Mondo

Volontari in trincea, ma senza bandiere

di Redazione

Conosco bene la gente d’Abruzzo, forte e gentile. Ho vissuto cinque anni a Chieti, da ragazzo, e vi sono tornato più volte. Una terra difficile, aspra, molto bella. Immagino come vivranno, nei prossimi mesi, gli scampati al terremoto. Si rimboccheranno le maniche, soprattutto gli anziani, uomini e donne scavati nella montagna, di poche parole, senza retorica, senza eccessi emotivi. Difficilmente accetteranno sogni di “new towns” e preferiranno rimettere in piedi le loro case, mattone su mattone, magari utilizzando finalmente materiali antisismici per davvero, e non per finta, come sembra sia accaduto in molti casi.
Una Pasqua nella quale saranno protagonisti di ogni immagine televisiva e di ogni pagina di giornale, ma questa esposizione mediatica, lo sanno bene, finirà presto. E quel loro carattere schivo, quel pudore dignitoso, già evidente in questi giorni, non li spingerà mai a proteste plateali, a esibire il disagio, l’improvvisa mancanza di affetti, di oggetti, di luoghi condivisi. È qui che spero si innesti la parte migliore del nostro Paese, quel volontariato efficiente e organizzato, pronto a scattare e a fornire risposte concrete, semplici, giuste.
È incredibile davvero la qualità e la quantità delle iniziative che si stanno moltiplicando, spontanee, ma quasi sempre inserite in un contesto serio di protezione civile moderna. La lezione che se ne trae è evidente: il volontariato italiano è una risorsa formidabile del nostro Paese, e avvenimenti drammatici come questi fanno scattare tutti come si deve, come si può. Ma se questo è vero, allora è proprio necessario dare forza a questo mondo tutto l’anno, ascoltandolo meglio, valorizzandone le competenze, rafforzandone l’utilità sociale, non sostitutiva dello Stato, ma decisiva per il rapporto diretto con la gente, con i diritti, con i bisogni. Senza bandiere di parte.

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