Mondo
World Humanitarian Day, aumentano le persone coinvolte da crisi umanitarie
Si celebra oggi la Giornata mondiale del lavoro umanitario, una giornata dedicata al riconoscimento dell’impegno degli operatori umanitari nel mondo e un tributo a coloro che hanno perso la vita durante il proprio lavoro. Secondo l’Onu, nel 2014 sono state almeno 76 milioni le persone coinvolte in crisi umanitarie, conflitti o disastri, i cui bisogni sono stati intercettati dagli interventi delle agenzie.
La data del World Humanitarian Day è stata scelta dalle Nazioni Unite per ricordare il 19 agosto 2003, il giorno in cui il rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu Sergio Vieira de Mello e altri 21 funzionari sono rimasti uccisi nel bombardamento degli uffici dell’Onu a Baghdad, in Iraq.
Secondo i dati dell’agenzia Unocha, l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, che ogni anno a dicembre pubblica il rapporto sui dati e i trend del lavoro umanitario, l’impegno delle agenzie e delle ong verso i paesi che hanno subito crisi umanitarie è aumentato nel 2014, anche se i dati disponibili riguardano solo la prima parte dell’anno: in termini di fondi richiesti sono stati raggiunti i 17 miliardi di dollari, mentre le persone intercettate dagli appelli inter-agenzia dell’Onu sono 76 milioni.
Nel 2014 il numero di rifugiati ha raggiunto il numero record di 19,5 milioni di persone (più 16,77% rispetto al 2013), mentre erano almeno 38,2 milioni gli sfollati interni al proprio paese e i richiedenti asilo 1,8 milioni. L’Unhcr stima che ogni giorno 42mila persone sono costrette a lasciare le proprie case per sfuggire a violenze e a conflitti.
Questo si deve anche al fatto che lo scorso anno il numero di conflitti è aumentato rispetto al 2013: secondo l’istituto Heidelberg per la ricerca sui conflitti internazionali, ci sono stati 424 conflitti a livello globale. Di questi, 223 hanno visto l’uso di violenza. I conflitti altamente violenti sono stati 46, di cui 25 classificati come “guerre” e 21 come “guerre limitate”. Per la terminologia usata dall’istituto le guerre “limitate” sono quelle in cui le vittime sono meno di 1080 o ci sono meno di 360mila rifugiati. Nel 2014 alcuni conflitti regionali o interni agli stati sono diventati “guerre” come la crisi in Libia, in Iraq e il conflitto israelo-palestinese del luglio scorso.
Una diretta conseguenza di conflitti è l’aumento dei rifugiati e delle persone costrette a fuggire per persecuzioni, violenza e violazione dei diritti umani dal Medio Oriente, da cui arrivano più migranti che dai paesi africani, e quindi più da paesi a medio reddito che da paesi a basso reddito. Questo significa un cambiamento negli interventi e nelle risposte da parte delle organizzazioni umanitarie, in cui la Turchia (che ospita quasi 1,8 milioni di profughi siriani) e i paesi donatori del Golfo hanno un ruolo centrale. In risposta alla crescente e mutevole natura dei bisogni delle persone coinvolte dalla crisi, per il secondo anno consecutivo l’assistenza umanitaria ha raggiunto livelli record: 24,5 miliardi di dollari stanziati, più di un quinto rispetto al 2013 (dati Global Humanitarian Assistance).
Nella mappa, le aree più scure sono quelle che nel 2014 hanno ricevuto più fondi dalle agenzie collegate all’Unocha: la Siria è prima con 2,1 miliardi di dollari, segue il Sud Sudan, 1,8 miliardi, l'Iraq con 1,4 miliardi, la Liberia con 1,1 miliardi e il Libano, 1 miliardo di dollari. Tra i primi dieci anche la Sierra Leone, con 653 milioni di dollari stanziati,altro paese colpito da una delle crisi umanitarie più gravi del 2014 di natura non politica: l'epidemia del virus ebola, esplosa nel febbraio scorso, in cui sono rimaste uccise più di undicimila persone.
La dimensione dei punti rossi rappresenta invece il punteggio dell’indice di rischio di crisi umanitarie e disastri stimato dal comitato Inter-Agency Standing dell’Unione europea. La correlazione tra rischio e fondi stanziati non è sempre univoca, come fa notare un’indagine dell’Onu: paesi con punteggio di rischio tra 0 e 6 a volte ricevono lo stesso ammontare di fondi, mentre ci sono paesi con rischio tra 2 e 7 che hanno ottenuto più finanziamenti di chi ha un punteggio superiore a 8.
Non solo numeri: la campagna #sharehumanity
Per celebrare il settimo World Humanitarian Day le nazioni Unite hanno lanciato una campagna sui social network per diffondere le storie delle persone che ogni giorno rischiano la vita per lavorare durante crisi ed emergenze. Sul sito della campagna si può aderire “regalando” il proprio profilo Facebook e Twitter per un giorno, accettando di convididere foto e link di progetti umanitari attraverso l’hashtag #shareumanity, che conta già 48mila tweet.
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