Volti della sostenibilità

Tutto il mondo dietro allo spaghetto

Dall’agricoltura rigenerativa al packaging. Passando per i report di rendicontazione, le esigenze di 21 brand e... 300 a Babbo Natale. La rubrica dedicata ai manager Esg, questa settimana si addentra nell’universo di Barilla assieme a Valentina Perissinotto, sustainability manager del Gruppo, impegnata anche come docente universitaria

di Nicola Varcasia

Prendiamo un’azienda alimentare di grandi dimensioni, anzi, una delle più conosciute in Italia e nel mondo. Dove si lavora con chi coltiva le materie prime fino alla distribuzione dei prodotti nei punti vendita. Come si è fatto strada il tema della sostenibilità? Con quale organizzazione e obiettivi? E quali sfide? Nella seconda puntata del nuovo ciclo dedicato ai Volti della sostenibilità incontriamo Valentina Perissinotto, sustainability, communication and networking manager di Barilla nonché docente all’università Bocconi. La sua storia professionale è un esempio di passione e competenze messe a servizio di un orizzonte per forza di cose di lungo termine. Ma che, proprio per questo, ha bisogno di tappe intermedie.

La prima domanda è d’obbligo per questa rubrica: come è arrivata ad occuparsi di sostenibilità?

Ho studiato economia, per tre anni a Verona e due all’estero. La cosa paradossale è che al tempo non si parlava di temi Esg. Ricordo che nel mio corso di laurea vi era un unico esame opzionale. L’avevo guardato per capire di che si trattasse ma non mi era ben chiaro e quindi… non l’ho frequentato!

Qual è stato il momento chiave?

Dopo la laurea, ho lavorato per quattro anni in Kpmg, una delle big della consulenza, dove ho approcciato da subito i primi progetti di sostenibilità, in particolare sui temi del risk management e dei rischi ambientali connessi. Ma questo non era che l’inizio.

Prego.

Un anno ho proposto all’azienda di coinvolgere tutti i dipendenti di Kpmg Italia in un progetto sociale:  abbiamo intercettato le letterine che 300 bimbi ospiti di case-famiglia avevano scritto a Babbo Natale. Queste letterine le abbiamo raccolte noi e abbiamo fatto in modo di esaudire i loro desideri. Un’esperienza bellissima per tutti noi. In quel momento ho deciso di prendere un indirizzo più netto e specializzarmi in questo ambito.

Come?

Ho deciso di frequentare il Master in sustainability and energy management di Bocconi, che mi ha aperto nuove possibilità. Post master sono rimasta legata al mondo universitario come docente e coordinatrice del Master e ho avviato la mia collaborazione in Barilla a supporto del direttore comunicazione e relazioni esterne, precursore dei temi Esg in azienda.

Come si sono evolute le cose?

Due anni fa sono entrata ufficialmente nella famiglia Barilla come responsabile sostenibilità. Mantengo l’impegno in Bocconi come docente, a cui sono particolarmente legata.

Che spirito incontra nei giovani ai suoi corsi?

Parliamo di studenti della magistrale o che si iscrivono a un master dopo qualche anno di esperienza lavorativa, già animati da una grande passione ed entusiasmo su questi temi. È un piacere e un onore far parte del percorso di crescita dei leader di domani. Parliamo di persone estremamente curiose e con tanta voglia di cambiare il mondo.

Come definirebbe il suo lavoro oggi?

Siamo una grande famiglia innamorata del buon cibo. Ogni giorno offriamo alle persone prodotti buoni, fatti con ingredienti di qualità e provenienti da filiere sostenibili. Perché quello che mangiamo oggi può cambiare il nostro domani. Questo nostro pensiero l’abbiamo racchiuso in una frase: “La gioia del cibo per una vita migliore”. Ciascuno dei 21 brand del gruppo contribuisce a questo percorso, con diversi progetti che toccano tutte le fasi della filiera, dalla coltivazione più sostenibile delle materie prime fino al coinvolgimento del consumatore finale.

Qual è il ruolo della comunicazione?

La rendicontazione di sostenibilità è fondamentale per monitorare il percorso e i risultati raggiunti, per questo dal 2008 redigiamo il nostro report di sostenibilità su base volontaria. Ma la comunicazione è la vera protagonista: se non siamo in grado di coinvolgere i nostri stakeholder in modo efficace e appropriato, non importa quanto investiamo. Il nostro sforzo non verrà mai percepito del tutto.

Come valutate il passaggio all’obbligo della rendicontazione della sostenibilità previsto dalla nuova normativa europea Csrd?

Siamo molto favorevoli. Consentirà di mettere ordine in un’attività ben avviata e che aiuterà a distinguere tra chi attua un impegno vero e chi tocca le tematiche di sostenibilità con finalità di puro greenwhasghing. Resta comunque un passaggio oneroso, per il livello di dettaglio e di rigore richiesto nella raccolta e nella qualità dei dati.

Che rapporto avete con il marketing?

Siamo tutti parte della stessa squadra. Ma siamo in tanti! Per questo è fondamentale assicurare un dialogo costante tra tutte le unità dell’azienda coinvolte. Ogni brand contribuisce al percorso di sostenibilità con diversi progetti che riflettono l’equity e il dna del brand stesso. Un grande focus è posto alla primissima fase della filiera: la coltivazione delle materie prime. Per questo negli anni abbiamo sviluppato diversi progetti per ridurre l’impatto ambientale della coltivazione delle materie prime e per supportare gli agricoltori. Il ruolo del marketing è fondamentale nel trasformare progetti molto complessi ma altrettanto virtuosi in concetti chiari per le persone che decidono di acquistare i nostri prodotti.

Parlando in termini Esg, come affrontate il tema della Esse (Social)? Ha lo stesso peso della E di Environment?

Per noi questa componente ha un’importanza pari rispetto all’ambiente. In primo luogo, coinvolge le persone Barilla, che consideriamo i principali ambasciatori del nostro modo di fare impresa. Negli anni abbiamo fatto il possibile per diventare un’azienda sempre più inclusiva e che valorizzi le diversità.

Come?

Ad esempio con il raggiungimento della gender pay equality, per cui tutti i dipendenti in Italia e nel mondo, a parità di ruolo, percepiscono lo stesso stipendio. Un’altra iniziativa a cui teniamo molto, comunicata alcuni giorni fa, è la possibilità di un congedo parentale di 12 settimane concessa a entrambi i genitori, senza distinzioni.

Per quanto riguarda i rapporti con la comunità?

L’impegno in questa direzione coinvolge anzitutto i territori più vicini agli stabilimenti. Parliamo di circa 60 milioni di euro e di 45mila tonnellate di prodotto donate dal 2010 ad oggi in collaborazione con il mondo Non profit, ad esempio con il Banco alimentare, di cui siamo principale contributore in Italia.

In che modo emerge invece l’interconnessione tra i fattori Esg?

Lavorare sulla Esse per noi significa valorizzare la filiera e gli agricoltori. Con loro e per loro abbiamo sviluppato una serie di strumenti gratuiti per supportarli nella coltivazione dei nostri ingredienti chiave, come grano duro, grano tenero, basilico, pomodoro, cacao, segale e olii vegetali. L’applicazione di questi disciplinari consente una riduzione dell’impatto ambientale e al contempo una maggiore stabilità e redditività per gli agricoltori.

Quali sono le nuove frontiere per la produzione agricola?

I nostri quattro disciplinari di agricoltura sostenibile – uno per il grano duro, due per il  tenero e uno per il basilico – riconoscono la rotazione delle colture come uno dei principali driver per avere meno impatto sul suolo che viene implementato sui nostri campi. Ci proponiamo inoltre di dedicare il 3% della porzione dei campi a fiori, come previsto nella Carta del Mulino.

A che cosa servono queste pratiche?

Ad avvicinarci al mondo dell’agricoltura rigenerativa che è il futuro per il nostro settore. Se l’agricoltura sostenibile porta ad abbracciare pratiche meno impattanti, quali, appunto, la riduzione della Co2, del consumo di acqua e del fertilizzante, quella rigenerativa, attraverso una serie di pratiche, consente di migliorare il suolo utilizzato. È un tema delicato, ancora parzialmente inesplorato, che stiamo approcciando con Wasa nella filiera della segale e che progressivamente abbracceremo anche con Mulino bianco.

Dopo questa panoramica, come descriverebbe l’approccio alla sostenibilità di Barilla?

La strada che abbiamo sposato segue una logica olistica e trasversale all’azienda, dove figure come la mia, che seguono il coordinamento del percorso, collaborano con i colleghi di ciascuna unità dell’azienda impegnati a calare nel dettaglio le progettualità generali portando, con le loro competenze tecniche, proposte utili a tutti i livelli, dallo sviluppo dei singoli prodotti al packaging.

Può quantificare questa progettualità?

Per i prossimi anni, abbiamo destinato un miliardo di euro  per il rafforzamento del business e del percorso di sostenibilità. Sono due aspetti completamente interconnessi che nei prossimi mesi dettaglieremo con obiettivi misurabili e pubblici.

Nella sostenibilità non si rischia una strutturale mancanza di appagamento per quanto realizzato?

Con un piccolo azzardo, amo legare il mio lavoro ad uno dei miei libri preferiti, Il deserto dei Tartari di Buzzati: dobbiamo imparare a fare i conti con le pratiche del quotidiano, gustarne le soddisfazioni che danno, ma senza sedersi in attesa del grande risultato di là da venire.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.