Non profit
volontariato: essere riconosciuti conviene?
I dubbi di una odv ancora da costituire
di Paola Mattei
«Cosa si deve fare per costituire una organizzazione di volontariato? È complicato? Occorre rivolgersi a un notaio? Quali sono le differenze tra un’associazione riconosciuta e una non riconosciuta, e quale forma conviene assumere?»: queste sono alcune domande che arrivano spesso in redazione. Riassumiamo tutte le questioni nel seguente articolo, che intende offrire alcuni elementi utili a decidere se assumere o no la veste di associazione riconosciuta.Il primo passo è quello di redigere atto costitutivo e statuto. L’atto costitutivo è l’accordo, la base comune sulla quale i soci fondatori intendono svolgere l’attività sociale. Lo statuto è anch’esso un accordo tra i soci, ma contiene le regole organizzative della odv e regola i rapporti tra l’associazione e i soci e tra questi ultimi tra di loro.
È necessario rivolgersi al notaio? No, a meno che non si intenda chiedere la personalità giuridica e diventare quindi una odv riconosciuta ai sensi dell’art. 14 e seguenti del Codice civile e dpr n. 361/00. È consigliabile, invece, far registrare tali documenti all’Ufficio locale delle Entrate, per dare certezza alla data di costituzione.Nel caso di un’organizzazione non riconosciuta, quidni senza personalità giuridica, statuto e atto costitutivo devono prevedere: il nome dell’ente; il suo scopo; l’ordinamento interno e l’amministrazione; le condizioni in base alle quali si ammettono gli associati. Nel caso di odv riconosciuta, bisogna indicare anche il patrimonio e la sede. In entrambi i casi, statuto e atto costitutivo possono prevedere clausole relative allo scioglimento dell’odv e alla devoluzione del patrimonio.
La legge 266/91 dà ulteriori indicazioni sul contenuto dello statuto, stabilendo che debba obbligatoriamente indicare l’assenza di fini di lucro, la democraticità interna, l’elettività e la gratuità delle cariche associative, la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione degli aderenti, i loro obblighi e diritti, l’obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell’assemblea dei soci. Per quanto riguarda gli organi di una odv, il Codice civile e la legge 266 prevedono: assemblea, direttivo, presidente. L’assemblea, composta da tutti i soci, fissa le linee guida sull’attività ed elegge il direttivo, formato da un gruppo circoscritto di soci. Questo porta avanti l’attività e gestisce l’odv, realizzando in concreto le indicazioni dell’assemblea. Il presidente fa parte del direttivo e generalmente è il legale rappresentante dell’odv. Sono facoltativi, invece, il Collegio dei revisori o revisore unico che controlli la contabilità (ma il revisore è obbligatorio per le onlus con proventi superiori al milione di euro) e il Collegio dei probiviri. Come si diventa un’odv riconosciuta? Per ottenere il riconoscimento le associazioni devono farne richiesta allo Stato o alla Regione, che gestiscono gli appositi registri delle persone giuridiche. Questo procedimento è assolutamente indipendente e diverso dall’iscrizione nei registri del volontariato. Il riconoscimento ha due conseguenze. La prima: le associazioni riconosciute hanno autonomia patrimoniale, il patrimonio dell’associazione, cioè, è distinto dal patrimonio degli associati o degli amministratori. Un creditore dell’associazione, quindi, non può rivalersi sui patrimoni degli associati e il creditore del socio non può rivalersi sul patrimonio sociale. La seconda: gli amministratori rispondono esclusivamente delle obbligazioni assunte per conto dell’associazione. Le associazioni non riconosciute, al contrario, non hanno autonomia patrimoniale perfetta: un eventuale creditore dell’associazione quindi avanzerà pretese prima sul fondo sociale, ma in caso questo non fosse sufficiente, potrà richiedere che ne rispondano in solido (di tasca propria) tutti coloro che hanno agito per conto dell’associazione.
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