Volontariato

Volontari mordi e fuggi, ma più giovani

Presentata la ricerca sul volontariato a Milano e provincia: in aumento il numero dei volontari saltuari, mentre scende quello generale dei volontari. In crescita (+16%) i giovani under 30

di Redazione

Mordi e fuggi. Sono questi i termini che meglio descrivono il volontariato al tempo della crisi. Ed è quanto emerge dalla ricerca promossa da Ciessevi che fotografa il volontariato a Milano e provincia. Secondo le organizzazioni di Milano e provincia, aumenta (+ 19,6%, da 11.791 nel 2009 a 14.676 nel 2010) il numero di coloro che si impegnano saltuariamente, mentre diminuisce (-14,3%, da 30.077 del 2009 a 26.307 del 2010) il numero di persone che fanno attività “sistematica”. Scende anche (-2,1%, da 41.868 del 2009 a 40.983 del 2010) il numero complessivo dei volontari nelle organizzazione attive sul territorio. Il numero dei cosiddetti “saltuari” è pari al 35,8% del totale dei volontari. Se però a livello nazionale chi svolge attività sistematica dedica in media 5 ore alla settimana, tale numero scende a 3,3 ore a livello di Milano a provincia.
L’edizione 2012 della ricerca dal titolo “Il volontariato a Milano e provincia nel 2010. Una risorsa per l’innovazione sociale” che è stata presentata oggi nella sede di Ciessevi. Il rapporto annuale, curato dal ricercatore Sebastiano Citroni, fotografa l’attività delle 899 organizzazioni di volontariato (Odv) iscritte al registro.

«In un tempo di crisi, in cui aumentano i bisogni e in cui gli enti pubblici faticano per tante ragioni a dare risposte ai cittadini, le nostre associazioni fanno più fatica a trovare volontari che si impegnano in maniera sistematica, continuativa e a lungo termine», dichiara Lino Lacagnina, presidente di Ciessevi. «Le persone, come ci fanno sapere le organizzazioni, manifestano una maggiore necessità di dedicare più attenzione a se stesse e alle proprie famiglie. Ecco perché, in sintesi, possiamo dire che il volontariato stia diventando mordi e fuggi. Ma è questo un cambiamento di cui sia Ciessevi, sia le singole organizzazioni, non potranno non tenerne conto in futuro. Tuttavia c’è da rilevare che le persone sempre meno rinunciano all’esperienza del non profit, in quanto sempre più ritengono per così dire di “assaggiarlo”, considerandolo come un mattone tanto per la propria crescita personale, quanto per il proprio curriculum professionale. Una consapevolezza dunque sul ruolo del “fare” volontariato che disegna scenari inediti sui quali occorrerà avviare una riflessione».

I numeri della ricerca indicano che le cinque principali aree di intervento delle Odv sono l’ambito sociale (48,2%, con 562mila utenti), quello sanitario (30,2%, con 715mila utenti), culturale (7,4%, con 65mila utenti), ricreazione e tempo libero (6,9%, con 9mila utenti) e istruzione, formazione e ricerca (6,3%, con 13mila utenti). Ben il 19,3% di tutte le Odv della Lombardia opera in Provincia di Milano, di queste ultime il 42,3% nel solo Comune di Milano.
Nell’identikit dei volontari si fa notare un calo (-5%) nella fascia di età dai 55 ai 64 anni e una crescita (+16%) dei giovani al di sotto dei 30 anni, mentre si mantiene stabile il numero di coloro che s’impegnano nell’azione volontaria in una fascia di età fra i 31-54 anni e sono pari al 34% del totale. «Un dato è positivo e incoraggiante» lo definisce il presidente Lacagnina che osserva: «L’aumento della partecipazione dei giovani è un segnale che fa ben sperare per il futuro».

Sul versante della criticità, nella ricerca le Odv di Milano e provincia, nel 61% dei casi, sottolineano una difficoltà nel reperimento dei fondi da enti pubblici, nel 56% dei casi da enti privati e nel 54% dei casi nella raccolta fondi in generale. L’ultimo capitolo della ricerca  si focalizza sulla capacità del volontariato di essere artefice di innovazione sociale. Superando una concezione che lega questo tema all’impresa sociale, il rapporto esemplifica, citando alcuni progetti di volontariato (cinque dei nove presi in esame dal rapporto 2012) come la legittimità di un’associazione (in termini di visibilità e comunicazione, come per esempio ha fatto Arimo), la sostenibilità nel tempo di un’iniziativa (progetti a medio e lungo termine, come nel caso di Ledha e del loro “Cantiere insieme”) e lo sviluppo di relazioni tra attori eterogenei (possono essere, per esempio, enti pubblici e/o privati come in “Culture e identità in cammino” Cespi – Centro Studi Problemi Internazionali) sono “elementi”, “dimensioni”, “istruzioni” attraverso le quali le organizzazioni di volontariato declinano in concreto l’innovazione sociale. Ecco perché andrebbero ulteriormente sviluppate, valorizzate e promosse nei progetti futuri di ciascuna realtà del nostro territorio. Altre “voci” per mezzo delle quali il volontariato si coniuga con l’innovazione sociale, sono anche l’apertura (per esempio le Odv dovrebbero tenere conto e dare linfa al contributo autonomo proveniente dai propri volontari) e la generattività dello spazio (per esempio, il valore dei rapporti umani fra volontario e utente, così come lo svolgersi dell’azione di volontariato in luogo reale, sia esso paese, quartiere o rione).
«Questa edizione 2012 della nostra ricerca  mostra l’impegno quotidiano e i molteplici sforzi sostenuti dal volontariato milanese, il quale si trova a fronteggiare una crescente domanda di aiuto anche se con risorse calanti. Eppure, nonostante continui a non vedersi riconosciuto il ruolo di protagonista che gli spetterebbe di diritto, non si arrende e prosegue nella sua costruzione di una città e di cittadini più solidali e responsabili», conclude Lacagnina.
 


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