Economia
Volontariato di competenza e welfare aziendale, così cambia l’impresa
I risultati di una ricerca condotta da Terzjus in collaborazione con la Fondazione Roche e la società Eudaimon. I dieci casi aziendali di 3M Italia, Boehringer Ingelheim, Chiesi, Edison, Gruppo Marazzato, Novacoop Piemonte, Novartis, Roche, Snam e Unipol Sai aprono gli scenari a nuove prospettive
Presentati questa mattina a Palazzo Wedekind, a Roma, i risultati della ricerca sul volontariato di competenza che Terzjus ha condotto insieme con Fondazione Roche e la società Eudaimon. Lo studio, dal titolo “Quando il sociale e l’impresa fanno squadra: Professione Volontario”, sarà consultabile dalle prossime ore dal sito di Terzjus, mentre dallo store di Vita potete scaricare gratuitamente la sintesi in formato instant book ha preso in esame dieci casi aziendali (3M Italia, Boehringer Ingelheim, Chiesi, Edison, Gruppo Marazzato, Novacoop Piemonte, Novartis, Roche, Snam, Unipol Sai); analizza e porta in evidenza un fenomeno forse ancora poco conosciuto, ma che rappresenta una prospettiva di sicuro interesse. In particolare, le imprese coinvolte nello studio hanno coinvolto attivamente i propri collaboratori affinché scegliessero di mettere le proprie competenze professionali a disposizione di enti pubblici o del Terzo settore nello sviluppo di progetti e di attività di interesse collettivo. L’evento è stato moderato da Sara Vinciguerra, responsabile comunicazione di Terzjus.
Luisa Gnecchi, vicepresidente dell’Inps e volontaria Auser, ha sottolineato che «il volontariato è tanto importante in termini di relazionalità, permette di mantenere la propria vita attiva anche dopo il pensionamento. Il Codice del Terzo settore, che cerca di sostenere questo, non viene vissuto ancora in questi termini. È importante mettere a disposizione ciò che facciamo o abbiamo fatto nel corso della nostra vita retribuita. L’esperienza quotidiana serve per correggere e mettere a punto le norme, che a volte potrebbero essere scritte meglio. Questa ricerca di Terzjus aiuta in tal senso».
Il viceministro dello Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, ha aggiunto: «L’analisi parla del prestito gratuito da parte di imprese, collaboratori e maestranze ad enti del Terzo settore per progetti di utilità sociale. Un settore che rappresenta una delle forze del nostro Paese e che tanto ausilio ha dato nel cambiamento del welfare. È un momento strategico, ma abbiamo visto tutti come il Terzo settore abbia saputo fornire un enorme supporto nel periodo della pandemia. Lo sta facendo anche durante la guerra in Ucraina e nei confronti delle emergenze nel continente africano. Stiamo vivendo una fase di trasformazione del modello economico e commerciale cui eravamo abituati. In Italia abbiamo avuto un rimbalzo del 5-7% del Pil, che potrebbe essere confermato anche nel prossimo futuro. Ma è proprio nei momenti di crisi che occorre mobilitarsi e reiventarsi. Il ruolo del Terzo settore è fondamentale, e tante organizzazioni e associazioni sono pronte a utilizzare ciò che mette a disposizione il Pnrr, con meccanismi virtuosi di partecipazione pubblico-privato».
Per Luigi Bobba, presidente di Terzjus, «questo progetto si ispira a un’operazione che l’azienda Roche aveva fatto con il Ministero della Salute nei primi mesi di pandemia. Con l’amministratore delegato di Eudaimon, Perfumo, abbiamo capito che c’era una possibile connessione sul fronte del welfare aziendale. Così abbiamo iniziato a ragionare insieme, ed è nata una ricerca esplorativa. Dieci esperienze d’impresa non costituiscono un fattore rilevante sotto il profilo statistico, ma cogliamo un segnale per il futuro che ruota attorno a due focus: da un lato il volontario di competenza, che può sembrare un ossimoro ma non lo è, e dall’altro l’impresa. Sono i due lati della stessa medaglia. Abbiamo studiato dei casi concreti che possono fornire spunti interessanti».
Francesco Frattini, segretario generale Fondazione Roche, ha poi detto: «Tra le nostre mission abbiamo il sostegno alle comunità in cui operiamo. La Fondazione d’impresa è il braccio dell’impresa stessa rivolto verso la comunità. Il volontariato d’impresa è una delle tante sfaccettature emerse nel corso dei decenni, e si esplica in molti modi. Dei 1.200 dei dipendenti Roche, molti sono giovani. E loro hanno un’enorme pulsione nei confronti del volontariato. Ci sono tante aziende che offrono degli ottimi casi da prendere ad esempio, idee che possono aiutare la collettività».
Alberto Perfumo, presidente di Eudaimon, si occupa da 20 anni di welfare aziendale. «Ben prima della tumultuosa crescita degli ultimi tempi», precisa. «Questo ambito, come il volontariato di competenza, è un ponte tra quello che sta dentro l’impresa e ciò che sta fuori. Dalla ricerca emerge chiaramente che i due focus sono modi simili con cui l’azienda si preoccupa non soltanto del suo risultato economico ma anche del benessere della comunità circostante, oltre che dei propri lavoratori. I due anni di pandemia hanno lasciato nelle persone il desiderio di sentirsi utili in qualche modo.
Cristiano Caltabiano, ricercatore sociale: «C’è un fenomeno in espansione sia in Italia che all’estero: nel 47% delle medie e grandi aziende, il personale dedica giornate al volontariato, seppure in maniera multiforme. Talvolta oltre l’orario di lavoro. Questi lavoratori mettono a disposizione la propria competenza al servizio della comunità. In verità, diventa poi un interscambio di competenze: un po’ trasferisco, un po’ prendo. Nel corso della ricerca abbiamo studiato tanti aspetti, tra cui la genesi dell’aziende volontaria, lo sviluppo di competenze e gli effetti che tutto ciò ha sia nella vita dei lavoratori volontari ma anche a livello organizzativo. Le 10 aziende coinvolte sono di medio-grandi dimensioni, hanno da un minimo di 250 sino a oltre diecimila dipendenti. Abbiamo fatto 24 interviste ai dipendenti, compresi i top manager, 3 case history e due focus group».
Il segretario generale di Terzjus, Gabriele Sepio, ha precisato che «questo è soltanto il primo passo di un processo divulgativo importante. Siamo abituati a conoscere un cosiddetto fisco “cattivo”, che toglie, ma c’è pure un fisco “buono”, per esempio quello che consente benefici fiscali nei casi di donazione (che in Italia ammontano a 5,5 miliardi di euro l’anno). Poi c’è il fisco che interviene a favore di un ente del Terzo settore, per esempio nel caso di cessione di un bene da parte di un’azienda senza il ricarico dell’Iva, come accadeva in passato. Pochi conoscono questa opportunità, come pure il volontariato d’impresa: i lavoratori possono essere destinati al bene comune, e ciò non viene caricato sulle spalle dell’impresa perché una norma prevede che i costi di quei lavoratori entrino a far parte del percorso d’impresa. Un ponte ideale tra il profit e il non profit, che cambia la prospettiva: l’impresa non offre semplicemente dei soldi a un ente del Terzo settore ma lo aiuta in maniera più sostanziale e collaborativa. Questa ricerca aiuta a conoscere meglio le norme statali ma anche il cosiddetto fisco circolare. Il volontariato di competenza parla dei bisogni e si lega benissimo al welfare aziendale, che è un altro esempio virtuoso di fisco».
Fausto Massimino di Roche, Alberto Marazzato dell’omonimo Gruppo e Matteo Caserotti di Snam hanno illustrato i rispettivi casi aziendali (come il progetto “Roche si fa in 4”; l’iniziativa di Marazzato nella sanificazione degli ambienti durante l’emergenza pandemica; l’impegno di Snam nel volontariato di competenza, avviato oltre cinque anni fa e focalizzato negli ultimi 24 mesi nell’ambito Stem) e ragionato sulle possibilità di incrementare tali attività.
Volontariato di competenza, business ed etica, sostenibilità sono i temi trattati in termini di scenario e opportunità da Vanessa Pallucchi, portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore («Le nostre realtà sono pronte ad affrontare questa nuova sfida nella misura in cui il Paese è pronto a capire che cos’è lo scambio di competenze. Il Terzo settore può migliorare, ma non dimentichiamo che ha saputo offrire risposte più immediate nelle emergenze rispetto alle istituzioni», ha detto), e Ferruccio de Bortoli, editorialista del Corriere della Sera. Il giornalista ha invece ricordato che «il volontariato di competenza introduce nel Terzo settore non solo degli elementi di preparazione professionale ma anche gli intenti, le passioni e la condivisione di un senso di utilità sociale che riguarda tutti i cittadini e le imprese. Sono convinto che gli stakeholders, oggi, siano tutti i cittadini, non i clienti o gli azionisti delle aziende, perché oggi ci si interroga sempre di più sull’utilità sociale di ciò che viene fatto. La pandemia ha creato nuove fragilità: degli anziani ci siamo già dimenticati, mentre i giovani hanno perso molto più dei due anni che abbiamo perso noi adulti. Non sono problemi solo familiari. La grande sfida di questi anni sarà quella di tenere il tessuto sociale che è stato strappato in varie parti. Lo si potrà fare mettendo in atto tutta la rete del Terzo settore».
È possibile vedere l’intero seminario di presentazione cliccando qui.
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