Cultura

Volontari nella morsa

Neo liberismo e statalismo da sponde opposte avanzano la stessa pretesa: quella di confinare l’azione gratuita fuori da uno spazio pubblico.

di Stefano Zamagni

Oggi il volontariato viene ?strattonato? sia dai neoliberisti sia dai neostatalisti, sebbene con motivazioni e argomenti tra loro molto diversi. I primi si appellano all?azione volontaria per portare sostegno alle ragioni del loro ?conservatorismo compassionevole? al fine di assicurare quei livelli minimi di servizi sociali ai segmenti deboli della popolazione che lo smantellamento del welfare state da essi invocato lascerebbe altrimenti senza copertura alcuna. Ma ciò genera un paradosso a dir poco sconcertante.
Come si fa a parlare in favore di comportamenti di tipo filantropico, come si fa cioè a incoraggiare lo spirito donativo quando la regolazione dell?attività economica attraverso il mercato viene basata esclusivamente sull?interesse proprio e sulla razionalità strumentale, vale a dire sull?assunto antropologico dell?homo oeconomicus? Solamente se la società fosse composta di individui schizofrenici ciò sarebbe possibile – individui talmente dissociati da seguire la logica del self-interest quando operano nel mercato e la logica della gratuità quando vestono i panni del filantropo o dell?operatore sociale.

L?efficienza discrimina
Non intendo affatto negare che talvolta ciò possa accadere – come in effetti è accaduto – ma nessun ordine sociale può durare a lungo se i suoi soggetti mantengono un codice dicotomico di comportamento. Giovanni Paolo II, in un recente intervento (29 novembre 2004) sembra far riferimento a tale paradosso quando afferma: «La discriminazione in base all?efficienza non è meno deprecabile di quella compiuta in base alla razza, al sesso o alla religione. Una società che dia spazio solo ai sani, ai perfettamente autonomi e funzionali non è una società degna dell?uomo».
Come dire: per un verso, si moltiplicano le prese di posizione a favore degli ?ultimi? e si favoriscono, anche fiscalmente, interventi in chiave filantropica; per l?altro verso il sistema di valori, i criteri di valutazione dell?agire economico e finanche gli stili di vita restano ancorati al criterio dell?efficienza, definita in modo tale da negare ogni spazio al principio del dono gratuito. Ebbene, il volontariato autentico risolve questo paradosso perché ci mostra che l?attenzione ai meno dotati non è oggettuale, ma personale. L?umiliazione di essere considerati ?oggetti? sia pure di filantropia o di attenzione compassionevole è il limite grave della concezione neoliberista. Il volontario che dona il suo tempo sconvolge invece la logica dell?efficienza, come essa viene tradizionalmente intesa. Le ore trascorse con il portatore di bisogni potrebbero essere dedicate a produrre un reddito che il volontario destinerebbe poi a suo favore, via azione filantropica. Eppure, il volontariato autentico non segue questa logica, perché diversa è la sua ragion d?essere.

Un valore privato
Basicamente non diverso è lo ?strattonamento? che viene al volontariato dalla concezione neostatalista la quale pure genera un paradosso analogo, sia pure simmetrico. Presupponendo una forte solidarietà dei cittadini per la realizzazione dei diritti di cittadinanza, lo Stato sociale rende obbligatorio il finanziamento della spesa sociale. Ma in tal modo esso spiazza il principio di gratuità negando, a livello di discorso pubblico, ogni valenza a principi che siano diversi da quello di solidarietà, come appunto è quello di fraternità. Ma una società che elogia a parole il volontariato e poi non riconosce il valore del servizio gratuito nei luoghi più disparati del bisogno, entra, prima o poi, in contraddizione con se stessa.
Se si ammette che il volontariato svolge una funzione profetica o – come è stato detto – porta con sé una ?benedizione nascosta? e poi non si consente che questa funzione diventi manifesta nella sfera pubblica, perché a tutto e a tutti pensa lo Stato sociale, è chiaro che quella virtù civile per eccellenza che è lo spirito del dono non potrà che registrare una marcata atrofia. Non si dimentichi infatti che la virtù, a differenza di una risorsa scarsa, si decumula con il non uso.

Il pensiero francescano
L?assistenza per via esclusivamente statuale tende a produrre soggetti bensì assistiti ma non rispettati, perché essa non riesce ad evitare la trappola della ?dipendenza riprodotta?. L?indecenza, nel senso dell?umiliazione, che il modello neostatalista tende a produrre è assai efficacemente resa dalle parole del protagonista del film La grande seduzione, una persona che vive di sussidi di disoccupazione: «Ogni mese non ritiri solo i soldi, ritiri anche la vergogna. I soldi non bastano che per 15 giorni, ma la vergogna dura tutto il mese».
Può essere interessante accostare queste parole a una delle tesi centrali del pensiero economico francescano, la tesi celebre secondo cui l?elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché vivere significa essere capaci di ?produrre?; per la precisione, essere capaci di contribuire al bene comune. E notoriamente l?assistenzialismo istituzionalizzato non conferisce tale capacità. è veramente singolare che le varie versioni del programma neostatalista non realizzino quanto esse siano vicine alle posizioni neoliberiste per quanto attiene la identificazione dello spazio entro il quale collocare la gratuità.
Entrambe le matrici di pensiero, infatti, relegano la gratuità nella sfera privata, espellendola da quella pubblica. La matrice neoliberista perché ritiene che all?economia bastino i contratti, gli incentivi e ben definite (e fatte rispettare) regole del gioco. L?altra matrice, invece, perché sostiene che per realizzare nella pratica la solidarietà basti lo Stato sociale, il quale può appellarsi alla giustizia, ma non certo alla gratuità.
è mio convincimento che il volontariato deve saper opporre resistenza a queste due contrapposte sirene, pena la sua progressiva irrilevanza e uscita di scena. La sfida che esso deve oggi raccogliere è quella di battersi per restituire il principio di gratuità alla sfera pubblica, e in particolare all?economia.
Per dirla in altro modo, il contributo più significativo che il volontariato può dare alla società di oggi è quello di affrettare il passaggio dal dono come atto privato al dono come atto pubblico che interviene sulle relazioni ad ampio raggio. Il volontariato autentico, affermando il primato della relazione sul suo esonero, del legame intersoggettivo sul bene donato, dell?identità personale sull?utile ovvero il primato della comunità (cum-munus: donare insieme) sull?immunità (in-munus: non donare), deve poter trovare spazio di espressione ovunque, in qualunque ambito dell?agire umano.

Info:
Volontariato e cittadinanza.
Dal convegno al libro

Per un nuovo volontariato: quale modello di cittadinanza: questo era il titolo del convegno nazionale della Fondazione italiana del volontariato celebrato a Roma l?1 e 2 ottobre scorsi e questo sarà anche il titolo di un libro di prossima pubblicazione. Tra le relazioni più interessanti di quel convegno, quella del professor Stefano Zamagni, intitolata Gratuità e agire economico: il senso del volontariato. Per gentile concessione dell?autore pubblichiamo in questa pagina un?anteprima del saggio che sarà poi raccolto nel quaderno in cui la Fivol pubblicherà gli atti del convegno. Tra i relatori, Giuseppe De Rita, Luciano Violante, Giuseppe Cotturi, Giovanni Moro, Pietro Scoppola, Franco Casavola.
Per informazioni sui convegni e le pubblicazioni della Fondazione italiana del volontariato consultate il sito
FIVOL

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.