Cultura
Volontariato: presentato oggi il rapporto Iref
Metà degli italiani compra equosolidale
I comportamenti socialmente responsabili si fanno strada nella vita degli italiani: il 39,8% consuma in modo critico, il 57,2% ricorre al commercio equo e solidale, il 36,9% ha uno stile di vita sobrio. E’ quanto emerge dall’ottavo Rapporto dell’Iref, l’istituto di ricerca delle Acli, presentato oggi, in cui si fotografa l’associazionismo sociale nel nostro Paese e dal quale si rileva un ritorno nelle piazze degli italiani (nel 2002, 1 su 5 ha partecipato a manifestazioni spontanee), con un ”risveglio della partecipazione”, e la ripresa del volontariato al 15,1%, ai livelli della fine degli anni ’80. Piace soprattutto il volontariato informale, in particolare quello nelle parrocchie, svolto dal 28% delle persone, il 9% in piu’ rispetto al 1999. Nonostante cio’, ”meta’ degli italiani se ne sta ‘con le mani in tasca’, e’ indifferente a quanto avviene nella comunita”’. Aumentano pero’ le donazioni: le fa un italiano su 2. In tema del sociale, le regioni del sud sono ”bloccate”. L’impegno personale sta diventando una caratteristica del comportamento nel nostro paese, per l’indagine Iref che ha intervistato un campione di mille persone. Il 49,1% (contro il 46,2% del 1999) si dedica alla filantropia e fa donazioni; in aumento anche l’interesse per il risparmio e l’investimento etico, al 2,7%. Pochi pero’ ancora quelli che lo praticano (4 per mille) come anche il turismo responsabile (7 per mille). Perche’ gli italiani sostengono il consumo responsabile? Per finalita’ sociali, dice il 55,7%; il 46,6% per contribuire ad evitare ingiustizie sociali, come lo sfruttamento minorile. Sul ritorno alla partecipazione nelle piazze, il rapporto sottolinea che questa tendenza si rileva soprattutto fra i giovani (32,7%), fra gli studenti (42,1%) e nelle classi medie, ceti che nel passato erano ”dormienti”. Sostanziale tenuta del terzo settore, che pur subendo una leggera flessione (dal 44,7% del 1999 al 43,3% del 2002) continua ad essere il maggiore bacino di reclutamento dei volontari. Inoltre, nel volontariato informale, l’Iref segnala l’azione individuale praticata dal 20% della popolazione nel 2002 (era il 17,5% nel 1999 e il 16,4% nel 1997). Secondo l’Iref, si puo’ parlare di una riduzione della forbice fra associazionismo e partecipazione politica. Un tema che identifica ”quattro Italie”: quella dell’estraneita’ (47,1%), della delega (22,2%), dell’adesione (14,9%) e dell’ impegno (15,8%). Accanto alla meta’ degli italiani indifferente a quanto avviene intorno, piu’ del 20% mette mano al portafoglio delegando qualcun altro ad occuparsi del sociale; il 15% e’ pronto a fare qualcosa e a prendere per mano chi non riesce a tenere il passo; un altro 15% si assume il compito di promuovere catene di solidarieta’ e reti civiche per collegare milioni di mani attive e responsabili. Sull’impegno sociale, l’Iref traccia una mappa del capitale sociale, ossia la dotazione civile ed istituzionale di un’area. Anche qui, il rapporto rileva quattro tipi di regioni. Quelle ”bloccate”, quasi tutte al Sud, contraddistinte da valori modesti nella dotazione di capitale sociale civile e nell’indice potenziale di sviluppo territoriale; le regioni ”in crescita” (Marche, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Sardegna) dove all’aumentare delle dotazioni di risorse provenienti dal terzo settore e dalla societa’ civile aumenta il valore dell’indice potenziale di sviluppo regionale; le regioni ”in consolidamento” (Veneto, Toscana e Piemonte), dove ci sono radicate tradizioni civili ed e’ ottimizzato il capitale sociale istituzionale; le regioni ”virtuose” (Lombardia e Emilia Romagna) ”dove la presenza di un fitto tessuto associativo si innesta in una densa trama di rapporti, registrando robusti livelli di crescita”. Regione ”in bilico” il Lazio che si trova un po’ a meta’ fra le regioni in crescita e quelle bloccate. Alla presentazione del rapporto – presente il sottosegretario al welfare Grazia Sestini – il presidente delle Acli, Luigi Bobba ha chiesto al governo di incoraggiare la leva fiscale per le donazioni, di premiare i comportamenti responsabili come l’acquisto di prodotti del commercio equo e solidale, di sostenere le reti dell’associazionismo.
La priorita’ internazionale per gli italiani e’ la lotta al terrorismo islamico, ritenuta tale dal 60,1% della popolazione. Sul versante interno, al primo posto, per il 43,1% delle persone, c’e’ la riforma delle pensioni e gli aiuti alla famiglia (57,6%). Sono i risultati di un focus realizzato dall’Iref, il centro ricerche delle Acli, nell’ambito dell’ ottavo rapporto sull’associazionismo sociale in Italia, presentato oggi. L’istituto di ricerca ha tracciato un’agenda politica e finanziaria degli italiani. Sul versante politica estera, al primo posto c’e’ la lotta al terrorismo internazionale, segue la soluzione del conflitto arabo-israeliano (56,7%), i flussi di immigrati clandestini (41,1%). La classifica continua con la giustizia globale e l’azzeramento del debito dei paesi poveri (32,9%), la riforma del G8 per favorire la partecipazione dei paesi meno ricchi (24,1%), la Tobin tax (24,6%). Il rafforzamento delle istituzioni politiche nella Ue e’ considerato molto importante dal 21,5% (arriva al 73,8% se si aggrega il dato con chi la considera abbastanza importante) e l’ allargamento dell’unione a 30 paesi costituisce priorita’ solo per il 14% degli italiani. L’allargamento dovrebbe essere evitato per il 20% degli intervistati. Per quanto riguarda la finanziaria, gli italiani chiedono piu’ risorse per la famiglia (57,6%) attraverso misure come gli assegni familiari o le detrazioni fiscali; per il sistema sanitario nazionale (oltre il 40%), il sistema previdenziale (42,4%). Vorrebbero invece che fossero destinate meno risorse agli sgravi per le imprese (22,4%), per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati (23,6%). Infine, sul versante della politica interna, la maggiore preoccupazione degli italiani e’ la riforma delle pensioni (43,8%), del sistema socio-assistenziale (41,6%), del mercato del lavoro (41,5%), della scuola (41,2%). Segue la riforma fiscale (37,6%), la riforma federale dello stato (21,6%), le riforme istituzionali (19,5%).
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