Welfare
Volevo liberare 15mila detenuti
Giustizia Alberto Simeone, deputato di An, racconta perché si è arenata la sua legge
Per lui stanno scioperando i detenuti di Rebibbia e Pisa. Per lui, anzi, per l'approvazione della sua legge, un?articolato con cui sognava di poter sottrarre al carcere quindicimila persone in attesa di giudizio. Ma poi Alberto Simeone, deputato di Alleanza nazionale del collegio di Benevento, la sua legge se l'è vista portare via e, dopo un anno di palleggiamento fra Camera e Senato, è tornata nelle sue mani diversa, cambiata, forse snaturata. Ma per lui, avvocato penalista difensore dei tangentisti beneventiani e dei poveri della provincia del sud, qualcosa è pur sempre meglio di niente.
Onorevole, cosa hanno combinato alla sua legge?
Alberto Simeone: Quella legge è nata dalla rabbia per l'ingovernabilità delle carceri e dalla speranza di decongestionare gli istituti di pena attraverso le misure alternative al carcere. Così avremmo ristabilito un principio di equità nella giustizia e avremmo impedito di immettere migliaia di giovani nei circuiti criminali.
E invece cos'è successo?
Alberto Simeone: Il Senato ne ha modificato gli articoli sostanziali, uccidendo la novità assoluta che consisteva nell'automatismo: sotto i tre anni di condanna nessuno, dico nessuno, sarebbe entrato in carcere e tutti, avrebbero potuto usufruire dell'affidamento in prova ai servizi sociali o della detenzione domiciliare. E invece è stata reinserita la discrezionalità del magistrato.
Ci spieghi meglio…
Alberto Simeone:Il condannato, per accedere alle misure alternative, deve presentare l'istanza entro 3O giorni dalla condanna. Così l'automatismo se ne va a quel paese, lasciando noi avvocati ancora una volta in balia del “forse” della burocrazia giudiziaria. E poi se l'istanza viene rigettata, il condannato non può presentarla di nuovo per lo stesso reato, quindi se non troviamo il magistrato che ci capisce siamo fregati. Infine viene escluso dai benefici di legge chi viene arrestato con un provvedimento di custodia cautelare e i tossicodipendenti con reati di spaccio. Lei ha mai saputo di un tossicodipendente che non abbia anche spacciato?
Allora non cambierà più niente?
Alberto Simeone: Anche così riusciremo a non fare entrare in carcere circa cinquemila persone, ma il partito dei giudici e le pressioni del ministero degli Interni hanno pesato molto. I giudici hanno avuto paura di perdere la facoltà di fare pressione nei confronti degli indagati e il ministero degli Interni ha temuto che si potesse creare un problema di ordine pubblico perché la polizia avrebbe dovuto vegliare su tutti i beneficiati dalle misure alternative, in particolare quelli in detenzione domiciliare.
Quando lei ha presentato il disegno di legge, il suo partito le ha votato contro. Perché?
Alberto Simeone: Con qualche rara eccezione, il partito mi ha votato contro, è vero. Credo che la ragione vada trovata nel particolare concetto che Alleanza nazionale ha del garantismo.
Quale sarebbe? Come spiegarle, il mio partito è garantista in modo troppo giustizialista.
E quest'originale asse Simeone-Pisapia passando per Sofri, come si spiega?
Alberto Simeone: Come una battaglia di civiltà, una battaglia senza frontiere né pregiudizi. Se proprio vuole, l?asse lo possiamo allargare anche a Fioravanti e alla Mambro che visitato più volte e persino a Toni Negri che andrò a trovare nei prossimi giorni perché, da sempre , mi dò da fare per arrivare a un indulto per i reati di terrorismo. Certo, la lettera di Scalfaro alle Camere non ci aiuta. Faccio l'avvocato penalista da tanti anni e non ho più dubbi. Credo che nel campo della giustizia ci sia bisogno di ristabilire un principio di equità: i poveri devono valere come i ricchi; i condannati come quelli in attesa di giudizio, la difesa come l?accusa. Le carceri sono piene di stranieri o di gente che non ha o non sa nulla. Vogliamo fare qualcosa o no?
Prima di arrivare al Parlamento, di cosa si occupava, onorevole?
Alberto Simeone: Oltre all'avvocato, ho fatto il consigliere comunale negli anni bui della prima Repubblica. Mi occupavo del piano urbanistico, ma non riuscivamo a fare niente: eravamo schiacciati. Poi è arrivata Tangentopoli e la gente ha capito che esisteva un paese a cui si poteva voler bene e forse valeva la pena di fare qualcosa.
Le è simpatico Di Pietro, dunque?
Alberto Simeone: Mica tanto. Mi sembra un furbo, forse un po? contagiato dal virus italiano di saltare sempre sul carro del vincitore, ma questi sono altri discorsi, non me li faccia fare.
Qual è il suo giudizio sulla bozza Boato sulla giustizia in discussione in queste ore?
Alberto Simeone:Penso che siamo alle solite: io sono per la separazione delle funzioni e non delle carriere. E il patto che è stato fatto in Bicamerale prevede un pubblico ministero alle dipendenze del potere politico, insomma patti cristallizzati, molta indagine e poca difesa.
E intanto mille detenuti continuano a scioperare per la sua legge
Alberto Simeone: Un fatto che mi emoziona. Ho visitato parecchie carceri e alcune le ho trovate infernali. Mi spaventa il silenzio delle carceri, e di più mi terrorizza l'urlo del silenzio che si abbatterà sullo Stato se non saprà ascoltare i detenuti.
L'opinione di Giuliano Pisapia
Abbiamo lavorato a lungo, io e il deputato Simeone, invano. Fino a qui ci hanno spinto la voglia di riformare la giustizia e lo spirito della ragionevolezza, ma, alla luce dei fatti, mi sembra che non approderemo da nessuna parte. Scaviamo per costruire le fondamenta di una casa e ci buttano addosso la terra, facciamo proposte di legge che poi rimbalzano dalla Camera dei deputati al Senato, da una commissione Giustizia all'altra. Non vedo segnali veramente concreti. Così per la legge sulla depenalizzazione dei reati minori; così per l'indulto per reati di terrorismo. La giustizia è un nodo che questo paese non vuole decidersi a sciogliere. E la lettera di Scalfaro ai presidenti di Camera e Senato ne è la riprova: quando si tratta di carcere, va di moda lo scaricabarile, e intanto si rimane fermi. Insomma, bisogna uscire da questo impasse, altrimenti buttiamo via le chiavi del carcere. Saremmo certo più onesti nei confronti dei detenuti che da noi aspettano fatti e non parole, un segno di svolta. Riproveremo. Cosa vogliono i detenuti Verrà ricordata come lo sciopero del carrello. La protesta dei detenuti iniziata nella casa di reclusione di Rebibbia tre settimane fa non accenna a scemare. Sono più di mille e per avere la legge Simeone rifiutano il vitto dell?amministrazione penitenziaria. Vogliono un condono generalizzato per i condannati sotto i tre anni, la scarcerazione di tutti i malati di Aids, la depenalizzazione di tutti i reati legati alla tossicodipendenza e una forte limitazione della discrezionalità dei magistrati in materia di permessi, benefici di legge e misure alternative. Lo sciopero si è esteso anche a Pisa e alla sezione femminile di Regina Coeli, ma non ha ancora assunto toni forti anche perché sono molti i detenuti che non si possono permettere di rifiutare il vitto penitenziario. Flick si è detto comprensivo, il direttore generale delle carceri, Margara, li sta ad ascoltare e dichiara che le loro richieste sono ragionevoli, afferma che basterebbe applicare la legge esistente, ma sa anche che , per tirarli fuori dalle carceri, ci vorrebbe una vera amnistia. La legge che verrà ll disegno di legge Simeone, approvato dalla Commissione giustizia della Camera nell? ottobre ?96 e modificata dal Senato nel settembre scorso, torna ora al riesame della commissione della Camera. Il d.d.l. prevedeva la modifica dell?articolo 656 del codice di procedura penale sull?esecuzione delle pene detentive e introduceva l?automatica sospensione della pena per tutte le condanne e i residui di pena sotto o tre anni con la facoltà di accedere alle misure alternative al carcere: affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, detenzione domiciliare e/o presso comunità terapeutiche. Dopo la ripassata del Senato, il condannato può accedere a tali misure solo se presenta un?istanza, la quale può essere rigettata. Sono esclusi dai benefici i tossicodipendenti che abbiano commesso reati di spaccio e coloro che siano stati raggiunti da un provvedimento di custodia cautelare. La detenzione domiciliare è valida per donne incinta o madri di bambini con meno di dieci anni, malati gravi, persone con più di 6O anni. Se la legge verrà approvata così com'é parecchie migliaia di persone in attesa di giudizio non entreranno in carcere, ma la legge non è retroattiva.
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