Cultura

Volontariato/ Associazioni, sempre di più. Piccole e iperattive

Spiega Nero Zamaro, il maggior “statistico” del non profit, che è una crescita incessante, ma crescono anche i rischi di non mantenere le promesse fatte...

di Maurizio Regosa

Nereo Zamaro, direttore del Servizio statistiche sulle istituzioni pubbliche e private all?Istat, è l?uomo che sa a memoria tutti i numeri del volontariato italiano. Nel 2008 ci sarà la prossima rilevazione nazionale, che uscirà nel 2009. Ma dal suo osservatorio, Zamaro segue tutti i cambiamenti passo a passo.

Vita: Come è cambiata la composizione sociale del volontariato dalla Conferenza di Arezzo del 2002 ad oggi?
Nereo Zamaro: Si continua a registrare una crescita sia del numero delle associazioni sia di quello dei volontari, che però non crescono in maniera proporzionale alle organizzazioni. Questo ha una conseguenza importante: le organizzazioni sono sempre più piccole e la loro capacità operativa mediamente ne risente, perché gli utenti invece crescono. In parole povere: ogni volontario deve seguire sempre più utenti.

Vita: Nel profilo del volontario c?è un cambiamento?
Zamaro: Direi di no. I volontari si posizionano sempre nelle classi di età centrali, da 30 a 64 anni, cresce il livello medio di istruzione e il background professionale dei volontari. La questione da approfondire è la relativa esclusione delle donne dai ruoli di comando: le associazioni cioè non sono un mondo speciale, ma riproducono le stesse dinamiche del resto della società.

Vita: L?ultima rilevazione, relativa al 2003, già segnalava l?elevata età media della classe dirigente delle associazioni di volontariato. È cambiato qualcosa?
Zamaro: È un fenomeno che varia molto da un settore all?altro. Nel settore sanitario e socio-assistenziale ultimamente mi sembra di rilevare un abbassamento dell?età media. Non so ancora se si tratta di casi episodici o del segnale di un incipiente ricambio generazionale in tutta la struttura. D?altronde questo è un mondo dove agiscono tante spinte e ci sono tanti tentativi di andare in direzioni diverse.

Vita: Quali sono i campanelli d?allarme che coglie?
Zamaro: Sicuramente il calare delle dimensioni medie e la crescita del carico di lavoro. Riusciranno le organizzazioni ad attrezzarsi? Mi preoccupa poi il fatto che le associazioni, tendenzialmente piccole, moltiplichino i settori di attività, diversificando le proposte: sapranno mantenere le promesse? E poi, quali proposte? Aumentano le associazioni attive nel tempo libero: avremo presto un volontariato che si dedica quasi solo alle gite? Non ho delle risposte, però mi sembra opportuno interrogarsi.

Vita: Quali invece i segni di vitalità?
Zamaro: La diffusione capillare dei Csv. È una sfida importante e delicata, perché da un lato i Csv possono sostenere lo sviluppo del settore, dall?altro devono essere come le bocce dei pesci rossi, assolutamente trasparenti, devono dimostrare che tutto ciò che fanno è solo per la crescita delle organizzazioni.

Vita: Com?è cambiato il rapporto tra organizzazioni di volontariato e welfare?
Zamaro: È evidente che oggi tutto il terzo settore concorre a gestire le politiche sociali locali. Non dà più una mano, decide l?implementazione dei servizi. In assenza di altri osservatori, quali i sindacati o i partiti, le organizzazioni di volontariato diventano l?unico terminale per il monitoraggio dei bisogni emergenti e quindi per la ridefinizione delle politiche di welfare. I volontari hanno questa autoconsapevolezza? E le organizzazioni sono in grado di garantire che il dato raccolto alla base giunga in modo sano nell?arena politica, dove di solito le associazioni non arrivano?

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