Servizi a rischio
Welfare e tariffe, per le coop in Piemonte «l’adeguamento non è più rinviabile»
Il nodo è il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle cooperative sociali: a fronte dell'aumento del costo del personale, le coop chiedono l'adeguamento nelle tariffe. Per Enrico Pesce, presidente Confcooperative Federsolidarità, «è una dinamica non più sostenibile»
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La coperta del welfare è corta. La metafora può sembrare banale ma racconta una situazione che è comune a molte regioni italiane e che in Piemonte assume la geografia frastagliata di un’area caratterizzata da enti gestori con politiche differenziate. Il nodo è ancora una volta la mancata valorizzazione del lavoro sociale, educativo e sanitario. Il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro delle cooperative sociali, approvato un anno fa, ha previsto per i lavoratori del settore (oltre 400mila persone in Italia) un aumento delle remunerazioni di circa il 15%, da raggiungere per step entro il 2026. Il riconoscimento economico per professioni che vanno a incidere su servizi socio sanitari essenziali si è tradotto da subito in una progressiva crescita degli importi in busta paga ma non sempre in un adeguamento nelle gare d’appalto e negli affidamenti e sistemi di accreditamento da parte delle pubbliche amministrazioni. Il copione, che si ripete lungo lo stivale (a Milano le cooperative che si occupano del sostegno alla disabilità nella primissima infanzia hanno chiesto al Comune di intervenire prima che il servizio non possa più essere garantito), sta avendo un impatto anche in Piemonte.
A ricostruire la questione, Enrico Pesce, presidente Confcooperative Federsolidarietà e coordinatore dell’Osservatorio paritetico regionale sugli appalti e sugli accreditamenti territoriali, un organismo costituito a settembre scorso con l’obiettivo di monitorare e promuovere in ambito sia pubblico sia privato (e per quanto riguarda le cooperative di inserimento lavorativo) il corretto inserimento del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro delle cooperative sociali nelle gare di appalto, nei sistemi di accreditamento e in ogni forma di affidamento dei servizi. Ne fanno parte le centrali cooperative e le organizzazioni sindacali.
«Una dinamica non più sostenibile»
«Non dobbiamo fare l’errore di pensare che la questione riguardi soltanto un ambito del welfare. Senza un reale adeguamento delle tariffe, l’intero sistema è a rischio: assistenza agli anziani, disabilità, psichiatria, tossicodipendenze, minori, infanzia». Secondo l’elaborazione dell’Osservatorio regionale della cooperazione, a gennaio 2023 erano oltre 900 le cooperative sociali attive sul territorio piemontese con circa 46.700 addetti. «Costituiscono la metà dei lavoratori che garantiscono ogni giorno l’esistenza dei servizi socio sanitari e dell’inserimento lavorativo», spiega Pesce. «Eppure, nonostante le centrali e le singole cooperative abbiano inviato le tabelle con gli aumenti dei costi del personale ai vari interlocutori, le risposte che sono arrivate sono state differenziate e spesso frammentate. Il fattore comune è che ogni ente sostiene di non avere i fondi necessari ma nessuno si assume la responsabilità di chiudere i servizi per mancanza di sostenibilità economica. Non dimentichiamo il caro energetico, gli aumenti per le materie prime e gli alimenti: è una dinamica che non è più sostenibile».
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«Pronti a far sentire la nostra voce»
La Regione Piemonte ha sottoscritto a maggio scorso il Patto per un Welfare innovativo e sostenibile con le associazioni di categoria dei presidi residenziali dedicati ad anziani non autosufficienti, disabilità, minori e dipendenze, salute mentale, che riassume le azioni che si intendono porre in essere per le procedure di accreditamento e per il sostegno del sistema dei presidi residenziali sanitari e socio-sanitari. «Le parti indicate», si legge nel documento, «hanno condiviso, tra le azioni, a parziale recupero dell’inflazione maturata e dell’incremento del costo dei contratti di lavoro, l’aumento per il 2024 della sola quota sanitaria per i posti accreditati e convenzionati con il Sistema sanitario regionale delle strutture residenziali pari al 3,5%». Secondo le stime di Federsolidarietà, «non basta a raggiungere le cifre che servirebbero per quella famosa coperta che non riesce a coprire i bisogni. Nessun aumento previsto invece per i servizi socio sanitari semiresidenziali».
Quali saranno i prossimi passi per uscire dall’empasse? «A questo punto, se continueranno a non esserci risposte, siamo pronti a far sentire la nostra voce, magari con una manifestazione di piazza».
In apertura attività estive in una fotografia di Cascina Orema Biella
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