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Volontariato e iva: un rapporto difficile

Il sistema applicativo dell’Iva è, purtroppo per gli enti non commerciali, imperniato su meccanismi che non riescono ad agevolare l’operatività di intervento sociale...

di Redazione

Siamo un?associazione di volontariato-onlus e abbiamo letto di recente che determinate operazioni effettuate da parte delle cosiddette ?onlus di diritto? possono risultare esenti o ad aliquota ridotta in specifici casi. Vorremmo chiarimenti sul tema.
Lettera firmata

Il sistema applicativo dell?Iva è, purtroppo per gli enti non commerciali, imperniato su meccanismi che non riescono ad agevolare l?operatività di intervento sociale. I soggetti «commerciali» (es. società) infatti risultano neutri al tributo, ?giocando? tra l?Iva che incassano dai loro clienti e l?Iva che pagano ai loro fornitori; al contrario, gli enti non commerciali si addossano il gravame dell?Iva che corrispondono ai loro fornitori, senza poter neutralizzare nulla, visto che le operazioni attive che compiono non comportano incasso di Iva.

Questa ingiustizia economica porta a ritenere per assurdo più conveniente, ai fini Iva, avere un?attività commerciale. Al riguardo, la maggiore agevolazione che potrebbe concedersi agli enti non commerciali sarebbe quella di non applicare l?Iva quando l?ente assume la veste del ?compratore?: sarebbe bello immaginare che la cessione di un bene venduto a 120 euro avvenisse solo a 100 euro (senza quindi 20 euro di Iva) nei confronti dei soggetti non profit. La nostra legislazione Iva, invece, cerca da sempre di ?agevolare? il comparto prevedendo che le operazioni di ?vendita? effettuate dagli enti non commerciali siano irrilevanti ai fini Iva (quindi le operazioni di cessione sono fuori dall?Iva e, conseguentemente, gli acquisti non danno diritto a detrarre l?Iva pagata per gli stessi).

Le associazioni di volontariato hanno rappresentato la poca comprensione del fenomeno applicativo sopra descritto quando, con la loro legge istitutiva (l. 266/1991, art. 8), è stata concessa un?agevolazione consistente nel fatto che «le operazioni dalle stesse effettuate sono fuori dal campo Iva». Quando nel 1997 è stato istituito il concetto tributario di onlus, ai fini Iva si è previsto solo che alcune operazioni fossero, qualora effettuate da una onlus, ritenute esenti (per dirla tecnicamente, l?Iva non si applica) lasciando alla piena imponibilità (evviva!) le operazioni che non ricadono nelle casistiche di esenzione.

Tornando al quesito, e ricordando che le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri sono onlus di diritto e che (cfr. circ. min. 168/E del 1998) sono libere, con le dovute limitazioni, di adottare la normativa che più conviene, sul piano della normativa Iva, le opzioni sono le seguenti:- applicare la normativa di settore (art. 8 della legge 266/1991) rendendo le operazioni attive fuori dal campo di applicazione Iva e le operazioni passive (gli acquisti) corredate da Iva indetraibile;- applicare la normativa onlus rendendo le operazioni attive potenzialmente (se non esenti o escluse) soggette a Iva e le passive (gli acquisti) corredate da Iva detraibile.

Quanto alle ?novità?, le notizie che avete appreso dalla stampa si riferiscono alle modifiche apportate dalla legge Finanziaria 2007 (l. 296/2006, art. 1 commi 312 e 331) che ha ritoccato due disposizioni del decreto che regola l?applicazione dell?Iva (dpr 633/1972) ampliando il campo di azione ?oggettivo? delle disposizioni di esenzione e fornendo un?interpretazione della applicazione dell?Iva, in esenzione o ad aliquota ridotta, per le cooperative e i loro consorzi. Queste nuove disposizioni però non alterano il sistema Iva per le organizzazioni di volontariato.

Antonio Cuonzo – Studio Camozzi Bonissoni Varrenti


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