Non profit

Wto, tutti contro tutti

A Ginevra i 35 paesi riuniti non sono ancora riusciti a trovare un’intesa sull’adozione di nuove regole commerciali internazionali indispensabili per riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud del mondo.

di Joshua Massarenti

Dopo Doha (2001), Cancùn (2003), Postdam (2007), l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) rischia di fallire il suo ennesimo appuntamento con la storia. Riuniti a Ginevra dal 21 luglio scorso, i ministri del Commercio di 35 paesi presso la sede del Wto non sono ancora riusciti a trovare un’intesa sull’adozione di nuove regole commerciali internazionali indispensabili per riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud del mondo. Nonostante trattative estenuanti prolungate, i protagonisti principali della kermesse ginevrina – Stati Uniti, Australia, Unione europea, Giappone, Brasile, Cina e India – continuano ad opporsi su tutto. I paesi emergenti chiedono con insistenza a Washington e Bruxelles di aprire i loro mercati ai prodotti provenienti dal Sud del mondo e di porre un freno alle politiche di sovvenzioni agricole concesse agli agricoltori nordamericani ed europei, e che tanto danneggiano le nazioni più povere. Ma gli occidentali sono pronti a fare concessioni soltanto se Brasile, Cina e India si impegnano a ridurre i dazi doganali che frenano la penetrazione dei loro prodotti industriali nei mercati del Sud del mondo.

Ma la partita non si gioca soltanto tra Nord e Sud del mondo. I negoziati del Wto sono infatti da sempre condizionati dalla diffidenza che contraddistingue i rapporti tra Stati Uniti e Ue. Nel mese scorso, lo scoglio agricolo sembrava superato dopo che i paesi europei avevano accettato di ridurre del 54% i diritti doganali sulle loro importazioni, mentre l’amministrazione Bush si era disponibile a riportare le loro sovvenzioni agricole da 20 a 13-16 miliardi di dollari all’anno. Purtroppo, poco prima del Summit di Ginevra, il Congresso americano ha bocciato con una larga maggioranza la proposta della Casa bianca. Sul versante europeo, uno scontro durissimo sta opponendo il presidente francese, Nicolas Sarkozy, feroce difensore di un mondo agricolo che continua a pesare sul Pil della Francia, e il commissario europeo al Commercio, Peter Mandelson, noto per la sua disponibilità a sacrificare l’agricoltura a favore dell’industria e del terziario. Nella stessa logica, Brasile, India e Sudafrica non accettano l’idea di dover sopprimere barriere doganali che li proteggono dai prodotti industriali cinesi (e occidentali).

Di fronte all’impasse, il direttore generale del Wto, Pascal Lamy, ha nuovamente ricordato ai ministri presenti a Ginevra sull’urgenza di trovare un accordo. In caso di fallimento, le elezioni americane del novembre prossimo rischiano infatti di rimandare alla fine del 2009 l’organizzazione di un nuovo Vertice. Purtroppo, l’attuale crisi economica, associata all’esplosione dei prezzi dei cereali, costringe i membri dell’Organizzazione mondiale del commercio a una corsa disperata contro il tempo. In ballo, è il destino di una pianeta nei confronti del quale nel 2001, a Doha, il Wto si era impegnato a salvare dal terrorismo e dalla povertà instaurando logiche commerciali più eque.

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