Formazione

WTO: a Hong Kong un piccolo accordo

Un accordo minimo, come era nelle previsioni, ma pur sempre un accordo. Penalizzati ancora i Paesi poveri mentre la società civile tira un primo bilancio dell'evento

di Paul Ricard

Un accordo minimo, come era nelle previsioni, ma pur sempre un accordo. Hong Kong non chiude soltano con una settantina di feriti e centinaia di arresti per gli scontri di ieri, ma anche con un documento dell assemblea della Wto che segna passi avanti nel round per lo sviluppo. Neanche la rampante citta cinese si e potuta pero sottrarre alla liturgia di ogni ministeriale dell Organizzazione mondiale del commercio. Liturgia di contestazioni e proteste dei no global, ma anche di trattative sempre sull’orlo del fallimento, di rinvii, marce indietro, accuse e rilanci. Cosi’, per arrivare all’intesa sul taglio dei sussidi agricoli all export, su quello delle tariffe industriali e sulla liberalizzazione dei servizi (perche’ soltanto questi sono gli avanzamenti realizzati nel commercio mondiale) si e’ atteso l’ultimo minuto, e anche oltre, rinviando di ora in ora l’assemblea finale, che si e’ tenuta con oltre cinque ore di ritardo. E che ha registrato anche un’insolita richiesta dal Venezuela che, pur senza porre il veto sul testo, ha pero’ voluto fossero messe a verbale le sue riserve sui prodotti industriali, i servizi e parte del negoziato agricolo. Ma a drammatizzare l’ultimo giorno del vertice e’ stata in realta’ la Francia, che ha chiesto al negoziatore europeo, il commissario Ue Peter Mandelson, di indicare come termine per la cancellazione dei sussidi agricoli all export non la fine 2010 una delle opzioni della bozza di intesa preparata dal direttore generale della Wto, Pascal Lamy ma il 2013, data in cui scade anche il bilancio comunitario. Questo perche’ fissare il 2010 come termine per la fine dei sussidi all’esportazione obbligherebbe i Paesi europei a rivedere la politica agricola comune gia’ nei prossimi anni, come richiesto dalla Gran Bretagna. Se la data venisse invece fissata al 2013, si avrebbe la possibilita’ di discutere questa spinosa questione (l’agricoltura assorbe il 40 per cento del bilancio Ue) unicamente in vista della successiva approvazione del budget di spesa 2013- 2019, con un potenziale notevole allungamento dei tempi della sua effettiva realizzazione. La richiesta europea ha in un primo tempo irritato il Brasile e i G20: passi che il mio Paese abbia dovuto cambiare e a volte stravolgere le proprie leggi per adattarsi alle richieste della Wto ha detto il ministro degli Esteri, Celso Amorin – ma che le sue politiche e quelle degli altri Paesi del Sud debbano essere condizionate dalle scelte di bilancio decise a Bruxelles e del tutto inaccettabile. Ma poi la critica e’ rientrata. E cosi’ l’aver rilanciato la posta, oltre a far temere un nuovo fallimento del vertice, ha consentito invece all’Unione europea di ottenere ancora qualcosa sul fronte della tutela delle indicazioni geografiche (per le quali il testo ricorda che non c’e’ accordo, indicando pero’ il 31 luglio 2006 come appuntamento per una verifica) e su quello del calo delle tariffe industriali (dove e’ possibile che i tagli vengano commisurati alla reale forza economica dei Paesi produttori, e non a una generica divisione tra Paesi ricchi o in via di sviluppo). Dal punto di vista europeo viene ritenuto un successo anche l’aver ”scongelato” il dossier servizi, con la riproposizione degli approcci plurilaterali (la possibilita di avanzare domanda e offerte per la loro liberalizzazione). Ma il rialzo ha favorito soprattutto la Francia, che e’ riuscita ad ottenere un ”ammorbidimento” della cancellazione dei sussidi all’export agricolo, che dovra’ si’ terminare entro il 2013, ma il cui taglio sostanziale e’ previsto avvenga negli ultimi anni, ”dopo la prima meta’ recita il testo – della fase di implementazione dell’accordo . Possono cantar vittoria anche gli Stati Uniti, che si lanceranno a capofitto nei nuovi business aperti dalla liberalizzazione dei servizi, che usufruiscono anch’essi di un allungamento del termine per l’eliminazioni ai sussidi all’export, e non cedono nulla sui sussidi interni alla produzione del cotone o sui dazi zero per i 50 Paesi meno avanzati. Ma si dicono tutto sommato soddisfatti anche i G20, con l’India, che parla di ”inizio della fine della perpetuazione dell’iniquita”’, e il Brasile che giudica il rsultato ”modesto ma non insignificante”. ”Abbiamo una data formale che da’ una certa credibilita’ alla fine dei sussidi all’export”, ha detto Amorin. Alla fin fine, quindi, a perdere sono i Paesi poveri, ma quelli veri. Quelli dell’Africa occidentale che vivono, ma non sopravvivono, di cotone, a causa dei quattro miliardi di dollari che Washington concede ogni anno ai propri agricoltori. E quei 50 chiamati eufemisticamente ”meno avanzati”, dove si vive con meno di un dollaro al giorno. Il tentativo europeo di far valere a livello multilaterale l’accordo preso unilateralmente dalla Ue nel 2001 che prevede dazi zero all’importazione dei loro prodotti e’ andato a vuoto. Le prime reazione dalla società civile Ci sono ancora 500 persone trattenuti in carcere a Hong Kong, tra coreani ed europei, quando sono state scarcerate nelle prime ore della mattinata tutte le donne coreane fermate nelle ore concitate dopo l’assedio al vertice del movimento contadino. Ci sono 1100 biglietti aerei che ieri sono rimasti inutilizzati per il protrarsi della detenzione, soldi da trovare per organizzare permanenze e nuove partenze, un lavoro legale importante da fare cui si sta per unire anche la diplomazia coreana, in volo per Hong Kong proprio in queste ore. Ma soprattutto, dopo la settimana di vertice e controvertice rispetto ai negoziati della Wto c’e’ una nuova fase negoziale gia’ alacre fin dalle prime ore, che si suppone sara’ a tappe forzate e strettamente concentrata a Ginevra, quindi molto difficile da seguire e da condizionare. Movimenti sociali, ong e societa’ civile internazionale, il giorno dopo, sembrano delusi ma non vinti. I grandi protagonisti dell’analisi economica e sociale altermondialista convocano riunioni e strategic meeting insieme alle reti e alle campagne internazionale per capire come far cambiare rotta al treno delle liberalizzazioni e del del mercato che a loro sembra, oggi, autoreferenziale e senza alcun contatto con le preoccupazioni della maggioranza degli abitanti del mondo che non riesce a far altro che guardarlo. ”Per i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico questa prospettiva equivale a un disastro economico e commerciale – commenta Tetteh Hormeku di Africa Trade Network -. Se i nostri Paesi non saranno piu’ liberi di scegliere che cosa provatizzare, che cosa liberalizzare, e che cosa decidere di proteggere, a che cosa serviranno ancora i nostri Governi? A organizzare buoni affari per gli investitori stranieri in visita?”. ”Questo testo e’ un biglietto verso il disastro – denuncia Walden Bello di Focus on the Global South, tra le piu’ grandi ong del Sud – io non credo che saranno molti i Paesi in via di sviluppo che riusciranno a convincere i propri cittadini a casa di aver fatto un buon lavoro. L’intenzione della conferenza stampa finale di ieri di India e Brasile era quella di complimentarsi l’un l’altro di aver acconsentito a un disastro”, conclude l’economista. John Hillary, dell’associazione inglese War on Want si dice oggi sollevato del fatto ”che finalmente Unione Europea e Stati Uniti abbiano gettato la maschera e non pretendano piu’ che questo sia un Round negoziale per lo sviluppo. Hanno imposto a forza la loro agenda aggressiva, sono uomini d’affari, non politici. Per loro i diritti delle persone non contano”. Anche la Global Call Against Poverty di Bob Geldof, dopo aver dato un ultimatum di 24 ore al commissario UE Peter Mandelson per togliersi il braccialetto bianco di lotta alla poverta’ accusa, per bocca del portavoce Kumi Naidoo ” i Governi dei Paesi piu’ ricchi di aver tradito i piu’ poveri del mondo. Invece di ridurre le colossali ingiustizie che permangono nel commercio globale, i Paesi ricchi hanno svenduto i mezzi di sussistenza di milioni di donne, uomini e bambini poveri del mondo”. Anche la Cisl Internazionale, insieme a Solidar denuncia il ”De’ja’ vu di uno sviluppo npossibile ancora tradito in sede Wto”. Guy Ryder, il segretario generale di ICFTU che rappresenta 145 milioni di lavoratori in tutto il mondo denuncia che ”i membri della Wto sembrano determinati nel renderla sempre meno popolare di quanto sia mai stata. Nonostante i loro cittadini li invitassero a una maggiore giustizia nel commercio, e malgrado la recente crisi del settore tessile, i Paesi industrializzati hanno manipolato l’accordo a proprio piacere senza volersi occupare di rispettare il diritto di tutti ad un lavoro dignitoso. Ma non e’ finita qui”, annuncia Ryder. La partita, dunque, si sposta a Ginevra, e le ong con terminali nella citta’ svizzera hanno gia’ offerto supporto e la propria esperienza perche’ il confronto continui. E la strategia ”dentro-fuori”, con la convocazione e la diffusione di azioni e documenti all’interno e all’esterno del vertice, che ha caratterizzato in questi giorni la solidarieta’ tra organizzazioni e movimenti, sembra sara’ quella che accompagnera’ il monitoraggio dei lavori della Wto e dei Parlamenti coinvolti nel negoziato fin dalle prossime settimane. Nessuna cartellina e nessuna scrivania di nessun negoziatore potra’ dirsi piu’ al sicuro, promettono gli attivisti.


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