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We World sul caso Rocca: «Non possiamo lasciare inascoltate le vittime»

«Oggi più che mai è fondamentale guidare le nuove generazioni al rispetto delle differenze di ogni tipo, incluse quelle di genere, tenendo sempre presente che l’educazione al rispetto deve nascere in primo luogo all’interno del nucleo familiare» dice Marco Chiesara, presidente dell'associazione che negli Spazi Donna e con il progetto SOStegno Donna ha sostenuto circa 5mila vittime e i loro bambini

di Anna Spena

Ustioni sul 45% del corpo, il 10% sono di terzo grado. Simona Rocca, una donna di 40 anni, è ancora in prognosi riservata. Mario D'Uonno, 53 anni, è l’uomo che le ha dato fuoco. Lo scorso lunedì mattina, di fronte ad un centro commerciale di Vercelli, le ha buttato addosso del liquido infiammabile e poi ha bruciato la sua all’auto. Simona Rocca, nei due anni precedenti all’aggressione, lo aveva denunciato già tre volte.

«La terribile vicenda di Simona Rocca ha prevedibilmente toccato l’opinione pubblica con una forza particolare», dice Marco Chiesara, presidente di WeWorld Onlus. «Si tratta purtroppo di un episodio di una violenza tristemente nota a noi operatori del settore, uno tra le centinaia che vediamo ogni anno».

«Da vent’anni lavoriamo per dar voce alle donne che combattono da sole le loro battaglie personali, sostenendole nelle loro spesso inascoltate richieste di aiuto», continua. «Ma per fare questo è necessario un cambiamento di rotta che affonda le radici nella cultura e nel modo di pensare: oggi più che mai è fondamentale guidare le nuove generazioni al rispetto delle differenze di ogni tipo, incluse quelle di genere, tenendo sempre presente che l’educazione al rispetto deve nascere in primo luogo all’interno del nucleo familiare».

L’associazione ha avviato su tutto il territorio nazionale un programma di contrasto alla violenza sulle Donne in Italia, per un aiuto concreto alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini.

In base all’esperienza, sua e dell’associazione, cosa scatta nella testa delle donne che hanno subito violenza o che vivono in situazioni di violenza anche non denunciate, quando diventano di dominio pubblico casi come quello di Simona Rocca?
La reazione delle donne è legata alla propria storia personale e al tipo di elaborazione dell'accaduto che stanno portando avanti. Certamente la donna vittima, di fronte a situazioni come quella di Simona Rocca, rivive la ferita, la paura, il timore di non potercela fare a liberarsi dall’uomo violento e oppressore. Sono notizie che in chi è ferito quasi sempre ampliano la ferita stessa.

In questo caso specifico la vittima aveva denunciato tre volte il suo stalker. Come si può chiedere alle donne di non avere paura di denunciare quando le parole rimangono inascoltate?
​Ci sono questi fatti di cronaca, ma ce ne sono anche molti altri, magari non passati alla cronaca, nei quali invece la denuncia ha avuto tempestiva azione da parte degli organi competenti. Ciò che emerge è comunque, ancora una volta, che si deve fare di più, soprattutto attraverso un miglioramento delle procedure che può avvenire solo con un attento monitoraggio ed una precisa analisi di quanto in essere oggi. Non basta dire che abbiamo ratificato la convenzione di Istanbul, occorre valutare se le azioni messe in campo sono davvero funzionanti e non aspettare che accadano fatti di questa gravità.

Perché nelle donne è così forte la paura di denunciare?
Le motivazioni sono molteplici, è sicuramente ogni donna vittima di violenza può addurne una: Concezione della famiglia come sfera privata e mole volte assoggettata al controllo dell’uomo, ( i panni si lavano in casa, la vergogna di denunciare una fatto accaduto all’interno della propria famiglia); concezione della violenza come modalità di risoluzione dei conflitti; basso tasso d’istruzione; dipendenza economica dagli uomini; Restrizioni di accesso all’occupazione, per le donne; notizie di cronache allarmanti, che scoraggiano le donne a fare denuncia poiché subiscono violenza fisica e psicologia e hanno già tanta paura; diffidenza e paura di non trovare persone in grado di aiutarle (forte presenza maschile tra le forze dell’ordine)

Quando è partito il programma di contrasto alla violenza sulle donne?
Nel 2013 con una ricerca: Quanto costa il silenzio? I Costi economici e sociali della violenza sulle donne, in Italia.

In cosa consiste praticamente "SOStegno Donna" all’interno del Pronto Soccorso di Roma?
È un servizio specializzato, creato all’interno del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo di Roma, aperto 24h su 24 – sette giorni su sette – dove grazie al personale specializzano le donne che ne fanno ricorso, hanno la possibilità di riconoscere e affrontare il grave problema della violenza, degli abusi, attraverso la presa in carico in emergenza e il rinvio ai servizi del territorio

Quante donne sono state coinvolte e come?
Negli Spazi Donna in questi anni abbiamo aiutato circa 2.400 donne Nel progetto SOStegno Donna oltre 2.000 sono le donne che hanno fatto usufruito del servizio. Attraverso consulenza psicologia, la tutela legale e lì attivazione di percorsi di uscita dalla violenza (case rifugio, sostegno ad azioni di denuncia alle autorità competenti)

In quali e quanti quartieri sono gli Spazi Donna e come li avete selezionati?
L’intervento di WeWorld si realizza nei quartieri più problematici di Napoli (Scampia), Palermo (Borgo Vecchio) e Roma (San Basilio). La scelta è ricaduta su questi contesti per 2 motivi:Sono contesti in cui WeWorld già operava da anni, con il programma per contrastare la povertà educativae sono quartieri fortemente caratterizzati da bassa alfabetizzazione, povertà strutturale, alta disoccupazione, criminalità, struttura familiare fortemente improntata al patriarcato, e dove spesso la violenza sulle donne, fisica, economica e psicologica, è particolarmente diffusa, ma ben poco riconosciuta come tale.

Che tipo di intervento avente pensato per i figli delle vittime di violenza?
Lo Spazio Donna prevede anche la presa in carico dei figli delle beneficiarie, infatti, attraverso personale qualificato, e formato, ci prendiamo cura di loro. Negli Spazi Donna è stato creato uno spazio gioco che ha la finalità di osservare tutte quelle manifestazioni riconducibile alla violenza assistita, e successivamente si attivano percorsi specifici per l'emersione di situazioni particolari di disagio o di violenza assistita e/o subita.

Quando avete deciso di sviluppare questo progetto?
A seguito della prima presentazione del 2013, perché ci siamo accorti che le donne strutturare riescono a chiedere aiuto ai centri antiviolenza, invece le donne poco strutturate non riescono ad accedere ai Centri antiviolenza. Ed è per questo che WeWorld ha scelto di lavorare nei contesti meno strutturati, per far uscire i casi di violenza affinché le donne possano denunciare e lavorare su loro stesse.

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