Non profit
Volontariato: upgrade di una legge
Riflessioni su metodo di riforma di una legge tanto amata
Una schiera di “corazzate” del volontariato – CNV, Forum del Terzo Settore, Coordinamento dei Centri di Servizio, Convol (e scusate se me ne dimentico qualcuno) – ha da tempo espresso il desiderio di riformare la L. 266/91, muovendo così i primi passi operativi e politici finalizzati a presentare in breve tempo proposte concrete e plausibili di modifiche legislative.
Accenno, con queste poche note, solo ad un metodo di riforma che personalmente ritengo, se non vincente, almeno costruttivo e che per questo ha diritto di cittadinanza tra le idee che possono contribuire al processo in atto.
Il metodo consiste semplicemente nella definizione di tre mete da raggiungere in un lasso di tempo ragionevole.
1. Costruire più mappe della legge (tipo carta geografica), e di volta in volta segnalare gli articoli, i commi, i periodi che sono risultati, nell’esperienza comune:
– meno comprensibili al senso comune;
– meno attuati, sia a causa della mancata emanazione di regolamenti, decreti da parte del legislatore, sia perché nella pratica comune le organizzazioni non vi si sono adeguati senza per questo essere stati in qualche modo “scoperti” e sanzionati (chi sa che le organizzazioni di volontariato sono obbligate a tenere un libro dei donatori?);
– più controversi, e che hanno portato a maggiori liti con il fisco o che hanno subito le più diverse interpretazioni, anche per arrivo di altra legislazione (es. differenza tra attività commerciali e produttive commerciali e attività connesse);
– i più obsoleti, che non corrispondono più alle necessità del volontariato e che sono stati di fatto superati da altre normative.
2. Fare la scorta delle normative direttamente non profit e di quelle che lo “toccano” in qualche misura, e iniziare a pensare (se possibile) come farne fare direttamente riferimento all’interno della nuova versione. E’ il caso della legge sull’imposta sugli intrattenimenti, sulle Onlus (buona legge maltrattata in prima infanzia da madre Finanza), sulle associazioni di promozione sociale (ottima e dimenticata da sorellastre Regioni), sulle nuove procedure di riconoscimento delle persone giuridiche, sulla responsabilità degli amministratori, sull’Agenzia delle Onlus, finanziamento (a copertura costo IVA) dell’acquisto di mezzi di soccorso …
L’importazione di pezzi di norme o di riferimenti legislativi permetterebbe di vedere in un solo contesto tutto (o almeno gran parte) lo “scibile” normativo sul volontariato.
3. Infine, fare l’inventario delle “cose” che non ci sono o che sono limitate e che vorremmo inserire o aumentare; provo a fare un mio elenco della spesa:
– regolamentazione delle organizzazioni di secondo livello (associazioni di associazioni)
– incremento della detraibilità e deducibilità delle erogazioni liberali ed estensione della disciplina alla donazione di azioni, obbligazioni …
– inquadramento fiscale decommercializzato delle sponsorizzazioni
– definizione e possibile distinzione tra aderenti (soci) e volontari
– accesso a particolari forme di credito agevolato (titoli di solidarietà, …)
Se rileggete i tre step noterete che non è altro che una sequenza di lettura del passato, confronto con il presente, proposta per il futuro; come dire, alla Bernardo di Chartres, che “siamo nani sulle spalle dei giganti”, e che se oggi possiamo guardare al domani con apprensione e senso di responsabilità, lo dobbiamo a ciò che la legge ha permesso di produrre nel tempo, un volontariato strutturato.
Per questo motivo credo che il metodo proposto (come anche altri, il più è che non si vada per tentativi e alla rinfusa) alla fine offrirebbe ad operatori, “esperti” e legislatore un esauriente panorama di “proteste e proposte”, innegabilmente coerente con la vita vissuta delle organizzazioni.
Carlo Mazzini
Area non profit
Studio Legale Tributario Associated with Ernst & Young
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