Cultura

Willy, Heroes, lo sfogo di Ghali e una musica che sta ritrovando sé stessa

In queste ore Ghali sul suo profilo Instagram ha pubblicato una serie di stories in cui esprime con frustrazione il suo rammarico per la mancata presa di posizione del mondo musicale italiano sulla vicenda di Colleferro. «Questo come altri fatti di questi mesi dimostrano come stia germogliando una nuova consapevolezza del ruolo sociale della musica» spiega Dino Lupelli, direttore generale di Music Innovation Hub, ente che ha organizzato il concerto streaming Heroes che di queste istanze era portatore

di Lorenzo Maria Alvaro

«Ragazzi ma tutti i colleghi che non stanno dicendo niente su quello che è successo a Willy? Tutto a posto? Siete sicuri? Avete cose più importanti da comunicare in questo momento? Dove siete? Per voi è tutto normale? Per Black Live Metters si sono tutti fiondati a pubblicare cose sui social ma per Willy niente. Sappiamo benissimo di cosa stiamo parlando, è una cosa molto vicina a noi». Questo è solo uno dei passaggi dello sfogo che ha visto protagonista Ghali sul suo profilo Instagram (qui tutta la serie di stories di Ghali). Il musicista si è rivolto ai colleghi in modo molto duro sottolineando che «i casi sono due: o non ve ne frega niente oppure siete molto simili a quei quattro ragazzi e avete amici molto simili a loro».


Una posizione simile a quella che, sempre su Vita.it, aveva espresso Mauro Berruto, direttore della Scuola Holden ed ex allenatore della Nazionale italiana di pallavolo sostenendo come fosse doveroso per gli atleti esprimersi e prendere posizione. Al fondo l'idea che la visibilità e il successo non possano solo essere un onore ma che abbiano anche degli oneri, prima fra tutti quello della responsabilità. C'è chi di questa convinzione ne ha fatto una bandiera e un lavoro, come Music Innovation Hub, «un'impresa sociale che crede nella musica come strumento di emancipazione, inclusione ed integrazione, forma espressiva in grado di sprigionare nuove energie e rompere barriere sociali», spiega il direttore generale, Dino Lupelli. L'intervista


In cosa consiste l'idea alla base di MIH, quello che vi ditingue dagli altri?
Siamo convinti che la musica non sia solo mercato, cosa che sicuramente è, ma anche un fattore di cambiamento sociale e non può esimersi dal prendere posizione. Il nostro claim è “music is social change”. Per noi la musica è dirimente su alcuni argomenti come il tema della diversità, quello della gender equality e l'inclusione. Siamo chiari, non è questione di essere buoni. La responsabilità sociale è un fattore competitivo. Banalizzando essere più inclusivi lo è di fatto anche dal punto di vista del pubblico che si raggiunge. E questo ha un risvolto anche economico. Rispetto ad altri settori però non può essere qualcosa che viene calato dall'alto, ma deve nascere un sentire da parte degli artisti e di tutta la filiera, dal basso

Il fatto che questo vi differenzi dagli altri significa che questa sensibilità non è molto diffusa…
La musica è spesso vista come un ambito eccessivamente legato alla speculazione commerciale. In questo senso è stato illuminante il Covid

In che senso?
Penso alle reazioni pubblica sul tema delle discoteche o al poco interesse che ha sollevato la querstione dei lavoratori dello spettacolo. Siamo e siamo stati una delle industrie più penalizzate dal virus e abbiamo assistito a una girandola di istituzioni che ci hanno trattato o come giullari o come rompiscatole che non rispettano le regole. Se non combatti per dimostrare il tuo senso di responsabilità all'interno della società difficilmente poi verrai riconosciuto per quello che sei

Questo passa però obbligatoriamente da un protagonismo degli artisti…
Non c'è dubbio. Io credo che in questo senso ci siano segnali importanti. Penso alle parole di Ghali ma anche a quelle di Elodie e Emma delle settimane scorse. Penso al nostro evento Heroes che ha avuto un ottimo successo. Insomma mi sembra che dei segnali ci siano

Heroes è stato un evento molto particolare…
Sì, il primo concerto live streming a pagamento italiano. Tutto votato a mettere in luce la crisi del settore musicale. Alla base aveva le convinzioni di MIH. Il concerto, in scena all'Arena di Verona, ha coinvolto 40 artisti ed è stato seguito da 37mila persona online

Un segnale che si può innovare e rilanciare nonostante il momento?
Non c'è dubbio. L'idea in fondo è semplice: che un linguaggio universale e popolare come la musica non può non esprimersi e affermare dei valori. Nulla a che fare con la politica, sia chiaro: si sta parlando di ideali

Stando alle parole di Ghali però ancora non c'è tanta strada da fare…
Sì, è un percorso lungo e i passi da fare sono ancora molti. I musicisti hanno paura delle strumentalizzazioni. Non si rendono conto che loro sono oggi molto più influenti sull'opinione pubblica di qualunque strumentalizzazione. Sono soggetti che di fatto hanno più potere dei media. È una preoccupazione che dovrebbe sparire. Basta un po' di coraggio. Bisogna però tenere ben presente che tantissimi dei nuovi artisti italiani sono ragazzini, persone giovanissime. Giovani che vivono uno dei momenti oggi più complicati e difficili della storia. Io credo che debbano essere presi per mano da chi è più adulto. Il mondo adulto invece per lo più non li prende neanche in considerazione, di certo non sul serio

Per tutto questo lavora Music Innovation Hub?
Vedo che sta germogliando una nuova consapevolezza e stanno gemmando forme di responsabilità. Ghali, che è importante abbia detto quelle parole, potrebbe domani cominciare a passare dalla rivendicazione alla proposta. Quindi magari promuovere azioni concrete che generino un cambiamento. Questo è quello che cerchiamo di fare. Io credo che i tempi siano maturi e che ci sia un fermento che promette bene

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