Non profit

Volare

In piena crisi Alitalia oggi non si ha più paura di non sapere se si arriverà, ma se si partirà. E non è solo una questione di conti, ma di economia.

di Alter Ego

Ieri una canzone che aveva fatto il giro del mondo. Oggi una questione che rischia di lasciare tutti a terra. Volare. Impossibile, ormai. Ma non per la crisi Alitalia. Non perché i vertici dell?azienda denunciano di «avere in cassa soltanto duecento milioni» (sarebbe difficile il contrario, semmai, vista la gestione scellerata e gli scioperi come quello dell?ultima settimana, tre inspiegabili giorni che, secondo i primi calcoli, hanno bruciato quaranta milioni di euro, finiti tutti nelle tasche delle compagnie low cost o meno sindacalizzate). Né perché ancora i bond dell?Alitalia continueranno a perdere come hanno fatto nelle ultime settimane, l?8 per cento, scendendo a picco da 78,3 a 72,5 euro, una manovra in picchiata che avrebbe bruciato circa 48 milioni di euro, tra investimenti di piccoli azionisti e del Tesoro.
Volare è impossibile, ormai, per altri motivi. Perché ormai è impossibile pensare a volare, perché è finito il mito easy fly che aveva riempito l?immaginario degli anni 90. Pensare di volare oggi significa non sapere se si potrà volare, quando si potrà volare. Volare oggi è impossibile perché non è più possibile immaginare di farlo tranquillamente, semplicemente, economicamente, come l?Occidente aveva fatto negli ultimi quindici anni, in cui la navetta è diventata il surrogato della littorina e programmare un weekend a New York era alla portata anche dei montatori di Melfi.
Volare non si può più, infine, perché è cambiato il timore legato al verbo. Non più paura di sapere se si arriverà, ma se si partirà.

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