Approfitto dell’effetto WikiLeaks per mettere on line un documento riservato (!). E’ una proto bozza dell’editoriale del numero di Communitas a cui stiamo lavorando. Sai che brivido! Ma quel che conta non è solo il contenuto, ma il format del sito più chiaccherato del momento. E’ wiki, ovvero il più efficace supporto per l’organizzazione e soprattutto per la condivisione di informazioni e conoscenze in rete. Non potevamo proprio sottrarci. Buona lettura dunque. Attendiamo i vostri commenti.
I beni della comunità
Proprietà confiscate alle organizzazioni mafiose riconvertite ad agricoltura, immobili di enti religiosi dove si fa turismo, beni ambientali gestiti da usi civici che rinnovano la loro missione di coesione e sviluppo, housing sociale e spazi creativi in aree industriali dismesse. Sono tante tipologie di un’unica attività: la ristrutturazione e la riconversione a nuove forme d’uso di asset comunitari che vede in prima linea le organizzazioni di terzo settore e le imprese sociali. E’ un banco di prova importante che richiama temi legati alle competenze gestionali di questi soggetti e alle risorse su cui possono contare, ma soprattutto mette alla prova il loro carattere autenticamente comunitario. Il tema non è nuovo. Riemerge ciclicamente dalla modernità ad oggi: la qualifica di “interesse collettivo” attribuita a determinati beni richiama la necessità di prevedere forme istituzionali adeguate a gestirli, non riconducibili al binomio Stato /mercato. Oggetto di interesse sono storicamente i commons legati all’utilizzo di risorse ambientali: acqua, suolo, paesaggio, ma in questa fase è l’immateriale – come internet e la conoscenza – che occupa una posizione centrale nel dibattito, come dimostra la più recente fatica editoriale del premio nobel Elinor Ostrom dedicata, appunto, alla conoscenza come bene comune. La stretta della crisi che evidenzia i fallimenti delle istituzioni economiche e sociali dominanti, l’emergere di inedite esperienze gestionali e l’allargamento del campo di applicazione lasciano intravedere una nuova fase del ciclo di vita dei beni comuni che sembra destinata a lasciare il segno, a porre le basi per un nuovo paradigma di sviluppo.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.