Volontariato,”locus” dell’imprenditorialità

di Paolo Venturi

Dal 10 al 13 aprile si terrà a Lucca la nuova edizione del Festival del Volontariato. L’amico Giulio Sensi mi ha chiesto un contributo sul tema di quest’anno “Liberare le energie dell’Italia” per la rivista “Volontariato Oggi“. Un tema provocatorio che sembra suggerirci una riflessione: senza libertà e senza protagonismo  della persona, la capacità di generare è compromessa .. Da qui il tentativo di costruire un metafora con l’imprenditorialità, forse ardita ma a mio avviso sfidante..

 

“….Ribaltando la prospettiva con cui si leggono tradizionalmente i dati sulla disoccupazione, in particolare quella giovanile, potremmo affermare che mai nella storia del nostro paese c’è stato un potenziale di capitale umano come in questi anni di crisi. La disoccupazione, infatti, può essere assunta sia come indicatore di una ferita profonda nel futuro di molti giovani, sia di un enorme potenziale,  un asset capace di attivare quell’energia necessaria ad innovare le sfere economico-sociali del nostro paese.

Parafrasando Adam Smith potremmo tranquillamente dire che il 40% di giovani in cerca di occupazione è la “Ricchezza della (nostra) Nazione”.  Come attivare questo giacimento e questa energia, come renderla protagonista ? Come liberare il lavoro?

Innanzitutto occorre prendere atto che stiamo vivendo in una società sempre più “imprenditoriale”. Nel 2013 il 34% delle imprese aperte ha un titolare under 35 e ogni mese vengono aperte più di 45.000 partite IVA, di cui la metà di giovani under 35 e ¼ per iniziative commerciali e il 12% per attività professionali. L’11% delle imprese italiane (675.000) hanno un titolare under 35 e un 1 giovane su 4 al termine degli studi decide per l’autoimpiego. Alla base di questo cambiamento strutturale c’è una radicale trasformazione del modo di vedere il lavoro: i dati di Unioncamere ci dicono che il 47,1% dei giovani mette “l’autorealizzazione” come motivo alla base delle proprie scelte “imprenditoriali”.

La molla per ripartire sta nella “realizzazione di sé”, ossia nella costruzione di un percorso di senso in cui la persona possa sentirsi protagonista. Un protagonismo spesso spento dalle condizioni del nostro mercato del lavoro e dai suoi requisiti/vincoli, un protagonismo che per potersi attivare richiede una maggiore propensione al rischio: l’incertezza del futuro si può affrontare solo prendendosi dei rischi.

Ecco che dentro una prospettiva di ricerca del senso, inteso come significato e direzione, l’esperienza del dono diventa pedagogica per sostenere il coraggio di una nuova generazione.

Il dono è sempre un rapporto, una relazione. L’identità della persona si nutre e si forma nel rapporto con l’altro, con qualcuno che apparente non c’entra con il mio progetto di vita ma che l’esperienza ci insegna poi divenire elemento costitutivo della persona stessa.

Fare volontariato, come ogni relazione sincera, postula un rischio e mette in gioco un cambiamento. In questo senso l’esperienza del dono diventa pedagogia, anche per coloro che vogliono costruirsi un percorso imprenditoriale.

L’altro aspetto su cui volevo riflettere riguarda le motivazioni . Nella società imprenditoriale occorre superare il pensiero unico delle motivazioni estrinseche che tende unicamente a correlare il tempo del lavoro alla remunerazione monetaria. Oggi è necessario mettere in campo soprattutto motivazioni intrinseche e ideali per essere generativi; motivazioni che trovano la loro remunerazione non solo nel compenso, ma anche nella gratificazione che nasce dal costruire, in ciò che si fa, relazioni significative. Anche in questo l’esperienza del volontariato si offre come “palestra” per educare quelle motivazioni (oggi sempre più scarse e perciò preziose) indispensabili per avviare progetti innovativi e nuove imprese.

Il volontariato assume così una valenza multipla: non solo locus della solidarietà e della reciprocità, ma anche locus per educare ad  nuova imprenditorialità”

Arrivederci a  Lucca … !!

 

 

 

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