Cultura

Wojtyla: l’amore è la sola forza che può condurre alla pace

E' un inno all'amore il messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XXXVIII Giornata Mondiale della Pace, che verra' celebrata il prossimo 1 gennaio

di Paolo Manzo

”L’amore è l’unica forza capace di condurre alla perfezione personale e sociale, l’unico dinamismo in grado di far avanzare la storia verso il bene e la pace”. E’ un inno all’amore il messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XXXVIII Giornata Mondiale della Pace, che verra’ celebrata il prossimo 1 gennaio. Il pontefice spiega che ”nessun uomo, nessuna donna di buona volontà puo’ sottrarsi all’impegno di lottare per vincere con il bene il male. E’ una lotta -ribadisce il Papa- che si combatte validamente soltanto con le armi dell’amore. Quando il bene vince il male, regna l’amore e dove regna l’amore regna la pace”. Il pontefice ha quindi specificato che ”cio’ è vero anche in ambito sociale e politico. A questo proposito -spiega- il Papa Leone XIII scriveva che quanti hanno il dovere di provvedere al bene della pace nelle relazioni tra i popoli devono alimentare in se’ e accendere negli altri la carità, signora e regina di tutte le virtu”’. Giovanni Paolo II ha quindi aggiunto che ”è in virtu’ della vita nuova di cui Egli ci ha fatto dono che possiamo riconoscerci fratelli, a di la’ di ogni differenza di lingua, di nazionalità, di cultura”. ”Di fronte ai drammatici scenari di violenti scontri fratricidi, in atto in varie parti del mondo, dinanzi alle inenarrabili sofferenze ed ingiustizie che ne scaturiscono, l’unica scelta veramente costruttiva è di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al bene, come suggerisce San Paolo”. Per il suo messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2005, Giovanni Paolo II ha scelto come tema di riflessione un versetto della Lettera ai Romani di San Paolo: ”Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”. Tutto il messaggio papale sulla pace, come anche osservato dal Cardinale Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ”viene collocato dentro un’articolata e complessa riflessione sul bene e il male, secondo la quale la pace viene definita come un ‘bene da promuovere con il bene: essa è un bene per le persone, per le famiglie, per le Nazioni e per l’intera umanità; è però un bene da custodire e coltivare mediante scelte e opere di bene”’. Il Papa continua così nella prima parte del suo messaggio: ”Il male non è una forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male ha sempre un volto ed un nome: il volto e il nome di uomini e donne che liberamente lo scelgono”. ”A cercarne le componenti profonde -osserva Wojtyla- il male è, in definitiva, un tragico sottrarsi alle esigenze dell’amore”. Giovanni Paolo II continua il suo messaggio per la pace riproponendo ciò che disse dieci anni fa nel suo discorso per il 50 esimo annivesrsario della fondazione dell’Onu: ”In quell’occasione -spiega il Papa- parlando della comune impresa al servizio della pace, feci riferimento alla ‘grammatica’ della legge morale universale, richiamata dalla Chiesa nei suoi molteplici pronunciamenti in questa materia. Tale legge -osserva Wojtyla- unisce gli uomini tra loro, pur nella diversità delle rispettive culture, ed è immutabile”. Giovanni Paolo II nello spiegare perché le sue parole di dieci anni fa sono quanto mai attuali dice: ”Non si può anche oggi, purtroppo, constatare un impressionante dilagare di molteplici manifestazioni sociali e politiche del male: dal disordine sociale all’anarchia e alla guerra, dall’ingiustizia alla violenza contro l’altro e alla sua soppressione”. Il Papa nel suo messaggio per la pace fa dunque un preciso riferimento ai mali che affliggono paesi come l’Africa e la Palestina e, non ultimo, la piaga del terrorismo. ”In questo contesto -dice Wojtyla- come non andare con il pensiero all’amato continente africano, dove perdurano conflitti che hanno mietuto e continuano a mietere milioni di vittime? Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra di Gesù, dove non si riescono ad annodare, nella verità e nella giustizia, i fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno attentati e vendette alimentano in modo preoccupante?”. Quindi il Papa nel toccare il tema terrorismo dice : ”E che dire del tragico fenomeno della violenza terroristica che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia?”. E, più in particolare ”Come, infine, non constatare con amarezza che il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di incertezza e di insicurezza per tutti?” ”Per conseguire il bene della pace bisogna affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi -continua Giovanni Paolo II nel suo messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace che verrà celebrata il prossimo 1 gennaio- la violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità”. Nel contesto etico-culturale del suo messaggio, il Papa affronta, tra l’altro, una serie di urgenti questioni, ”tutte presenti nell’agenda della comunità internazionale”, come anche sintetizza il presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, cardinale Raffaele Martino nel suo commento. Il primo tema affrontato a questo proposito dal Papa è l’utilizzo e la destinazione di quei nuovi ”beni che sono il frutto della conoscenza scientifica e del progresso tecnologico”: ”dall’interdipendenza ogni giorno piu’ stretta e poco alla volta estesa al mondo intero -dice Wojtyla rifacendosi a quanto già indicato nel Concilio Vaticano II- deriva che il bene comune diventa oggi sempre piu’ universale ed implica diritti e doveri che interessano l’intero genere umano”. ”Il bene dell’intera comunità -continua il Papa nel suo monito alla comunità internazionale- anche per le generazioni future, richiede una vera e propria cooperazione internazionale, a cui ogni nazione deve offrire il suo apporto”. ”Visioni decisamente riduttive della realta’ umana trasformano il bene comune in semplice benessere socio-economico -osserva Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la pace- privo di ogni finalizzazione trascendente, e lo svuotano della sua piu’ profonda ragion d’essere”. Il Papa ha quindi ribadito che ”il bene comune, invece, riveste anche una dimensione trascendente, perche’ e’ Dio il fine ultimo delle sue creature. I cristiani inoltre sanno che Gesu’ ha fatto piena luce sulla realizzazione del vero bene comune dell’umanita’. Verso Cristo cammina e in Lui culmina la storia: grazie a Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui, ogni realta’ umana puo’ essere condotta al suo pieno compimento in Dio”. Il Papa nel suo messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace che verra’ celebrata il prossimo 1° gennaio ha quindi aggiunto che ”l’appartenenza alla famiglia umana conferisce ad ogni persona una specie di cittadinanza mondiale, rendendola titolare di diritti e di doveri, essendo gli uomini uniti da una comunanza di origine e di supremo destino”. ”Basta che un bambino venga concepito -aggiunge inoltre il Papa- perche’ sia titolare di diritti, meriti, attenzioni e cure e qualcuno abbia il dovere di provvedervi. La condanna del razzismo, la tutela delle minoranze, l’assistenza ai profughi e ai rifugiati, la mobilitazione della solidarieta’ internazionale nei confronti di tutti i bisognosi non sono che coerenti applicazioni del principio della cittadinanza mondiale”. La terza questione affrontata dal Papa nel suo messaggio per la pace e’ la lotta alla poverta’ nell’indicare che resta oggi l’obiettivo principale dell’azione della comunita’ internazionale e che, come osserva il cardinale Martino, ”la Chiesa deve affrontare nella prospettiva di un altro principio della dottrina sociale, quello dell’amore preferenziale per i poveri”. Nel trattare il problema della poverta’ Giovanni Paolo II si sofferma su tre concreti nodi, di cui il primo riguarda il debito estero dei Paesi poveri ”il dramma della poverta’ -dice il Papa nel suo messaggio- appare ancora strettamente connesso con la questione del debito estero nei Paesi poveri che e’ intimamente legato ad un insieme di altri problemi, quali l’investimento estero, il giusto funzionamento delle maggiori organizzazioni internazionali, il prezzo delle materie prime e cosi’ via”. Cio’ nonostante il Papa osserva che ”i Paesi poveri restano prigionieri di un circolo vizioso: i bassi redditi e la crescita lenta limitano il risparmio e, a loro volta, gli investimenti deboli e l’uso inefficace del risparmio non favoriscono la crescita”. ”Come ha affermato il Papa Paolo VI e come io stesso ho ribadito -continua il Papa- l’unico rimedio veramente efficace per consentire agli Stati di affrontare la drammatica questione della poverta’ e’ di fornire loro le risorse necessarie mediante finanziamenti esteri, pubblici e privati -sostiene Giovanni Paolo II nel suo messaggio- concessi a condizioni accessibili, nel quadro di rapporti commerciali internazionali regolati secondo equita”’. Il Papa e’ dell’opinione che si rende doverosamente necessaria una ”mobilitazione morale ed economica, rispettosa da una parte degli accordi presi in favore dei Paesi poveri, ma disposta dall’altra a rivedere quegli accordi che l’esperienza avesse dimostrato essere troppo onerosi per determinati Paesi. In questa prospettiva -continua Wojtyla- si rivela auspicabile e necessario imprimere un nuovo slancio all’aiuto pubblico allo sviluppo, ed esplorare le proposte di nuove forme di finanziamento allo sviluppo. La Chiesa -ricorda il Papa- incoraggia ed offre a questi sforzi il suo apporto. Basti citare, ad esempio, il prezioso contributo dato attraverso le numerose agenzie cattoliche di aiuto e di sviluppo”. ”Vi e’ oggi urgenza di una nuova fantasia della carita’ per diffondere nel mondo il Vangelo della speranza -continua il Papa nel suo messaggio- cio’ si rende evidente particolarmente quando ci si avvicina ai tanti e delicati problemi che ostacolano lo sviluppo del continente africano: ”si pensi ai numerosi conflitti armati, alle malattie pandemiche rese piu’ pericolose dalle condizioni di miseria, all’instabilita’ politica cui si accompagna una diffusa insicurezza sociale. Sono queste realta’ drammatiche che sollecitano un cammino radicalmente nuovo per l’Africa: e’ necessario dar vita a forme nuove di solidarieta’, a livello bilaterale e multilaterale, con un piu’ deciso impegno di tutti”. ”Possano i popoli africani -aggiunge il Papa- prendere in mano da protagonisti il proprio destino e il proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico. L’Africa cessi di essere solo oggetto di assistenza, per divenire responsabile soggetto di condivisioni convinte e produttive.


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