Sostenibilità

W l’acqua del rubinetto

di Fulco Pratesi

Se c’è in Europa un Paese benedetto per quanto riguarda l’acqua potabile, questa è l’Italia.  Centinaia di laghi cristallini di tutte le dimensioni, montagne ricche di sorgenti e ghiacciai stupendi garantiscono una fornitura d’acqua potabile di tutto rispetto. Eppure, potenza della pubblicità, l’Italia è il paese del mondo (dopo Arabia Saudita e Messico) in cui si beve più acqua in bottiglia: più di mezzo litro al giorno a persona, compresi neonati, detenuti, ubriaconi e simili. Più che in Francia, dove si beve l’acqua della Senna o della Germania, dove ci si approvvigiona dai pozzi.

Basta andare nei supermercati per vedere riesumate, in chiave moderna e plastificata, le fatiche di più di un secolo fa, quando le donne tornavano dalla fonte con le brocche sulla testa.

Una ben orchestrata ed equivoca campagna di marketing ha indotto gli italiani a fidarsi più della costosissima acqua nella plastica che non di quella che sgorga, ottima e controllatissima, da rubinetti di tutte le città d’Italia. E se in qualche luogo l’acqua ha un vago sentore di cloro, basta tenere per poche decine di minuti l’acqua nella caraffa per renderla perfetta, meglio di molte acque in bottiglia dai controlli opinabili.

Ma cambiare i costumi e i consumi non sarà facile. Basti pensare che a Roma – dove la maggior parte dell’acqua giunge da sorgenti montane a poca distanza dalla città e dove l’azienda comunale ha distribuito la carta d’identità della sua ottima acqua di rubinetto – il consumo di minerale è altissimo.

Anche se, fortunatamente, grazie al recente successo del  referendum per la proprietà pubblica dell’acqua e alla crisi economica,qualcosa sta cambiando anche nei costumi iperconsumistici degli italani

Ma purtroppo la pressione mediatica dei produttori è capillare. Grazie a guadagni stratosferici (garantiti anche dalle esigue quote di concessione) le aziende hanno creato un mercato immenso, sostenuto anche dai commercianti (basta vedere la faccia di un cameriere quando al ristorante si chiede acqua di rubinetto) per diffondere sempre di più la loro merce.

Oramai l’invasione è compiuta. Accanto ad etichette storiche di fonti note, spuntano come funghi bottiglie delle più strane provenienze in cui quasi mai la sorgente è specificata, lasciando il fondato sospetto che si tratti di pura acqua di rubinetto confezionata appositamente..

Senza parlare del traffico massiccio e inquinante di bottiglie dalle Alpi a Lampedusa, e ai contenitori di plastica, costruiti con grande uso di energia, che vanno ad intasare le discariche e ad imbrattare corsi d’acqua, coste e boschi.

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