Giubileo dei volontari

Volontari senior, così gli anziani aiutano gli altri aiutandosi

Prima tappa di un viaggio che dopo quello degli over 65 racconterà altri volontariati. I prossimi protagonisti saranno gli stranieri e le persone con disabilità

di Chiara Ludovisi

anziani volontari Misericordie

Non ha età, non ha confini, non ha barriere: il volontariato è un’attività per tutti e tutte, inclusi anziani – anche molto anziani – che nel rendersi utili al prossimo trovano spesso una “seconda giovinezza”.
È proprio da loro, dai volontari “senior”, che vogliamo iniziare nei giorni del “Giubileo dei volontari” questo piccolo viaggio nel volontariato senza barriere.

Le prossime tappe

Incontreremo poi volontari stranieri, rifugiati per la precisione, fuggiti da guerra o povertà, che qui in Italia hanno trovato speranza e hanno deciso di restituirla, per sentirsi parte attiva della comunità che li ha accolti.
E poi volontari con disabilità, che non solo superano i propri limiti, ma li trasformano in risorse per entrare in empatia e offrire il proprio supporto a chi vive, a sua volta, una condizione di difficoltà. E in questo modo si spogliano, una volta per tutte, dei panni degli “assistiti” e si sentono, a tutti gli effetti, cittadini attivi. 

Un aiuto contro solitudine e isolamento

Il volontariato fa bene soprattutto a chi lo fa: aiuta a prevenire il rischio di solitudine e isolamento, o quel senso di inadeguatezza e frustrazione che può accompagnare, per esempio, l’avanzare dell’età. 

Sarà per questo che tanti volontari hanno i capelli grigi, o bianchi. L’impegno degli over 65 nel volontariato non è certo una novità, anzi è piuttosto una tradizione nel nostro come in altri Paesi. Secondo i più recenti dati della Fondazione Longevitas, il 37% degli over 65 è impegnato in attività di volontariato, corrispondente a circa 5 milioni di persone. Anche all’interno della fitta rete di Caritas Italiana, la presenza dei volontari anziani è significativa: nel 2023 quasi il 40% dei 84.248 volontari attivi nei servizi diocesani e parrocchiali aveva più di 65 anni: una popolazione di circa 32.270 uomini e donne (qui i dati dell’indagine “Io sono l’altro”). Non solo: in controtendenza rispetto al calo generale della partecipazione degli italiani alle attività di volontariato, sono sempre di più gli anziani che decidono di offrire il proprio contributo. Secondo l’ultimo Rapporto Istat sulla situazione del Paese, negli ultimi 20 anni (2003-2023) la percentuale di over 65 rispetto al numero complessivo di volontari è salita dal 5,4% al 7,1%. 

Invecchiamento attivo? Il volontariato non basta

Una tendenza confermata da Claudio Falasca, del Centro Studi Auser: «Il calo della partecipazione al volontariato, registrato a livello nazionale da Istat, non riguarda gli anziani, che continuano invece a rendersi disponibili. La radice di questo impegno consiste nella proiezione verso la comunità dell’esperienza familiare. In altre parole, l’impegno nei doveri verso la famiglia è una sorta di palestra alla partecipazione sociale. Le attività in cui si coinvolgono volontari sopra l’età del pensionamento riguarda diverse aree: aiuti alla persona, volontariato civico, apprendimento permanente, sostegno agli immigrati, solidarietà». 

C’è però una questione, che Falasca pone con forza: «Può bastare il volontariato per riempire di senso quell’allungamento della vita che ci può regalare fino a 20 anni in più’? Sicuramente è importante, ma può essere sufficiente? Credo, come monsignor Paglia spesso sottolinea, che si debba fare oggi per gli anziani ciò che nel Dopoguerra si è fatto per la gioventù: creare infrastrutture sociali. Il decreto legislativo 29 del 2024 manca l’obiettivo: il suo scopo sembra quello di trovare agli anziani qualcosa da fare, piuttosto che costruire per loro un progetto di vita. La priorità è inventare e attivare un sistema di welfare che non sia solo sociosanitario, ma che dia senso alla vita. Il volontariato gioca in questo un ruolo non sufficiente, ma certamente importante e da sostenere».

Bruno, 84 anni e tanta voglia di “offrire cultura a tutti”

Ne è convinto testimone vivente Bruno Cervi (nella foto) che vive vicino Brescia e tra qualche mese compirà 84 anni: gli ultimi 20 dedicati intensamente a uno scopo che è diventato quasi una missione: «Aiutare gli anziani a togliere le pantofole e spegnere la tv, per scoprire che il diritto di imparare e conoscere è un piacere a tutte le età». Dopo una vita lavorativa intensa, che lo ha portato in giro per tutta Italia, Bruno nei primi anni del 2000 è andato in pensione e si è ritrovato con giornate lunghe e vuote. 

«Non riuscivo a stare fermo», racconta. «Per fortuna ho trovato un bel modo per riempirle: insieme ad Auser di Palazzolo dell’Oglio, ho dato vita a quelle che chiamiamo “Occasione d’incontro” e all’Università della LiberEtà. Oggi offriamo oltre 30 corsi ogni anno, a circa 500 persone di tutte le età, soprattutto anziani ma non solo, che hanno così la possibilità di esaudire desideri a cui da giovani hanno dovuto rinunciare, per via degli impegni familiari e lavorativi. Perché diventare anziani deve essere l’occasione per coltivare i propri interessi e le proprie passioni». 

Tante materie per tanti e diversi studenti

Improvvisamente, il tempo che sembrava infinito prese a non bastare più: «Organizzare i corsi non è semplice: bisogna chiedere e capire quali sono gli argomenti che interessano, contattare gli insegnanti, produrre il materiale informativo, fare pubblicità attraverso tutti i canali. I corsi partono a marzo, ma a inizio gennaio deve essere già tutto pronto».
Le materie sono tante e diverse, come tanti e diversi sono gli studenti: «I nostri ragazzi», così li chiama Bruno «hanno per lo più dai 60 anni in su, ma non mancano i giovanissimi. Al corso di tedesco, per esempio, è venuta una mamma con i due figli di 10 e 12 anni: il papà viveva a Berlino e dopo aver frequentato le lezioni lo hanno raggiunto. Possiamo dire di aver riunito una famiglia!», racconta orgoglioso Bruno. 

Gli “studenti” dell’Università delle LiberEtà in gita

Gli incontri si svolgono all’interno di alcune scuole del territorio, che le mettono a disposizione nel pomeriggio: «E così, ci permettono di tornare dietro al banco, dopo tanti anni».
Dal 2003, Bruno Cervi è presidente della sezione Auser di Palazzolo dell’Oglio, ha ricevuto recentemente un riconoscimento civico per il suo impegno dal Comune.

«Ma sto passando il testimone» confessa «perché non sono eterno. Intanto, il lavoro però è sempre intenso e mi impegna ogni giorno. Ma le soddisfazioni sono grandi. Per oltre 10 anni, abbiamo organizzato anche un corso di alfabetizzazione per le donne straniere. In quel periodo, qui sul territorio non c’erano altre possibilità per loro di imparare l’italiano: venivano quasi tutte con i figli, spesso molto piccoli. E così, facevano anche i baby sitter, o i nonni. Con i nostri certificati di partecipazione, un migliaio di donne straniere sono potute andare in questura e ricevere i permessi di soggiorno. Tutto questo, grazie all’impegno di tanti volontari, quasi tutti anziani. Ma il più anziano sono io, che do il buon esempio: sono la prova che si può lavorare e rendersi utili anche dopo che si va in pensione!». 

La fine del corso di alfabetizzazione per le donne straniere

Perché questo è lo scopo ultimo, che Bruno Cervi ha fatto proprio: «Valorizzare l’anziano nella società, lottare contro l’analfabetismo di ritorno, dare la possibilità di socializzare ed esaudire desideri inespressi in età giovanile. E in questo modo, allontanare quel malessere fisico o mentale, quel senso di abbandono e solitudine che sempre accompagna l’isolamento sociale. Prendiamo posizione contro la deriva escludente del nostro assetto economico, che tende a lasciare da parte coloro che per varie ragioni non possono assicurare livelli elevati di produttività. Nella nostra associazione, chi è più debole ci sta particolarmente a cuore». 

E poi, ci sono gli effetti inattesi, le ricadute impreviste e sorprendenti: «Ultimamente abbiamo coinvolto alcuni studenti dell’istituto superiore che ci ospita come aiutanti nei corsi di computer. Hanno svolto quest’attività come Pcto. La loro insegnante ci ha detto che grazie a questa esperienza si sono salvati dalla bocciatura, perché hanno lavorato bene e acquistato crediti sufficienti a essere promossi. Insomma, non aiutiamo solo gli anziani a non invecchiare male, ma possiamo aiutare anche i giovani ad andare un po’ meglio a scuola! E permettiamo agli uni e agli altri di stare insieme condividere esperienze e socializzare. Perché giovani e anziani, quando stanno insieme, possono aiutarsi a vicenda e fare grandi cose!», conclude.

In apertura, foto di Fabio Mazzarella/Agenzia

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