Sostenibilità
WWF con i governatori contro la corsa all’oro nero in mare
Per l'associazione ambientalista è incredibile la raffica di 13 pareri positivi di Via per i progetti di ricerca di idrocarburi nei mari italiani.
Incredibile. Questo il termine scelto dal WWF davanti alla raffica di 13 pareri positivi di Via (Valutazione di impatto ambientale) a progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani di quest’anno. Per l’associazione ambientalista, è appunto «incredibile che il Governo pensi di fondare la propria politica energetica ed economica sullo sfruttamento dei pozzi di petrolio nei nostri mari dall’Adriatico al Canale di Sicilia o aumentando le servitù in regioni come la Basilicata».
Insomma, si chiede il WWF, per il governo la corsa all’oro nero è l’unica scelta?
«Di fronte a scelte che ripropongono la corsa all’oro nero di 200 anni fa e nell’assenza di un Piano d’azione nazionale per la decarbonizzazione che punti alle energie rinnovabili garantendo un futuro all’Italia, appare pienamente giustificato che già in questa fase dilaghi la protesta di amministratori pubblici e cittadini a tutela delle risorse ambientali costiere e marine e dei settori della pesca e del turismo, iniziata nel 2014 con l’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale dell’articolo 38 del decreti legge Sblocca Italia da parte di 7 Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto)» dichiara il WWF secondo cui il governo va in direzione ostinata e contraria agli orientamenti prevalenti dell’opinione pubblica, alle prese di posizione di Governatori e sindaci che chiedono di costruire il futuro del nostro Paese puntando sulle energie rinnovabili e sulla decarbonizzazione dell’economia.
Significativo per il WWF che il neo-Governatore della Puglia Michele Emiliano confermi in questi giorni la decisione presa dalla giunta del suo predecessore Niki Vendola di impugnare l’articolo 38 del decreto Sblocca Italia e che chieda al Governo nazionale di «andare verso un modello energetico diverso, non fondato sui combustibili fossili»
Dati alla mano il WWF contesta la strategicità nazionale delle attività di prospezione, ricerca e coltivazioni di idrocarburi e le motivazioni emergenziali del decreto Sblocca Italia in assenza di alcuna valutazione organica sugli impatti ambientali, sociali ed economici a livello territoriale di ciascuna opera, come ha scritto in una Memoria integrativa presentata alla Corte Costituzionale, in appoggio all’azione delle Regioni contro il Governo in carica. Anzi, l’associazione ricorda le valutazioni dello stesso ministero dello sviluppo economico (RA 2013 DGRME-UNMIG), il quale rileva come nei fondali marini del nostro Paese ci sarebbero circa dieci milioni di tonnellate di riserve di petrolio certe che coprirebbero al massimo il fabbisogno nazionale di idrocarburi per otto settimane.
Il WWF Italia è contrario al depotenziamento ulteriore della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale previsto dalle procedure accelerate dello Sblocca Italia, considerato che già ora prevalgono i pareri positivi a raffica corredati da una serie infinita di prescrizioni, che cercano così di risolvere a posteriori (una volta data l’autorizzazione) le numerose lacune degli studi condotti dai proponenti.
Il WWF ricorda che l’uso, nella primissima fase di prospezione in mare degli idrocarburi, degli airgun può arrecare gravi danni alla biodiversità dei nostri mari. Elevati – si sottolinea – sono i pericoli per i pesci, ma soprattutto per i cetacei, legati all’uso degli airgun che provocano esplosioni di onde acustiche di forte potenza, obbligando le specie marine a risalite repentine con il rischio di emboli mortali, come confermato anche da Ispra (2012), l’istituto di ricerca del ministero dell’Ambiente, dalle ricerche di Gianni Pavan, docente di bioacustica all’Università di Pavia.
Se poi i permessi di prospezione e di ricerca si trasformeranno in attività di estrazione sarebbe messo a rischio l’intero Mare Mediterraneo, con la sua eccezionale ricchezza di biodiversità, già solo come attività di routine con gli sversamenti accidentali e non, di fanghi perforanti e petrolio legati alle attività di perforazione e coltivazione, e al normale deterioramento delle condotte. Un incidente poi, anche ben più piccolo della Piattaforma Deepwater Horizon del giugno 2010 nel Golfo del Messico (foto in basso), sarebbe devastante.
Foto in apertura NICOLAS ASFOURI/AFP/Getty Images
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