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Welfare, poche regioni si organizzano
Hanno tempo fino a dicembre per spendere i 3.500 mld di budget dello Stato. L'esempio della Toscana
di Redazione
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel mese d’agosto, il Piano sociale nazionale ora chiama le regioni a dotarsi, entro 120 giorni, di un proprio piano regionale che individui gli interventi più urgenti da realizzare in ambito locale. Presentato da Livia Turco per dare piena attuazione alla legge 328, con un investimento da 3.500 mld, il Piano nazionale infatti individua una precisa responsabilità politica e amministrativa delle regioni nella programmazione degli interventi sociali. Per ora soltanto Campania, Marche, Toscana ed Emilia Romagna si sono dotate di un proprio piano integrato. Le altre regioni dovranno farlo entro dicembre (anche se il termine non è perentorio). Vita analizza un piano regionale “da manuale”, quello della Toscana, con l’aiuto di Angelo Passaleva, vicepresidente della giunta e assessore alle Politiche sociali.
Oltre 161 miliardi per interventi a sostegno delle politiche per i minori, gli anziani e tutte le categorie del disagio sociale. Piani di zona progettati con il coinvolgimento diretto o la supervisione delle associazioni di volontariato. Una crescita del 60% delle risorse messe a disposizione per i progetti. Con queste misure, la Toscana si mette in prima linea nella realizzazione di quel famoso sistema integrato dei servizi indicato dalla legge 328 per il benessere sociale della popolazione. Ma da cosa dipende questa tempestività? «Da una legge sociale regionale, la 72 del 1997, molto simile alle linee d’intervento della 328», spiega il professor Passaleva, «e da un’organizzazione periferica dei servizi già molto strutturata e pronta a recepire gli obiettivi indicati dal Piano nazionale».
Le risorse previste vengono ripartite in gran parte nelle 34 zone socio-sanitarie in cui è suddivisa la Toscana, e un residuo di 21 mld sono stati dati a singoli comuni per obiettivi specifici. «La regione ha poi individuato le percentuali minime cui vincolare la spesa, a seconda dei bisogni emersi nel territorio, rilevati ed elaborati dal nostro sistema di osservatori sociali provinciali», continua Passaleva. «Grazie a questi dati, è stato stabilito che una quota non inferiore al 35% dovrà essere destinata alle politiche per gli anziani (infatti la Toscana è una delle regioni con il maggior numero di anziani di tutto il Paese); una quota pari all’11% alle politiche riguardanti i minori; il 10% per i disabili; il 9% alle dipendenze; il 5% alle politiche per la famiglia e il 5% all’immigrazione. Il restante 25% potrà essere utilizzato dai comuni per rafforzare gli interventi dove si riterrà più necessario».
Il governo regionale ora dovrà lavorare «per predisporre il piano triennale, dal momento che quello in fase di attuazione si esaurirà entro il 2001», specifica Passaleva. «Il piano sociale in Toscana ha avuto una buona partenza; nei prossimi mesi anche le altre regioni inizieranno a organizzarsi. Ma è necessario un lavoro di sensibilizzazione, perché in questo settore il volontariato è uno degli stimoli più autentici all’efficienza delle amministrazioni».
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