Politica

Welfare e Africa è l’ora delle scelte

I temi chiavi della nuova legislatura

di Redazione

Andranno al voto 375 milioni di persone, che pur parlando 23 lingue diverse dovranno eleggere un organismo che li rappresenti tutti. Dal 4 al 7 giugno l’Europa torna alle urne, questa volta ancora più “larga”: sarà la prima volta per Bulgari e Romania. Eleggeranno 736 deputati, dai 99 eletti in Germania ai 6 eletti rispettivamente a Cipro, in Lussemburgo ed Estonia. L’Italia ne porterà a Strasburgo 72, come Francia e Regno Unito. «Uniti nella diversità», recita lo slogan istituzionale delle elezioni di quest’anno. Ma uniti con quale idee e con quali obiettivi?

L’Europa si è persa nei Balcani? Sono tre i Paesi che stanno alla porta in attesa di ingresso. Croazia e Macedonia, oltre alla discussa Turchia. Ma l’Europa a 27 è un continente poco accessibile. Prendete il caso della Croazia: un Paese assolutamente in regola, con soli 4 milioni di abitanti e tenuto sulla porta da un veto sloveno per un piccolo triangolo di mare. Ben diverso il caso della Turchia, il cui ingresso comporterebbe un grande segnale a livello simbolico verso il mondo islamico. L’America preme, la Chiesa non dice di più nonostante all’interno i cristiani siano penalizzati.

L’altro continente. Il rapporto con l’Africa è l’altra grande sfida geopolitica a cui l’Europa è attesa nei prossimi anni. Se le cose vanno così, la sfida è persa: l’iniziativa politica della Cina negli ultimi mesi è stata impressionante. L’Europa invece è arretrata proprio sul terreno in cui può giocare le armi migliori: quello delle alleanza tra le società civili di qui e del Sud del mondo. La strategia della Commissione di Louis Michel è stata quella di privilegiare una strategia di budget support, dirottando gli aiuti direttamente sui governi e togliendo risorse alle ong. Una scelta discutibile. E controproducente.

Società e mercato. L’Europa è un’istituzione che difende gli interessi dei suoi cittadini o è un apparato di tecnocrati che porta avanti le ragioni dei più forti? L’equivoco non è affatto sciolto. Ma nei prossimi anni non ci potranno essere spazi di ambiguità. Sul mercato infatti finiranno molti di quei servizi alla persona e di interesse generale che gli Stati non sono più in grado di garantire. È un business che fa gola a tanti soggetti privati profit, che sono pronti a usare le regole di Bruxelles per entrare in mercati di forte valenza sociale. Chiaro che se soggetti di natura economica diversa non vengono difesi, rischiamo di trovarci un’Europa ferita da inaccettabili disuguaglianze. L’Europa non può affrontare in modo omologante la ragione sociale di tutte le attività economiche. Nella natura di certe esperienze c’è una base sostanziale legata al principio di mutualità che non può essere trascurata perché innerva tradizioni, sistemi giuridici e identità.

La questione demografica. Sarà un fattore dirompente del futuro. Dal 2015 le morti saranno superiori alle nascite. Oggi gli ultra 65enni sono il 17% della popolazione. Nel 2060 saranno il 30%. Le spese legate all’invecchiamento peseranno un + 4% sui Pil dei Paesi. Con quali strategie affrontare questa sfida?

Prendere sul serio l’Europa. La politica sino ad oggi ha preso sottogamba l’impegno. I meccanismi istituzionali, con la sproporzione di pesi a favore della Commissione e il depotenziamento del Parlamento, hanno fatto da alibi. Se il Trattato di Lisbona entrerà in vigore, bilancerà finalmente i poteri. L’Europa ha davvero biosgno di più democrazia.


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