Politica

WWF, con l’ultima legislatura abbiamo perso 5 anni per clima e ambiente

Il WWF traccia un bilancio delle legislature che si sono alternati dal 2018 ad oggi: «Nessun passo avanti è stato fatto sulle questioni cruciali ambientali ed energetiche. Anzi, registriamo alcuni passi indietro»

di Redazione

La crisi climatica è globale e su questa si è innestata la la pandemia, una situazione economica emergenziale e da alcuni mesi la guerra russa in Ucraina. Ma i governi formatisi dopo le elezioni del 2018, rispetto alle questioni ambientali cruciali, sostanzialmente sono ferme al punto di partenza con alcune situazioni persino peggiorate, secondo l'analisi dell'associazione ambientalista WWF. Una serie di dati oggettivi testimonia come, pur essendovi evidenti responsabilità anche da parte di altre istituzioni (prime fra tutte le Regioni) e del mondo imprenditoriale, lo Stato è apparso debole se non assente sia nelle politiche d’indirizzo sia nelle azioni di monitoraggio e controllo: la cosa più grave è la mancanza di una visione in grado di porre solide basi per una transizione ecologica ormai non più rinviabile.

Secondo il neo presidente del WWF Italia, Luciano Di Tizio, «Si sono persi 5 anni preziosi in una situazione che avrebbe richiesto un agire deciso e continuo, a causa dei cambiamenti climatici in atto e della continua, progressiva perdita di biodiversità: al di là delle tante dichiarazioni fatte, la legislatura non ha contribuito a invertire nessuno dei trend negativi in campo ambientale: L’unico risultato importante ottenuto è l’inserimento della tutela dell’ambiente nella Costituzione con la modifica degli articoli 9 e 41. Una affermazione di principio importante che, tuttavia nella legislatura uscente non ha avuto la concreta applicazione che le emergenze che viviamo avrebbero richiesto. Ci aspettiamo dal prossimo Parlamento e dal prossimo Governo un deciso e urgente cambio di passo, nell’interesse della collettività dei cittadini, nei fatti e non soltanto nelle promesse e negli impegni».


WWF, tra bilancio e prospettive a tinte fosche

L'associazione del Panda fa uno sconsolato elenco del non fatto per alcuni dei principali temi ambientali: energie rinnovabili, consumo di suolo, Parchi nazionali e aree marine protette, deregulation venatoria, gestione dell’acqua, riduzione e prevenzione dei rifiuti e ridefinizione green del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il WWF inoltre da un pessimo giudizio sull’operato del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che ha già avuto l’endorsment di Matteo Salvini per una possibile riconferma al ministero in caso di vittoria della destra-centro.

Preoccupa la situazione gestionale del passato ministero dell’Ambiente, oggi Ministero della Transizione Ecologica – dice il WWF – Avviata una modifica dell’organizzazione interna, poi rivista dal suo successore Cingolani, l’allora Ministro Costa ha rinunciato alla stabilizzazione del personale che già da anni operava all’interno del Ministero, avviando un concorso pubblico per 251 posti di funzionari per 8 distinte categorie che, dopo la partecipazione di migliaia di candidati a test ed esami di selezione, ha portato all’assunzione di sole 96 persone non risolvendo minimamente la carenza di organico cui si doveva rimediare, né superando la necessità di dover ricorrere a personale esterno. Ma le maggiori preoccupazioni vengono dall’attuazione concreta del Ministero della Transizione Ecologica che ha sostituito, allargandone le competenze, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Questa trasformazione, richiesta dal Wwf Italia assieme a Greenpeace e Legambiente all’allora Presidente incaricato Mario Draghi in sede di consultazioni preliminari alla formazione del Governo, non ha fatto compiere all’Italia quel salto di qualità che ci si aspettava nel campo delle scelte ambientali. Le politiche di conservazione della natura, già molto deboli, sono quasi scomparse dalla lista delle priorità a vantaggio di altri ambiti che, anziché affiancarsi all’azione di tutela, l’hanno sovrastata in termini di investimento. L’assorbimento del Dipartimento sull’Energia dal Ministero per lo Sviluppo Economico non è stato adeguatamente bilanciato, tanto più che il Ministro, in relazione al cambiamento climatico, nonostante competenze innegabili sul piano tecnico, ha messo in secondo piano le politiche territoriali proprie dei principi di adattamento e resilienza. Nella gestione del ministro Cingolani più che il ministero della Transizione ecologica abbiamo avuto il “ministero della Transizione Tecnologica” che ha perso di vista uno degli aspetti centrali della transizione ecologica, ossia il limite delle risorse naturali. In questo quadro il fatto che l’aggiornamento del rapporto sul capitale naturale del Paese non sia stato pubblicato, pur essendo stato predisposto con dati preoccupanti sulla perdita di biodiversità, è certamente indicativo.

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