Formazione
Volontariato culturale: grandi numeri, troppo campanilismo
A Lucca confronto di esperienze. E di problemi
di Redazione
Sono migliaia in Italia le associazioni che si occupano del settore.
Spesso con grande competenza. Ma non basta. Ci vuole innovazione«Lu.Be.C», ovvero Lucca Beni Culturali. È il titolo di un convegno giunto alla quinta edizione e che si terrà nella stupenda città toscana il 22 e 23 ottobre. Perché segnalare un appuntamento così? Perché è un ambito interessante in cui si approfondiscono e si confrontano le varie strategie per la valorizzazione di un territorio. Non per niente tra gli attori chiamati all’appuntamento c’è anche il volontariato, che riveste un ruolo poco noto ma di assoluto primo piano nella valorizzazione dei beni culturali. Come ricorda Patrizio Petrucci, presidente del Cesvot, il Centro servizi per il volontariato toscano, «abbiamo 300 associazioni di volontariato che operano in questo ambito. Ben 129 si occupano in particolare di tutela e promozione dei beni culturali». Sono piccole e grandi associazioni ben radicate sul territorio che, grazie al lavoro volontario e alla collaborazione con le istituzioni, garantiscono l’apertura di molti spazi, musei, chiese, palazzi e siti archeologici. Cesvot sarà presente all’appuntamento lucchese con uno stand e con un convegno di due giorni dal titolo «Il volontariato nei beni culturali: lo stato dell’arte in Toscana», organizzato con la Federazione toscana volontari beni culturali. «Negli ultimi anni», continua Petrucci, «molte associazioni hanno avviato, grazie al sostegno di Cesvot, corsi di formazione e progetti di intervento. In questo modo offriamo alle associazioni il supporto necessario per migliorare l’attività. Un volontariato dei beni culturali più forte e organizzato significa anche più tutela e valorizzazione del patrimonio culturale».
Sarà una riflessione centrata sull’esperienza toscana, ma l’ambizione è di avere un respiro più ampio. «Il settore dedicato ai beni culturali è il più giovane, meno consolidato e piuttosto gracile», spiega Maria Pia Bertolucci, vicepresidente del Centro nazionale volontariato. «Nonostante questo, come Centro nazionale abbiamo individuato più di duemila associazioni attive in tutt’Italia». Secondo la Bertolucci è chiara la sfida che questo mondo così variegato ha davanti a sé: «Superare il campanilismo. Ogni ente è molto geloso delle proprie attività e le comunica raramente all’esterno. Purtroppo questo atteggiamento rappresenta un grosso limite: le associazioni denunciano scarsità di mezzi economici, ma è proprio la mancanza di visibilità delle loro iniziative che porta all’assenza o limitatezza del sostegno dal mondo esterno».
Ma qual è il profilo tipo del volontario culturale? Risponde la Bertolucci: «È una persona con molta volontà e molta professionalità. Non è un professionista ma si forma, conosce, approfondisce, porta avanti un lavoro di educazione permanente che lo rende coprotagonista del suo impegno».
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