Giornata della memoria

Walter e gli altri, che dissero «No!» a Hitler in nome del Vangelo

Pubblichiamo uno stralcio del libro "La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler". Il testo, frutto di indagini in Italia, Austria e Germania, raccoglie alcune vicende dei tanti cattolici che, per coscienza e libertà, si opposero al nazismo e per questo vennero messi a morte. Qui il racconto della vicenda di Walter Klinhenbeck, giovane bavarese ghigliottinato all’età di 19 anni

di Francesco Comina

Walter Klingenbeck aveva appena 18 anni quando ebbe l’ardire di dire che «Hitler non dovrebbe avere una bocca così grande». Era uno dei referenti dell’organizzazione cattolica bavarese Jungschar della comunità parrocchiale di San Ludovico, un quartiere di Monaco. Era forse il più attivo, il più coraggioso, il più colto.  Insieme al padre Ludwig, autista di tram, sacrestano e membro della Congregazione mariana maschile della parrocchia, un sodalizio ispirato ai valori cristiani del vivere in solidarietà e comunione fraterna ispirata a Maria, fondata a Roma nel 1563 dal gesuita Jean Leunis. Negli anni della guerra l’assistente della congregazione della sede di Monaco, nonché un modello per Klingenbeck e i suoi amici fu il gesuita tedesco Rupert Mayer, tenace antinazista che venne arrestato per ben tre volte e fu deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen da cui miracolosamente sopravvisse morendo subito dopo la liberazione, il 1° novembre del 1945. Padre Mayer è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 maggio 1987.

Walter ascoltava tutti i giorni Radio Vaticana, che riportava spesso notizie di violazione delle leggi sul Concordato da parte del governo del Reich e dei vari attacchi alla Chiesa da parte dell’apparato nazionalsocialista. Anche il viceparroco di San Ludwig, Georg Handwerker, che Walter ammi­rava profondamente, era inviso ai nazisti: il suo nome compariva nella lista dei controllati speciali per via delle sue idee contrarie al regime. Lo avevano posto sotto osserva­zione per alcune sue dichiarazioni a difesa del popolo ebraico e per i suoi insegnamenti come docente di religione in una scuola primaria in Amalienstraße, la stessa scuola frequentata dai ragazzini che formeranno il circolo Klingen­beck. Il sacerdote aveva dichiarato che «le leggi morali della religione ebraica sono uniche al mondo». Fu più volte fermato e interrogato dalla Gestapo che gli sequestrò molti documenti considerati sospetti. 

[…] Nel 1941 – un anno prima che la Rosa Bianca iniziasse il suo attivismo in città – Klingenbeck raccolse attorno a sé un gruppetto di amici che la pensavano allo stesso modo. Il sodalizio era formato da Hans Haberl, un artigiano proveniente da una famiglia profondamente cattolica, Daniel von Recklinghausen, anch’egli membro della Congregazione mariana, ed Erwin Eidel, un appren­dista meccanico specializzato in motori per aerei.

Questo circolo cattolico di Monaco – in seguito conosciuto come «circolo Klingenbeck» – decise di portare avanti un’azione di attiva opposizione antinazista attraverso una controinformazione ampia, risoluta e tenace. Con qualche idea, parecchia inventiva e tanto coraggio. Dapprima attraverso volantini, nei quali i ragazzi cercavano di diffondere, in città, le notizie provenienti dai vari fronti bellici. Notizie di sconfitte dell’esercito tedesco, di dissolu­tezza da parte dei soldati responsabili di stupri, violenze sessuali e libertinaggio. Volantini in cui si cercava di scalfire il fideismo dei soldati e della popolazione tedesca nei confronti della propaganda. Il circolo Klingenbeck diffon­deva slogan come questo: «Hitler non potrà mai vincere la guerra, potrà solo prolungarla». 

Ma questo non bastava. Serviva qualcosa di più incisivo. Allora Haberl cercò addirittura di costruire un aereo teleco­mandato (oggi lo chiameremmo drone) per far cadere dall’alto i volantini, così da distribuirne un maggior numero, ed esortare la popolazione alla ribellione e al boicottaggio contro Hitler. Ma soprattutto Walter e i suoi amici cominciarono a pensare ad una radio clandestina autonoma per dare forza alle parole della resistenza. La misero in funzione ma fecero solo delle prove interne, senza arrivare ad una vera e propria messa in onda. […]

Walter Klingenbeck morì nella cella del supplizio nel carcere di Stadelheim il 5 agosto 1943 con la stessa lama della ghigliottina che recise la testa dei giovani della Weisse Rose, protagonisti di una battaglia simile, per gli stessi ideali, nella stessa città e nello steso periodo. Walter era ancora più giovane di loro, aveva appena compiuto 19 anni e ancora tanta voglia di vivere nell’anima. Come Sophie Scholl, avrebbe volentieri abbracciato un albero o messo i piedi nudi in qualche ruscello del bosco. Avrebbe voluto ascoltare la radio, ballare il rock n’roll, leggere poesie d’amore in Hofgarten, uno dei parchi più belli di Monaco, o viaggiare dall’alba al tramonto lungo le infinite rotte del mondo. Come ogni giovane avrebbe voluto volare nel tempo e nello spazio sulle ali della libertà e della curiosità. Ancora per molto tempo.

Walter è stato sepolto il 6 agosto 1943 nel cimitero di Perlacher Forst. Nel 1949 il suo corpo è stato trasferito nella tomba di famiglia dove riposa anche la sorella Annelise, a Monaco. Sotto la fotografia si legge: «Tutto è compiuto. Walter Klingenbeck, che a 19 anni ha potuto rendere la sua anima pura e coraggiosa al suo Creatore, chiede la nostra preghiera. Signore, donagli l’eterno riposo!».

Il 30 marzo 1995 a Walter Klingenbeck è stata intitolata la scuola media nella cittadina bavarese di Taufkirchen; nel 1998 gli è stata dedicata una strada nel centro di Monaco.

Testo pubblicato per gentile concessione dell’editore www.libreriaeditricevaticana.va

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