Non profit

Volersi del bene e farsi del male

Dal lifting agli incidenti stradali. I paradossi di oggi

di Redazione

Siamo attirati dal rischio, per la sua carica emotiva. Ma non sappiamo affrontarlo con ragione e coscienza Sensazioni forti, volontà debole. Si potrebbe sintetizzare così, prendendo a prestito i titoli di due importanti riflessioni del filosofo e politologo norvegese Jon Elster, il doppio legame di timore e attrazione nei confronti del “rischio”. Legame che contraddistingue le moderne società del consumo, sempre in bilico sul crinale di una “infantilizzazione” che premia i comportamenti pericolosi, ma spesso impedisce di affrontare correttamente, con ragione e coscienza, un rischio. In sostanza, il registro che connota le società del consumo si potrebbe sintetizzare nella formula, chiaramente paradossale, del «volersi bene e farsi del male».
Un esempio calzante di questa sorta di anestesia della critica, ci viene da una storiella in voga a Yale, nei corsi di Analisi economica e Diritto delle assicurazioni, usata proprio per spiegare lo scarto esistente tra la probabilità che un evento dannoso si verifichi e la percezione socialmente condivisa di quella probabilità. Eccola: «Alcuni stregoni di una tribù confinante si presentarono al nostro re, proponendogli uno scambio: “Vi offriremo una nuova invenzione, un’invenzione che cambierà il vostro tenore, il vostro stile, le vostre abitudini di vita. In cambio, voi sacrificherete ogni anno diecimila giovani vittime”. Il re, coscienzioso e prudente, rifiutò. Il tributo gli sembrava troppo alto». Due domande vengono poste agli studenti: come giudicare il comportamento del re? Che cosa ha rifiutato il re? Se la risposta alla prima domanda è scontata (chi si sognerebbe di biasimare un sovrano che ha tanto a cuore la vita dei propri sudditi?), la seconda presenta ben altre insidie: il re avrebbe infatti rifiutato… l’automobile.
Entrata a far parte degli “oggetti” familiari almeno dagli anni 50/60, l’automobile non fa paura e al tempo stesso costituisce – lo ricordano Lucia Salvadori e Rino Rumiati nel loro utilissimo Rischiare (Il Mulino, Bologna, 2009) – un veicolo di emozioni, sia per chi la possiede, sia per chi la desidera. Eppure, come attestato con una certa ironia anche dal “caso” di Yale, gli incidenti stradali rappresentano a tutt’oggi uno dei principali e più gravi problemi di salute pubblica.
Nonostante le campagne di sensibilizzazione e gli investimenti in sicurezza delle case automobilistiche, il rischio associato alla guida rimane uno dei più rilevanti. Secondo uno studioso del fenomeno, Geral Wilde, all’aumentare della sicurezza del mezzo corrisponderebbe una diminuzione del livello di guardia del conducente che sentendosi “garantito” opera una specie di compensazione emotiva, spingendo sull’acceleratore. Volontà debole, ma sensazioni forti; desiderio di libertà e passione per la dipendenza. Piaccia o no, è proprio questo il nodo ancora irrisolto della questione.

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