziarie esistenti volte a migliorare la qualità ambientale e la sostenibilità del settore, soprattutto nelle regioni del meridione;
4. Effettuare una valutazione di sostenibilità complessiva e dettagliata della spesa pubblica del settore per sostenere anche in consessi internazionali (Wto) la legittimità di finanziamenti alla pesca. Tale valutazione potrebbe essere effettuata con un dibattito aperto a tutte le parti interessate nella commissione sostenibilità deputata all?individuazione di indicatori;
5. Promuovere la creazione di Marchi di qualità ambientale del pesce insieme alle associazioni (come il Marine Stewardship Council promosso da Wwf e Unilever già attivo in Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito) da assegnare ai pescatori che utilizzano metodi non distruttivi e sostenibili;
6. Incentivare la creazione dei Distretti di pesca in tutte le regioni italiane (la Toscana ha recentemente proposto una legge regionale ad hoc), limitando così l’attività ai soli pescatori residenti che avranno più interesse ad applicare metodi sostenibili;
7. Istituire zone di protezione e di ripopolamento. In uno studio applicato a tutte le riserve marine del mondo il Wwf ha rilevato che nelle aree protette bastano pochi anni per raddoppiare il valore economico dell’area (in termini di biomasssa pescabile complessiva), con grandi vantaggi sia per i pescatori che per l’ambiente;
8. Effettivo controllo delle misure istiuite, soprattutto nelle zone di protezione o di ripopolamento, estendendo l’obbligo di installazione della ?BlueBox? (un rilevatore di posizione in tempo reale tramite l?uso del satellite) su tutte le imbarcazioni da pesca almeno al di sopra dei 12 metri; attualmente la legge italiana lo prevede solo sulle barche di oltre 24 metri (una percentuale bassissima della flotta italiana);
9. Accelerare con l’aiuto delle associazioni di categoria una gestione sostenibile e controllata della pesca non professionale (sportiva) che sembra avere un impatto sempre più negativo soprattutto sulle grandi specie pelagiche come Tonno e Pesce spada;
10. Effettuare una Valutazione di Impatto Ambientale per i “poli” dove si concentrano le attività di acquacoltura
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