Non profit
Volontari,vi chiedo scusa
Il ritardo negli anticipi, l'impossibilità per le ong di unirsi e concorrere ad armi pari con le potenti organizzazioni estere.Il mea culpa di Vincenzo Petrone.
Vincenzo Petrone, 52 anni, piglio manageriale, è in assoluto il più giovane direttore generale per la cooperazione allo sviluppo. Chiamato dal ministro degli Esteri, Lamberto Dini, e dal sottosegretario Rino Serri ?a dare una scossa?, come egli stesso afferma, alla Direzione generale della cooperazione allo sviluppo (Dgcs), dichiara apertamente il suo amore. «Durante il mio primo incarico all?estero, nel 1973», ricorda Petrone, «alle Nazioni Unite a New York, scelsi il settore della cooperazione internazionale. Ritengo sia il campo più interessante della nostra politica estera». Petrone si dice inoltre convinto che per rilanciare la cooperazione occorra riallacciare al più presto una serie di rapporti interrotti per gli errori del passato: prima di tutto col mondo del volontariato, poi col Parlamento e con l?economia del Paese. «Intanto, per cambiare la nostra immagine», dice, «da questa settimana inizieremo a pubblicare tutte le nostre richieste di personale per missioni di cooperazione e consulenze sulle pagine dei principali quotidiani italiani». Vita lo ha intervistato.
Dottor Petrone, si considera ?il traghettatore? della cooperazione allo sviluppo?Sì. Perché dobbiamo preparare il terreno per far sì che, sia sul piano normativo che finanziario, la nuova legge parta in grande velocità.
Un piccolo gioco. Per far funzionare la cooperazione italiana fra riformare o mantenere la legge 49/87, lei cosa sceglie?Sulla riforma la parola spetta al Parlamento. Ritengo, tuttavia, che la legge 49 non sia affatto una brutta legge, anche se prsupponeva una capacità di gestione da parte del ministero degli Affari esteri che, allora, non aveva questa struttura. Guardando indietro, ossia agli Anni ?87 – ?92, come diplomatico devo recitare il mea culpa, perché il ministero degli Esteri e la sua dirigenza diplomatica non furono capaci allora di creare sinergie fra l?anima tecnica e quella politico-diplomatica della cooperazione, cosa invece assolutaamente indispensabile per far funzionare le nostre missioni all?estero. Quanto al futuro, se tali sinergie non scatteranno, poco importerà se la cooperazione sarà programmata al ministero degli Affari esteri o in una Agenzia esterna, o chissà dove altro ancora…
Ma la legge di riforma è importante, si o no? E all?interno della Direzione generale della cooperazione, che aria tira ?Con alcuni aggiustamenti alla legge 49, noi potremmo fare molto meglio rispetto al passato. Devo però aggiungere che il dibattito parlamentare sulla nuova legge di riforma, ci sta dando una splendida opportunità per rilanciare la cooperazione sia in sede parlamentare, sia nell?opinione pubblica. Il dibattito in Commissione Esteri del Senato è entrato nel vivo della materia solo negli ultimi sei mesi e il testo che attualmente è stato definito dal comitato ristretto della Commissione è un buon testo. Di certo, noi vogliamo, lo sottolineo, la nuova legge nel più breve tempo possibile. Ma anche che, nell?attesa, le attività della cooperazione non si interrompano. Ciò significa che anche con la legge 49 e il suo regolamento, dobbiamo far sì che alcuni aggiustamenti siano possibili. Si prenda, per esempio, il settore delle organizzazioni non governative. La legge 49 stabilisce alcune norme nell?erogazione dei fondi alle ong, ma norme successive hanno impedito di dare anticipi sui finanziamenti alle stesse organizzazioni che realizzano programmi affidati loro dal ministero degli Affari esteri. Questo è un problema gravissimo: se non si risolve questo problema legislativamente, si blocca ogni rapporto fra il mondo del volontariato e la Direzione della cooperazione. E questo errore sarebbe madornale, perché sicuramente la nuova struttura della cooperazione, quando sarà operativa, impiegherebbe almeno un anno per restaurare tale rapporto.
Un altro esempio? E magari, un altro errore che penalizza il mondo del volontariato …D?accordo. Restiamo sul volontariato. Oggi, in base alla legge 49 e al suo regolamento, le ong, ai fini dell?affidamento di progetti da parte del ministero degli Esteri, non si possono consorziare. Questa è una stupidaggine, anche se gli organi di controllo devono, seguendo la legge, tenerne conto. Quindi, se si vuole permettere alle organizzazioni non governative di gestire programmi più grandi affidati dal ministero, è necessario consentire loro di consorziarsi. Altrimenti come può pretendersi una loro crescita, se siamo noi stessi a impedirla? Come pretendiamo che le ong italiane gareggiano alla pari, a livello internazionale, con le potenti e organizzatissime ong straniere? Il problema da risolvere è pertanto il seguente: attendiamo che la nuova legge preveda questa possibilità di consorzio o facciamo un aggiustamento regolamentare nell?ambito della legge 49, in attesa della nuova legge? Ebbene, io dico: muoviamoci subito, in attesa della riforma.
Spendiamo anche qualche parola sul cosiddetto ?slegamento? dell?aiuto…
La legge 49 prevede che per l?assistenza allo sviluppo, soprattutto per i crediti, gli aiuti siano ?legati?, intendendo con ciò che i beni e i servizi che vengono acquistati devono essere di origine italiana. Bene. Questa è un?altra distorsione, perché il bilancio che il contribuente ci mette a disposizione deve produrre beni e servizi per i Paesi in via di sviluppo e non per promuovere l?industria italiana. Il fatto poi che l?industria italiana può, attraverso l?attività di cooperazione, entrare nei mercati e esprimersi nei Paesi emergenti deve restare un fatto accessorio. Non bisogna mischiare il commercio con la politica di sviluppo. Senza timore, dico che questo è stato l?errore che ha creato gli scandali degli Anni ?80 e dell?inizio degli Anni ?90. Bisogna separare con l?accetta il commercio dalla cooperazione, legame che è solo una fonte di equivoco o peggio.
Qual è il suo parere sull? ?Agenzia per la cooperazione allo sviluppo? che dovrebbe essere la principale novità della riforma?
Personalmente ritengo l?Agenzia uno strumento efficace. L?Agenzia dovrebbe accogliere tutti i nostri attuali esperti. Bisognerà tuttavia individuare bene il rapporto fra l?Agenzia e il ministero degli Esteri per evitare di tagliare senza distinzioni la parte gestionale dalla parte giuridica-diplomatica, e far sì che l?Agenzia disponga di un certo numero di diplomatici per assicurare tale raccordo fra l?azione politica e quella gestionale.
Sarà davvero l?anno della svolta?
Chissà se il 1999 sarà l?anno della riforma della legge 49/?87 sulla cooperazione?Se ne parla dal 1994, se ne discute dal ?95. In Parlamento le proposte di legge depositate sono più di dieci. Speriamo che l?unico dato certo non rimanga anche quest?anno il risibile stanziamento dell?Italia per gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo (siamo gli ultimi in Europa con lo 0,11 sul Pil). Uno dei punti cruciali della discussione sulla riforma sarà sicuramente rappresentato dalla proposta di un Agenzia per la cooperazione allo sviluppo che dovrebbe occuparsi dell?esecuzione dei progetti e dei programmi di sviluppo. C?è chi la vuole molto forte, indipendente anche dai diplomatici e dalla Farnesina (per esempio i Popolari e Rifondazione), e chi la vuole in rapporto più stretto con il personale diplomatico (il sottosegretario agli Esteri, Rino Serri, e i Ds). In attesa della riforma, alla Direzione generale cooperazione allo sviluppo hanno deciso di concentrare oltre il 70% delle risorse italiane in queste aree: Africa del Nord, Corno d?Africa, Bosnia, Albania, Cina e India. Altro obiettivo è lo sblocco dei crediti di aiuto, circa 2.700 miliardi ad oggi ?congelati?.
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