Caro Frisanco, lei sottolinea un tema vero, cioè la difficoltà dell’aggettivo”volontario” a nominare ciò che costituisce il cuore dell’impegno gratuito: la disponibilità a farsi carico del bisogno altrui senza alcun calcolo utilitaristico e la disponibilità all’ingaggio “con” il portatore di bisogni. Putroppo oggi “volontario”, oltre ad essere parola poco attrattiva nell’epoca dell’individualismo compiuto e della libertà senza limiti, designa ingaggi tra loro diversissimi. È volontario il partecipante alle ronde, il giovane in servizio civile, quello in servizio militare all’estero, il cooperante internazionale, il partecipante alle gare di bungee jumping, ecc ecc.
Su un unico punto non concordo: il volontario non dona ciò che ha in eccedenza, dona “tout court”, la gratuità è una disposizione dell’animo non un sovvrapiù. O meglio, è sì una sovrabbondanza, ma del cuore.
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