Cultura
Volontariato: Caritas, siamo in 200mila
Riflessioni e dati in occasione delle Conferenza di Arezzo. «Attenzione all'eclissi del gratuito»
La Caritas riflette sul volontariato. La conferenza di Arezzo, che si apre oggi, è lo spunto di un intervento per l’organizzazione caritativa della Chiesa italiana. E l’occasione per fornire alcuni dati.
«La tappa di Arezzo», recista una nota, «carica di attenzioni anche istituzionali, in Italia e in Europa, ad esperienze nuove (servizio civile volontario) o rinnovate (protezione civile), oltre che ad un quadro legislativo sul volontariato in evoluzione – seppur limitato al rapporto tra Istituzioni e organizzazioni – può costituire un momento importante di confronto e discussione. Molti i nodi problematici: l?eclissi del gratuito, la questione dei registri, il sogno e la realtà dei Centri di servizio, la necessità di definire nel Terzo settore il ruolo del volontariato, l?educazione dei giovani al e nel volontariato, le modalità di partecipazione attiva dei volontari ai tavoli territoriali e, ai diversi livelli della programmazione politica, spazi di rappresentanza per il volontariato di advocacy, la necessità di altri supporti.
La recente terza indagine sui servizi socio-assistenziali collegati alla Chiesa, edita dalla Elledici, ha regalato anche un’interessante fotografia del volontariato nella Chiesa Italiana, a partire dai servizi collegati alle Caritas diocesane e parrocchiali, ai 15 organismi della Consulta Ecclesiale Nazionale, ad altri organismi e associazioni, ad enti ‘autonomi’, ma cristianamente ispirati.
Il quadro censito vede la presenza di oltre 200.000 volontari, 70.000 religiosi, 9.000 obiettori di coscienza nei quasi 11.000 servizi socio-assistenziali, a fronte di 89.000 operatori.
Metà proviene dalle parrocchie, 60.000 dalle associazioni cattoliche e 40.000 sono persone che spontaneamente si accostano all’esperienza di volontariato nei servizi.
Il 41% dei servizi – ed è questo un aspetto nuovo e interessante – vede la presenza di un volontariato familiare (sono 8.000 le famiglie volontarie).
Il personale volontario è il 40 nelle case per anziani; sale al 70% nelle comunità terapeutiche, comunità alloggio per minori e disabili; all’80% nei servizi di pronto intervento e di prima accoglienza; al 90% nelle carceri e nell’assistenza domiciliare; al 93% nei centri di ascolto, di distribuzione e negli ambulatori.
Quasi la metà (47,3%) dei servizi socio-assistenziali della Chiesa conta solo su personale volontario. I volontari incontrano e offrono un servizio soprattutto alle famiglie in difficoltà, agli immigrati, ai minori, ai tossicodipendenti e alcolisti, ai senza fissa dimora, ai detenuti, agli anziani e ai malati di mente: il primo volto che poveri incontrano nei servizi ecclesiali è il più delle volte il volto di un volontario.
Dati e osservazioni che ribadiscono la forza storica e popolare del volontariato sociale ecclesiale, che ha offerto un di più di novità, relazionalità, competenza, qualità ai servizi socio-assistenziali della Chiesa. Un volontariato per lo più non accuratamente organizzato, ma preparato, formato e guidato da una comunità parrocchiale radicata sul territorio, vicina alla gente, con lo sguardo attento e immediato ai più poveri. E’ questa percezione solidale del disagio altrui, che conferisce alle persone impegnate nel volontariato, specie ai giovani, il senso profondo di essere cittadini corresponsabili di una terra da amministrare a beneficio dell’intera famiglia umana.
A questi volontari va il riconoscimento della società e dello Stato che, se vuole essere anche un sostegno ed un supporto, dovrebbe indirizzare gli sforzi e le risorse verso un?offerta formativa qualificante e verso la valorizzazione del loro apporto nelle pieghe degli interventi e delle politiche sociali, dalla loro elaborazione alla loro attuazione e verifica».
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